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N.B. Questioni bibliche si impegna a garantire l'anonimato degli autori delle domande
74. Un cristiano può fare tatuaggi?
Riguardo ai tatuaggi, abbiamo una chiara indicazione dalla Parola di Dio: "Non farete incisioni sulla carne per un morto, né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore" (Le 19:39).
Alcuni argomentano che non siamo più tenuti a seguire la Legge mosaica; in realtà, sono cadute solo le prescrizioni esteriori relative all'Antico Patto (leggi cerimoniali, norme sull'alimentazione e sulla circoncisione), ma rimangono valide le leggi morali, che collegano l'Antico patto al Nuovo e sono sintetizzate dai Comandamenti.
In questo caso, dietro al divieto di farsi tatuare c'è la disapprovazione di Dio per la modifica permanente del corpo, una pratica considerata come un atto di disprezzo per la creazione divina: "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi, che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Co 6:19-20).
Altri ancora affermano che, a questo punto, neppure gli orecchini andrebbero consentiti, in quanto "incisioni"; tuttavia, le incisioni di cui parla questo passo sono relative a pratiche stregonesche. Viceversa, in Ezechiele 16:11-12, Dio si rivolge a Israele dicendo: "Ti misi orecchini alle orecchie e una corona di bellezza sulla testa", dimostrando, così, che non c'è alcun male in questo ornamento.
Inoltre, il tatuaggio nasce come veicolo di messaggi che, nella maggior parte dei casi, sono associati a pratiche religiose, culti pagani, o comportamenti ribelli e mondani. Non è l'ideale per un cristiano: "Non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente" (Rm 12:2).
Infine, in Romani 14:13-21 e 1 Corinzi 8:9-13, Paolo esorta i credenti a non fare della propria libertà un'occasione di inciampo per chi è debole nella fede, e ad autoregolarsi di conseguenza; se è vero che "tutto è puro per i puri" (Tt 1:15), è altresì fondamentale priorizzare la coscienza altrui, piuttosto che il proprio desiderio. Se un cibo scandalizza un mio fratello, non lo mangerò mai più (1 Co 8:13); ugualmente farò con il tatuaggio e con qualsiasi cosa di cui posso fare a meno.
73. Battesimo del nome di Gesù o nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo? Qual è il significato di questa apparente discrepanza?
E' importante fare una distinzione tra la formula che Gesù prescrisse per il battesimo, che deve essere effettuato "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28:19) e l'identificazione, da parte degli apostoli, del battesimo cristiano rispetto a tutti gli altri tipi di battesimo che venivano praticati all'epoca ("nel nome di Gesù" piuttosto che altri nomi, At 2:28; 8:16; 10:48; 19:5).
Quando nacque la chiesa, molte persone che si convertivano si ritrovavano ad essere già battezzate con rituali non cristiani. Esistevano, ad esempio:
- Il battesimo nel mikveh, una vasca rituale usata dagli ebrei per purificarsi dopo essere venuti a contatto con qualcosa di impuro
- Il battesimo degli Esseni, un rito di purificazione mirante a preparare l'individuo che entrava nel gruppo a una vita più santa e devota
- Il battesimo di Giovanni, primo rituale simbolico di purificazione e ravvedimento, in prospettiva della venuta del Messia (Matteo 3:11; Marco 1:4)
Per questo motivo, gli apostoli chiedevano ai neo-convertiti se avessero già ricevuto un qualche tipo di battesimo: "Egli disse: «Con quale battesimo siete dunque stati battezzati?» Essi risposero: «Con il battesimo di Giovanni». Paolo disse: «Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo di credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesù; e, avendo Paolo imposto loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro ed essi parlavano in lingue e profetizzavano. Erano in tutto circa dodici uomini" (At 19:3-7).
Come si vede, il passo parla del battesimo nel nome di Gesù proprio per differenziarlo da quello di Giovanni, e non per indicare la formula che venne pronunciata per l'occasione. Infatti, il battesimo di Giovanni, pur essendo educativo e preparatorio alla venuta di Cristo, non rispecchiava quello che sarebbe stato il battesimo di Gesù, poiché quest'ultimo simboleggia la resurrezione in Cristo, che all'epoca di Giovanni non si era ancora verificata.
Sarebbe assurdo, inoltre, battezzare solo nel nome del Figlio e non nel nome del Padre e dello Spirito Santo, perché Gesù si è dichiarato Uno col Padre (Gv 10:30; 14:9).
