
DECIMA SI', DECIMA NO
Equivoci sulla decima
Troppi credenti -ahimè- continuano ad avere sospetti sulla gestione del denaro delle decime e a non fidarsi del ministero locale; ma come stanno, realmente, le cose?
Prima di entrare in argomento, ci preme specificare che i locali e le opere che frequentiamo, e di cui usufruiamo, hanno dei costi di gestione e manutenzione; affitto, bollette, sostegno dei meno abbienti, acquisto di materiale evangelistico, arredi, impianti … da dove pensiamo che venga fuori il denaro per tutto questo?
Siamo così prodighi verso le nostre case, ma poi, nei riguardi della Chiesa, spesso nutriamo atteggiamenti di chiusura e diffidenza. Ci piace l'idea che in Chiesa ognuno debba avere un ruolo, ma non ci piace riflettere che sia giusto che ciascuno contribuisca. Alcuni credenti arrivano al punto da indirizzare all'esterno tutte le proprie contribuzioni, per essere sicuri che vadano "a chi ne ha bisogno", ma poi non esitano a rivolgersi alla comunità di appartenenza per qualsiasi necessità, approfittando della disponibilità permanente e gratuita del ministero locale. Tutto questo non è rispettoso per chi sacrifica la propria esistenza -comprese le proprie entrate- a favore della comunità.
Quando cerchiamo di capire fin dove possiamo spingerci nel donare, o quanto possiamo trattenere per noi, riveliamo una ingiusta sfiducia nei confronti dell'Eterno. Ce la prendiamo con il pastore che insegna la generosità, ma, in realtà, l'oggetto dei nostri dubbi è Dio! Non ci è chiaro che Dio è il creatore di tutto, soldi compresi (Mt 17:24-27), e non crediamo nella promessa che un donatore allegro viene benedetto con grande abbondanza (2 Co 9:6-7).
Con ciò, non escludiamo che l'amore per il denaro possa aver provocato scandali nella storia della Chiesa: lupi travestiti, cattivi insegnanti e falsi profeti ci sono stati preannunciati. Ma questo non può costituire il pretesto perpetuo per tirarci indietro dalle nostre responsabilità.
Stai offrendo all'uomo o a Dio?
La Parola di Dio è ricca di esortazioni a donare, ma quando ci arriva un insegnamento sul tema siamo protesi a sindacare le intenzioni di chi lo fa. Perché? Come mai riceviamo volentieri una pastorale sui doni dello Spirito, ma prendiamo con le pinze ciò che riguarda il sacrificio economico?
Quando si tocca il denaro, si tocca la parte più intima di noi stessi. Gesù disse che, alla fine dei conti, l'uomo sceglie sempre e solo fra due strade: Dio o Mammona (l'idolo del denaro); non altro (Mt 6:24; Lc 16:13).
Se pensiamo alle dinamiche che muovono la geopolitica mondiale, ci rendiamo conto che la causa ultima di ogni cosa che si fa è la ricchezza; chi è lontano da Dio è spinto dall'istinto del possesso, anche a discapito dei più miseri. Tutte le ideologie dietro le quali si nascondono nobili valori sono sempre manovrate da potenti lobby finanziarie.
Nel Regno di Dio dovrebbero vigere leggi totalmente opposte alle grette logiche di Satana. Se trattiamo il momento dell'offerta come quello dell'elemosina e, dentro di noi, sentiamo crescere opposizione e cattivi sentimenti, dovremmo allarmarci. A chi stiamo offrendo? Al Dio che non ci ha risparmiato il Suo prezioso Figlio o alla persona che conterà l'offerta alla fine dell'incontro?
Un'ultima osservazione. Se ci prestiamo volentieri a vari tipi di servizio ecclesiale, ma storciamo il naso quando si tratta dell'offerta, c'è qualcosa che non va. Infatti, la Parola parla del credente come "sacrificio vivente" (Ro 12:1), cioè come una persona che ha messo tutto sull'altare, e non solo una parte di sé. Energia, tempo, capacità, servizio, famiglia, lavoro, denaro: ogni aspetto della vita deve essere arreso a Cristo. Ricordo un pastore che, prima di battezzare i credenti, chiedeva loro se intendessero entrare in acqua con o senza portafoglio!
Scherzi a parte, cerchiamo di capire se stiamo servendo Dio, o noi stessi.
La questione della decima
Uno dei dibattiti più accesi tra il popolo cristiano è la questione se si "debba" ancora dare la decima; motivazione: "non siamo più sotto la Legge".
Nel dare una risposta, esploreremo queste tre grandi verità bibliche:
· La decima è una consuetudine antecedente la Legge
· La decima appartiene a Dio
· La decima è un principio di benedizione
1. La decima veniva praticata già prima della Legge mosaica.
In Genesi 14:18-20, leggiamo: "Allora Melchisedek, re di Salem, portò del pane e del vino; egli era sacerdote del Dio altissimo. E lo benedisse dicendo: 'Benedetto sia Abramo dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra! E benedetto sia il Dio altissimo che ha dato i tuoi nemici nelle tue mani!' E Abramo gli diede la decima di tutto".
In questo episodio, Abramo, dopo aver ottenuto una vittoria militare, dà una decima (10%) del bottino a Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo, che, come dimostrato in Ebrei 5-7, è figura di Gesù Cristo. Si tratta di un gesto di onore e riconoscenza verso Dio, anteriore a Mosè e sganciato da leggi o prescrizioni.