72. Qual è l'origine del nome "Geova"? Si trova in molte chiese e testi biblici antichi, ma andati perduti.
Il termine "Geova" non è un nome biblico autentico, e ci sono diverse prove teologiche e linguistiche a supporto di questo.
Il nome "Geova" è un tentativo di combinare le consonanti del tetragramma sacro (le quattro lettere di YHWH, che si riferiscono all'essenza di Dio) con le vocali della parola "Adonai" (un altro nome usato per riferirsi a Dio, che significa "Signore"). Nel Medioevo, i traduttori ebrei non volevano pronunciare il nome sacro di Dio, per timore di violare il comandamento di non pronunciare invano il nome di Dio (Es 20:7); quindi, quando incontravano il tetragramma nelle Scritture, leggevano "Adonai" e non pronunciavano le vocali di YHWH. Tuttavia, la combinazione di queste vocali e consonanti, nel tentativo di pronunciare il tetragramma, portò al termine "Jehovah" (Geova in italiano): questo, però non è il nome proprio del Dio biblico.
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Errore linguistico: Il termine "Geova" non è in realtà derivato dal tetragramma YHWH. L'ebraico antico non possiede la lettera "J", che è tipica delle lingue moderne, come l'inglese o l'italiano. La forma originale del nome divino sarebbe stata più simile a "Yahweh" o "YHWH", non "Jehovah". La pronuncia di YHWH come "Jehovah" è stata una costruzione errata che non ha supporto nelle lingue originali della Bibbia.
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Il nome di Dio nella Bibbia: In ebraico, il nome che Dio usa per riferirsi a sé stesso è "YHWH"; nella Bibbia, Dio si rivela come "YHWH" o "Yahweh", che è tradotto generalmente con "Il Signore" nelle versioni moderne delle Scritture. Questo nome appare ripetutamente nell'Antico Testamento, in particolare nei libri di Esodo e Deuteronomio, dove Dio si rivela come il "Sovrano eterno" e il "Dio di Israele". In alcune traduzioni, si trova anche "Eterno": non può , quindi, trattarsi di un nome proprio, ma piuttosto di una descrizione di Dio.
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L'importanza del nome "Yahweh": "Yahweh" è un nome che ha un significato profondo, in quanto implica l'esistenza eterna di Dio e la sua autosufficienza. È associato a un concetto di divinità vivente che non dipende da nulla e che è l'unico creatore e mantenitore dell'universo. La forma "Geova", essendo un errore di traslitterazione, non trasmette correttamente questa connotazione teologica.
Il termine "Geova", quindi, non è il vero nome di Dio, ma è piuttosto una costruzione errata derivante dall'intento medievale di rappresentare il tetragramma. La forma corretta, in base alla maggior parte degli studiosi biblici, è "Yahweh", anche se in molte traduzioni moderne della Bibbia si preferisce usare "Il Signore" per rispettare la tradizione ebraica di non pronunciare il nome di Dio.
71. Cosa si intende quando si parla del peccato imperdonabile della bestemmia contro lo Spirito Santo? È letterale o si intende qualcos'altro?
La Bibbia insegna che tutti i peccati possono essere perdonati (Is 1:18; 1Gv 1:9; Eb 8:12), eccetto la bestemmia contro lo Spirito Santo: "Perciò vi dico: ogni peccato e bestemmia saranno perdonati agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. Chi parlerà contro il Figlio dell'uomo, gli sarà perdonato; ma chi parlerà contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonato né in questo secolo né in quello futuro" (Mt 12:31-32). Si vedano anche Marco 3:28-30 e Luca 12:1.
Questo principio è visibile tantissime volte nella Parola; come esempio su tutti, possiamo citare re Davide, che fu perdonato per i suoi peccati gravissimi di adulterio e omicidio e fu totalmente ristabilito.
La bestemmia contro lo Spirito Santo, invece, è un atto di rifiuto assoluto e persistente dell'opera di Dio. In particolare, questo peccato riguarda il rifiuto deliberato e consapevole di riconoscere e accettare il lavoro dello Spirito Santo, che ha il compito di convincere le persone del loro peccato, di guidarle verso la verità, e di rivelare Cristo come il Salvatore. Infatti, Gesù parlò di questo tipo di peccato quando i farisei attribuirono consapevolmente l'opera dello Spirito Santo a Satana (Mr 3:22).
La bestemmia contro lo Spirito Santo è imperdonabile non tanto perché Dio non voglia perdonare, ma perché chi compie questo peccato si trova in una condizione di rifiuto totale e persistente di Dio e della Sua grazia. In altre parole, se una persona è completamente chiusa alla possibilità di ricevere perdono e continua a respingere lo Spirito Santo, non c'è più spazio per la redenzione. Il perdono è sempre disponibile per chi si pente e si rivolge a Dio, ma una persona che rifiuta completamente questa possibilità non può essere perdonata, perché non desidera veramente il perdono.
70. Alla luce del fatto che la teologia della sostituzione è quella corretta, perché credere al rapimento della chiesa?
Rispondiamo citando la parte più significativa in tal senso, nel nostro articolo Rapimento della Chiesa: segreto o visibile? Uno o due ritorni? Parliamone!:
"Infatti, quanto a Gesù che mette i piedi sul monte degli Ulivi con i redenti, nulla esclude che questo possa accadere in conseguenza alla Sua venuta sulle nuvole. Anzi, dal discorso escatologico che Gesù pronuncia in Matteo 24 e Luca 17, ci sembra di capire che la raccolta degli eletti da parte degli angeli, che prenderanno l'uno e lasceranno l'altro, avverrà alla fine della tribolazione e di tutti i misteriosi prodigi naturali; Gesù parla ai discepoli delle cose tremende che attraverseranno, senza mai rassicurarli che scamperanno in tempo. Del resto, non esiste un'epoca o un luogo che non abbia assistito allo spargimento del sangue dei martiri.
A questo proposito, si osservi che in Apocalisse 7:1-8 è specificato che i redenti saranno sigillati per essere sottratti alle piaghe e all'ira di Dio, ma non all'azione perversa dell'Anticristo. Si dia un'occhiata ai seguenti versi:
"Poi uno degli anziani mi rivolse la parola, dicendomi: «Chi sono queste persone vestite di bianco e da dove sono venute?». Io gli risposi: «Signor mio, tu lo sai». Ed egli mi disse: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione. Essi hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell'Agnello»" (Ap 7:13-14).
Sempre seguendo il filo della narrazione dell'Apocalisse, ci sembra lineare che la venuta di Cristo avvenga alla fine della tribolazione, prendendo con sé chi ha perseverato fino alla fine senza cedere alle lusinghe dell'Anticristo, e dando inizio al Millennio con tutti i Suoi redenti, sia i rapiti dai quattro angoli della Terra, che i risorti in Cristo della prima resurrezione- per quanto non possiamo dire con certezza in cosa consista il Millennio, oggettivamente, e quanto ci sia di simbolico in questo concetto.
Né gli apostoli, né Cristo stesso hanno mai fatto cenno a un "doppio ritorno", peraltro così "sibillino", e anche i profeti prima di Cristo hanno parlato di un unico "giorno del Signore" negli stessi termini di Matteo 24 (in particolare, Isaia 13:6, Ezechiele 30:3, Gioele 2:1; 3:14; Sofonia 1:7).Degno di nota è che Ezechiele definisca questo giorno un "giorno di nuvole", un elemento presente anche nella descrizione neotestamentaria del ritorno.
Crediamo, inoltre, che, se ci fosse un doppio ritorno, sarebbe un fatto troppo rilevante da poter essere lasciato alla libera interpretazione e all'equivoco. Siamo perplessi, invece, dal fatto che la teoria pre- tribolazionista possa produrre nei credenti l'effetto contrario a quello che Gesù intendeva sortire, raccomandando ai Suoi di vegliare: se, infatti, io credo che la tribolazione non mi riguarderà, inevitabilmente abbasserò la guardia e non mi preparerò per fortificarmi in vista della persecuzione di cui la Parola mi ha avvisato. Infine, vogliamo sottolineare che solo una minima parte di cristiani accoglie le teorie che abbiamo confutato, e solo da due secoli".
69. È ammessa la vasectomia per non avere figli?
Per quanto riguarda l'uso degli anticoncezionali, abbiamo risposto nella Questione n. 44, spiegando che il loro uso è consentito nell'ambito del matrimonio, purché esso non ponga problemi di ordine morale o spirituale.