Anche il nipote di Abramo, Giacobbe, dopo il famoso sogno della scala posta tra cielo e terra, "fece un voto, dicendo: 'Se Dio sarà con me e mi proteggerà durante il viaggio che sto facendo, se mi darà pane da mangiare e vestiti da indossare, se io tornerò sano e salvo alla casa di mio padre, allora il Signore sarà il mio Dio, e questa pietra che io ho posto come colonna sarà la casa di Dio, e di tutto ciò che mi darai, certamente io ti darò la decima'" (Gn 28:20-22).
Possiamo fare qualche osservazione. In entrambi i casi, la decisione di dare la decima non arriva subito, ma in seguito a un incontro significativo con Dio, a una rivelazione maggiore della Sua sovranità che sancisce una relazione più stretta con Lui.
Dobbiamo chiedere a Dio di illuminarci su questo aspetto, per compiacerlo totalmente. Se siamo veramente figli di Abramo (Ga 3:7; Ro 4:11-12), non possiamo pretendere soltanto di ereditare: dobbiamo anche dare.
E nel Nuovo Testamento?
Qualcuno potrebbe obiettare che lì non vediamo nessuno versare la decima. E' corretto: la Chiesa primitiva di Gerusalemme, infatti, aveva deciso di vendere ogni cosa e consegnare il ricavato ai piedi degli apostoli, per far sì che fossero loro a decidere come sovvenire alle necessità di tutti: "Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e i loro beni e li distribuite a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (At 2:44-45).
Questo implicò che i cristiani di Gerusalemme attraversassero periodici momenti di difficoltà e dovessero essere sostenuti, a loro volta, dalle Chiese di Corinto e di Roma (1 Co 16:1-3; Ro 15:25-27). E' chiaro, quindi, che essi non ottennero un premio materiale per la loro scelta di vita, ma sicuramente ebbero una ricompensa più grande nei luoghi celesti (Ap 3:7-12).
La domanda è: saremmo, noi, disposti a praticare questo stile di vita? A dare tutto nel senso di perdere tutto?
Potremmo inquadrare la decima come "il minimo" rispetto alla scelta di vita più radicale dei cristiani di Gerusalemme. A noi le conclusioni!
2. La decima non è nostra, ma di Dio
Si noti questo passo in Levitico 27:30-32: "Ogni decima della terra, sia del raccolto del suolo, sia del frutto degli alberi, appartiene al Signore; è cosa sacra per il Signore. Se qualcuno vuole riscattare qualcosa della sua decima, aggiunga un quinto del suo valore. Ogni decima di grosso e di minuto bestiame, di tutto ciò che passa sotto il bastone del pastore, sarà consacrata al Signore".
In Malachia 3:8-9, addirittura, Dio accusa il popolo di Israele di derubarlo: "Un uomo potrà forse rubare a Dio? Eppure voi mi avete rubato! Ma voi dite: 'In che modo ti abbiamo rubato?' Nelle decime e nelle offerte. Siete sotto maledizione, perché mi rubate, la nazione intera.
Il fatto che Dio chiami il mancato versamento delle decime un "furto", suggerisce che quel denaro non è nostro, ma di Dio. Lui ce lo presta per vagliare la nostra fede, e vedere se glielo restituiamo oppure ce ne appropriamo. Si tratta, appunto, di una "restituzione", e non di un'offerta qualsiasi.
Se, quindi, ci sentiamo derubati, dobbiamo cambiare il nostro punto di vista: è Dio che si aspetta che gli ridiamo del Suo, e lo ha decretato a chiare lettere nella Sua Parola.
3. La decima apre le porte della benedizione economica
Leggiamo la conclusione del passo precedente (Malachia 3:10): "Portate tutte le decime nella casa del tesoro, affinché ci sia cibo nella mia casa; e mettete alla prova me in questo, dice il Signore degli eserciti: se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi una benedizione talmente grande che non avrete abbastanza spazio per riceverla".
Non ci sono obblighi o divieti, nella Bibbia, che non siano strettamente finalizzati a una benedizione per chi ubbidisce. Abramo e Giacobbe, nel caso specifico, ebbero figli, animali, potere e ricchezze smisurate; ma, soprattutto, la loro fama si sparse su tutta la terra, perché era evidente che Dio li accompagnava in ogni cosa.
Ovviamente non dobbiamo praticare la decima per ottenere cose in cambio; dobbiamo farlo per onorare la Sua Parola, perché Dio conosce a fondo le motivazioni del nostro cuore (Gv 2:24-25).
In conclusione, la questione delle decime va oltre il semplice aspetto finanziario; tocca la nostra fede, la nostra relazione con Dio e la nostra comprensione della Sua sovranità su ogni aspetto della nostra vita. Dare la decima non è un atto imposto, ma una risposta di riconoscimento e gratitudine verso Dio per le Sue benedizioni. Non si tratta di un obbligo, ma di un'opportunità di metterci alla prova nella nostra fiducia in Lui. Quando comprendiamo che le decime non ci appartengono, ma sono un atto di restituzione verso Dio, apriamo le porte alla vera benedizione. Come Abramo e Giacobbe, anche noi siamo chiamati a vivere una relazione stretta con Dio, riconoscendo che ogni cosa che abbiamo è un Suo dono. La decima diventa così un segno del nostro cuore disposto a servire Dio in ogni area della nostra vita.