In particolare, la vasectomia è una forma di contraccezione definitiva, e che ha il suo speculare femminile nella salpingectomia (legatura delle tube). La vasectomia è una procedura chirurgica che consiste nel tagliare e legare i vasi deferenti, i tubi che trasportano gli spermatozoi dai testicoli all'uretra. Questo intervento rende un uomo permanentemente sterile, impedendo il passaggio degli spermatozoi nello sperma, pur mantenendo inalterata la produzione di ormoni sessuali e la funzione erettile.
Si tratta, quindi, di un intervento "mutilante", la cui opportunità bisogna vagliare molto bene. Certo, possono esistere casi in cui una gravidanza è sconsigliabile, ma è anche vero che l'essere umano va incontro a continui ripensamenti; inoltre, crediamo che un cristiano dovrebbe sempre mettere in atto la fede e sottomettere la propria volontà a quella di Dio. Non ce la sentiamo, quindi, di dare una risposta perentoria, perché si tratta di un problema che coinvolge la coscienza e dipende dalla maturità personale.
68. È considerato eretico credere nella teologia della sostituzione e non credere in quella della dispensazione?
No, anzi crediamo che sia un approccio corretto, ma con delle importanti sottolineature. Prima, però, è necessario spiegare, in breve, i due concetti.
La teologia della sostituzione è una dottrina che afferma che la Chiesa cristiana ha sostituito Israele come popolo eletto di Dio. Secondo questa visione, le promesse fatte da Dio ad Israele nell'Antico Testamento sono ora applicabili alla Chiesa, e non più al solo popolo ebraico. Questa interpretazione si basa soprattutto sui capitoli 9 e 10 dei Romani, in cui l'apostolo Paolo specifica che Israele è un concetto spirituale, che si riferisce alla discendenza spirituale, e non etnica, di Abramo ("non tutto Israele è Israele", Rm 9:6), motivo per cui il popolo ebraico non deve illudersi di ereditare automaticamente le promesse ("Ma Isaia esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, solo il residuo sarà salvato", Rm 9:27).
La teologia della dispensazione è un approccio interpretativo della Bibbia che suddivide la storia umana in diverse "dispensazioni" o periodi, ciascuno dei quali è caratterizzato da un particolare modo in cui Dio interagisce con l'umanità: la storia divina sarebbe strutturata in fasi, come la dispensazione della Legge (dai tempi di Mosè), quella della Grazia (dopo la venuta di Cristo) e altre ancora, fino alla dispensazione finale, quella del Regno di Dio.
Il dispensazionalismo, affidandosi a un'interpretazione letterale del testo biblico, distingue tra Israele e la Chiesa, e non accetta che Israele possa essere un concetto metaforico. Israele è visto come un popolo separato da Dio con un piano particolare per la sua salvezza, le cui promesse non sono state annullate o sostituite dalla Chiesa. Secondo questa visione, Israele sarà restaurato come nazione durante gli ultimi tempi e accetterà Gesù come Messia. La salvezza di Israele, quindi, è vista come una parte del piano finale di Dio.
Una delle caratteristiche distintive del dispensazionalismo è la dottrina del rapimento "segreto" della Chiesa (v. Rapimento della Chiesa: segreto o visibile? Uno o due ritorni? Parliamone!), in cui i credenti, sia vivi che morti, saranno presi da Cristo prima di una grande tribolazione che colpirà la Terra. Questo rapimento si colloca prima della Seconda Venuta di Cristo, in un evento che separa la salvezza dei credenti gentili da quella di Israele. Dopo il rapimento della Chiesa, seguirà un periodo di grande tribolazione, descritto nel libro dell'Apocalisse, nel quale il popolo ebraico sarà perseguitato, ma alla fine riconoscerà Gesù come il suo Messia. Questo segnerà la restaurazione spirituale di Israele: dopo la Seconda Venuta, Cristo governerà la Terra per mille anni (il "millennio"), un periodo che, secondo il dispensazionalismo, si concentrerà sul regno di Dio su Israele, che sarà il centro del suo piano di salvezza durante questo tempo. Alla fine di questo periodo, ci sarà una nuova creazione e un nuovo cielo e una nuova terra.
In virtù di Romani 9, 10 e 11, non possiamo accettare il dispensazionalismo. Vogliamo, però, specificare che l'apostolo Paolo ha invitato la Chiesa a non insuperbirsi nei confronti di Israele, essendo essa entrata nel piano di salvezza proprio grazie alla disubbidienza dei Giudei. Poi, però, nel compimento perfetto del Suo piano, Dio permetterà anche al residuo di Israele di salvarsi, attraverso la predicazione della Chiesa: "Se alcuni rami sono stati troncati, mentre tu, che sei olivo selvatico, sei stato innestato al loro posto e sei diventato partecipe della radice e della linfa dell'olivo, non insuperbirti contro i rami; ma se ti insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te. Allora tu dirai: «Sono stati troncati i rami perché fossi innestato io». Bene: essi sono stati troncati per la loro incredulità e tu rimani stabile per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppure te. Considera dunque la bontà e la severità di Dio: la severità verso quelli che sono caduti; ma verso di te la bontà di Dio, purché tu perseveri nella sua bontà; altrimenti, anche tu sarai reciso. Allo stesso modo anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Dio ha la potenza di innestarli di nuovo. Infatti, se tu sei stato tagliato dall'olivo selvatico per natura e sei stato contro natura innestato nell'olivo domestico, quanto più essi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel loro proprio olivo. Infatti, fratelli, non voglio che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi: un indurimento si è prodotto in una parte d'Israele, finché non sia entrata la totalità degli stranieri; e tutto Israele sarà salvato" (Rm 11:17-26).
Paolo specifica che "Dio ha rinchiuso tutti gli uomini nella disubbidienza, per concedere a tutti la sua misericordia" (Rm 11:32); è chiaro che, col nuovo patto, non c'è più distinzione di alcun genere. Infatti: "Non c'è più Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù "(Gl 3:28).
Per ulteriori approfondimenti, si veda anche l'articolo Palestina: terra di chi? La verità secondo la Bibbia.
67. Chi ha canonizzato il Nuovo Testamento? E, essendoci altri libri, perché sono stati esclusi?
Data la complessità della risposta, si consiglia di consultare l'articolo Chi ha canonizzato il Nuovo Testamento?
66. Il rapimento della Chiesa verrà alla fine della tribolazione? Dobbiamo prepararci ai tempi difficili del marchio della bestia?
Molto probabilmente sì. La nostra ipotesi è che la tribolazione riguarderà anche la Chiesa, infatti è scritto in Apocalisse 6:11: "E a ciascuno di loro fu data una veste bianca, e fu detto loro di aspettare ancora un po' di tempo, finché si completasse anche il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro".
Crediamo anche che, se la Chiesa andrà incontro alla persecuzione, come è sempre accaduto, sarà tuttavia scampata dalle piaghe scatenate dall'ira di Dio, come si evince da Apocalisse 7: 2-4. "E vidi un altro angelo salire da oriente, che aveva il sigillo del Dio vivente; e gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato dato di danneggiare la terra e il mare, dicendo: «Non danneggiate né la terra né il mare né gli alberi, finché non avremo segnato sulla fronte i servitori del nostro Dio.» E udii il numero di quelli che erano stati sigillati: centoquarantaquattromila, di tutte le tribù dei figli di Israele".
In generale, è bene essere sempre pronti. Per maggiori informazioni, si veda l'articolo Rapimento della Chiesa: segreto o visibile? Uno o due ritorni? Parliamone!
65. Un cristiano può essere posseduto da demoni? Esistono spiriti dormienti, anche se si crede con tutto il cuore in Gesù Cristo?
Un cristiano non può essere posseduto da demoni, ma può esserne disturbato.
Infatti, chiunque abbia accettato Gesù Cristo come Signore e Salvatore, è "sigillato" dallo Spirito Santo (Ef 1:13-14), cioè protetto in maniera efficace da forze maligne con una sorta di chiusura "ermetica". In 1 Giovanni 4:4, si dice: "Voi siete da Dio, figlioli, e li avete vinti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo". Questo implica che lo Spirito Santo, che dimora nel cristiano, ha un potere maggiore rispetto a Satana e alle sue schiere.
In 1 Corinzi 6:19, è scritto che: "Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi, il quale avete ricevuto da Dio"; quindi, l'idea che lo Spirito Santo possa convivere con un demonio, in un cristiano, è difficile da conciliare con l'insegnamento biblico.
Bisogna distinguere tra possessione e disturbo.
La possessione demoniaca implica che un demone prenda completo controllo di una persona, dominandola e influenzandola in ogni aspetto della sua vita. I cristiani, tuttavia, sono protetti dalla potenza di Dio e dalla presenza dello Spirito Santo, il che rende improbabile che possano essere posseduti. Il disturbo, invece, può manifestarsi sotto forma di tentazioni, difficoltà spirituali, malesseri emotivi o psicologici, ma non comporta il controllo della volontà del cristiano; esso dipende dalle porte ancora aperte che il credente può aver lasciato incautamente, come una propensione alla vecchia mentalità o una difficoltà a perdonare. 1 Pietro 5:8 avverte: "Siate sobri, vegliate, perché il diavolo, vostro avversario, va attorno come leone ruggente cercando chi divorare". Questo dimostra che il diavolo può tentare di disturbare, ma non può "possedere" un cristiano, a meno che il cristiano non ceda deliberatamente al peccato.
Per converso, Gesù ha dato ai cristiani l'autorità di scacciare demoni (Mc 16:17), e li ha istruito sulla possibilità di resistere al nemico: "Sottomettetevi dunque a Dio, resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi" (Gc 4:7). Non è previsto, quindi, che i cristiani possano essere sopraffatti dalle malvagità.
64. Si può parlare in lingue se si é stati battezzati da piccoli e successivamente si crede?
Non è chiaro se ci si riferisca al battesimo cattolico, per aspersione, o al battesimo biblico, per immersione. In ogni caso, ciò che conta non è il battesimo, ma l'aver creduto. Gesù lo ha chiarito in Marco 16:17-18: "E questi sono i segni che accompagneranno quelli che avranno creduto: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non darà loro danno; imporranno le mani agli ammalati ed essi guariranno."
In Atti degli Apostoli 10:47, infatti, Pietro si prende la responsabilità di battezzare la famiglia di Cornelio in acqua, proprio perché essa ha ricevuto lo Spirito Santo. Questo vuol dire che il battesimo non è propedeutico al parlare in lingue, che è il segno esteriore dell'immersione nello Spirito (At 2:4; 10:44-46).
63. E' vero che Lilith fu la prima moglie di Adamo?
No. Questa è una tradizione risalente alla Cabala ebraica, una raccolta di interpretazioni mistico/esoteriche di alcuni scritti dell'Antico Testamento che, ovviamente, non può essere accettata come veritiera né messa alla pari con la Bibbia.
In particolare, nella Cabala si racconta che Lilith sposò Adamo prima che Eva venisse creata, ma poi, a causa della sua disubbidienza e del suo desiderio di primeggiare su Adamo, venne cacciata dall'Eden, trasformandosi in una creatura demoniaca, pericolosa per i bambini e per le donne incinte. Da quel momento, Lilith ha rappresentato la potenza distruttrice del male, l'energia indomabile, la distorsione della figura femminile e la sua connessione con la morte.
Nella Bibbia, l'unico luogo in cui figura Lilith è Isaia 34:14, nel contesto di una profezia contro Edom: "Le bestie del deserto vi incontreranno i cani selvatici, le capre selvatiche vi chiameranno le compagne; là Lilit farà la sua abitazione, e vi troverà il suo luogo di riposo".
Il libro di Isaia è anteriore alla Cabala, ma Lilith esisteva come divinità di diverse civiltà orientale, come quella sumerica o persiana, sempre con le caratteristiche di cui sopra. Isaia sembra riprendere proprio l'accezione di Lilith come demone distruttivo e sinonimo di morte.
62. Riguardo ai cinque ministeri, come capire se una chiamata ad un ministero viene direttamente da Dio? E quali sono i frutti per riconoscere un pastore?
La Bibbia ci offre alcuni principi fondamentali per discernere se una chiamata a un ministero proviene da Dio. Prima di tutto, è importante comprendere che il ministero cristiano è un dono di Dio (1 Co 12:28), e non il risultato delle proprie ambizioni o capacità umane. Anche la frequentazione di una scuola biblica, per quanto consigliata, non può essere il criterio di base per l'introduzione al ministero.
Innanzitutto, la chiamata è un atto sovrano di Dio: Dio è colui che chiama e prepara chi sceglie per il suo servizio. In Efesini 4:11-12 leggiamo che Dio ha dato alla Chiesa i "ministri" (apostoli, profeti, evangelisti, pastori e dottori) "per il perfezionamento dei santi, per l'opera del ministero, per l'edificazione del corpo di Cristo", quindi non per il vantaggio personale.
Se la chiamata viene da Dio, nessuno può metterla in discussione o cercare di contrastarla, perché questo significherebbe mettersi contro Dio (At 5:39).
Chi conferma la chiamata è lo Spirito Santo, il quale parla alla Chiesa. In Atti 13:2-3, quando Barnaba e Saulo furono separati per il ministero, fu lo Spirito Santo che li chiamò, e la chiesa confermò questa chiamata con preghiera e digiuno: "Mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: 'Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati'. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li mandarono".
Attenzione: negli Atti e nelle Epistole, che descrivono la vita della Chiesa primitiva, emerge che non tutti decidevano e imponevano le mani, ma le autorità, chiamate, genericamente, "anziani" o "vescovi" (=sorveglianti), cioè coloro che avevano perseverato nella fede e sopportato la persecuzione, e ovviamente che avevano un dono di ministero e di assistenza, e ai quali era necessario sottomettersi (1 Tm 4:14; 2:22; Tt 1:5; Eb 13:17).
In 1 Timoteo 3:1-7 e Tito 1:5-9, vengono descritte le caratteristiche dell'anziano o vescovo: "Se uno desidera l'ufficio di vescovo, desidera una nobile attività. È necessario, dunque, che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, prudente, decoroso, ospitale, capace di insegnare" (1 Tm 3:1-2).
Come ogni altro ministro, anche il pastore deve produrre frutti visibili, che testimoniano del suo rapporto con Cristo e della sua chiamata. In Giovanni 15:5, Gesù dice: "Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla". Un pastore che è chiamato da Dio, a maggior ragione, deve essere un uomo che dimora in Cristo, che vive e insegna secondo la Parola di Dio, e che produce frutti di giustizia. La sua vita personale deve riflettere il frutto dello Spirito, che è "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine e autocontrollo" (Galati 5:22-23).
Inoltre, un pastore è chiamato a essere un "dottore" della Parola, uno che proclama la verità con chiarezza e coraggio. In 2 Timoteo 4:2, Paolo esorta Timoteo a proclamare la Parola con insistenza, rimproverando ed esortando di continuo, segno che questo è un requisito imprescindibile.
Un vero pastore ama e si preoccupa profondamente per il suo gregge. Come Gesù è il Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore (Giovanni 10:11), anche un pastore deve mostrare amore e dedizione verso le persone che Dio gli ha affidato. 1 Pietro 5:2-3 descrive il pastore come colui che "pasce il gregge di Dio che è fra di voi, sorvegliandolo, non per costrizione, ma volentieri, come Dio vuole".
Questo non significa che un pastore non sbagli mai, non abbia mai dei momenti di crisi o che debba per forza avere una chiesa numerosa. Tuttavia, le caratteristiche che lo qualificano come tale devono essere una costante, o, per meglio dire, sono il segno visibile dell'unzione che Dio gli ha dato (1 Giovanni 2:27). In altre parole, se Dio ha scelto un suo servo, ungendolo, questo si esprime nella potenza di una vita e di un ministero che portano frutto.
61. Le chiese evangeliche, non seguendo la Tradizione apostolica (2 Tess.2:15), sono nell'errore?
No. Si trova nell'errore chi presta alla Tradizione apostolica la stessa credibilità e veridicità della Bibbia.
La Tradizione Apostolica, infatti, è uno scritto che intende mostrare la "forma" con cui la Chiesa primitiva si presentava al momento della "consegna" degli apostoli a noi. E' datato, generalmente, all'inizio del terzo secolo, e costituito da «un'aggregazione di materiale proveniente da differenti fonti, assai verosimilmente originato in diverse regioni geografiche e probabilmente in differenti periodi storici, forse databile a partire dalla metà del II secolo fino alla metà del IV, senza che nessuna delle testimonianze testuali possa essere collocata con certezza prima dell'ultimo quarto del IV secolo» (Paul F. Bradshaw; Maxwell E.Johnson; L. Edward Phillips, The Apostolic Tradition: A Commentary, pag. 14 trad.: Andrea Nicolotti).
La storia testuale di questo scritto è complessa, poiché i vari codici provengono da diverse fonti, dando adito a svariate criticità.
La prima criticità riguarda proprio il ritrovamento tardivo, oltre che la composizione in epoca non apostolica. Dobbiamo presumere che, dal 300 al 1910, chi non ha seguito questo testo era nell'errore? Si parla di 1600 anni di Chiesa!
Leggendo la Bibbia, ci arrivano indicazioni che essa contiene tutta la verità, e non richiede aggiunte. Anzi, è scritto che chiunque proverà a togliere o aggiungere, lo farà a proprie spese.
Si dia un'occhiata ai seguenti passi biblici:
"Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, per riprendere, per correggere, per educare nella giustizia, affinché l'uomo di Dio sia completo, ben preparato per ogni opera buona" (2 Tm 3:16-17).
"Santificali nella verità; la tua parola è verità" (Gv 17:17).
Da qui si evince che la Scrittura (la Bibbia) è ispirata da Dio e sufficiente per insegnare e guidare il cristiano in ogni aspetto della vita.
"Questi erano più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la parola con ogni prontezza d'animo e ogni giorno esaminavano le Scritture per vedere se queste cose stavano così" (At 17:11)
I cristiani di Berea sono elogiati per aver verificato ciò che Paolo insegnava confrontandolo con le Scritture, confermando che la Bibbia è il criterio per discernere la verità.
"Io dichiaro ad ognuno che ode le parole della profezia di questo libro che, se qualcuno aggiunge a queste cose, Dio manderà su di lui le piaghe descritte in questo libro. E se alcuno toglie dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dal libro della vita dalla santa città e dalle cose descritte in questo libro" (Ap 22:18-19).
Questo avvertimento finale sottolinea l'autorità e la completezza della Scrittura, esortando a non aggiungere né togliere nulla da essa per non incappare nell'ira divina.
Infine, la Tradizione apostolica non è mai stata citata da Gesù o dagli apostoli, i quali, invece, hanno nominato numerosi passi del Pentateuco e dei libri storici, poetici e profetici, convalidandone l'autorità divina.
60. Siamo una piccola Chiesa e stiamo avendo difficoltà a partecipare alla comunione fraterna, perché abbiamo un bimbo di 5 anni. Consigli?
Come abbiamo specificato nelle Questioni n. 41 e 44, i figli sono un dono di Dio, e non un impedimento. Il problema, a volte, nasce molto prima della vita comunitaria, e cioè a casa. Se noi non entriamo nell'ordine di idee che la prima Chiesa è la famiglia, difficilmente saremo spinti a invogliare i bambini a partecipare al culto, dove le stesse dinamiche spirituali si vivono in modo allargato. Naturalmente, il fatto che a casa si coltivi una routine spirituale non deve neanche essere il pretesto per trascurare la comunione fraterna.
Un noto evangelista ha confessato di aver obbligato i propri figli a seguirlo al culto, e ha posto il seguente spunto di riflessione: i nostri bambini sono costretti a stare seduti dietro a un banco di scuola per 5-6 ore al giorno, almeno per 10 anni, e ad ascoltare insegnamenti non sempre collimanti con la Parola di Dio. Di fronte a tutto questo, non dovrebbe sembrarci sacrificante portarli in Chiesa una o due volte a settimana, dato che si tratta dei pochi momenti in cui possono interfacciarsi finalmente con i valori cristiani. Il nemico è impegnato h24 a tentarli: come rispondiamo noi?
Comprendiamo che, spesso, le comunità piccole non siano organizzate con attività per bambini, ma vogliamo ricordarci che i più grandi missionari di tutti i tempi non hanno mai saputo cosa fosse una scuola domenicale. David Livingstone assisteva il papà organista durante il culto in una piccola comunità, e si infiammò per il Signore sentendo il racconto di un predicatore che tornava da una missione in Africa. Ciò che conta di più per il bambino non è che venga intrattenuto in qualche modo, ma che veda come i suoi genitori priorizzano le attività spirituali: "Insegna al fanciullo la via che deve seguire, e anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà" (Pr 22:6).
Il nostro suggerimento è, innanzitutto, insistere, e poi organizzarsi in funzione degli incontri. Per esempio, si potrebbe stabilire una routine, in base alla quale in cui il bambino sa che, dopo il culto, si mangerà fuori o si farà una passeggiata. L'importante è che il bambino capisca che l'incontro ha la stessa importanza di un appuntamento di cui non si può fare a meno, come il medico, lo sport o il saggio di fine anno.
Se abbiamo cura di piantare il seme, Dio farà il resto (1 Co 3:6).
59. Un pastore può chiedere sempre soldi/decime/offerte?
Si veda l'articolo Decima sì, decima no.
58. Per il fumo?
Si scorra la pagina fino alla Questione n. 51.
57. Come si può capire se un dono dello Spirito Santo é reale oppure suggestione?
In linea di principio, possiamo seguire alcune indicazioni. Ciò che viene dallo Spirito:
1. Ha superato la prova del discernimento da parte della comunità.
"I profeti parlino due o tre, e gli altri giudichino" (1 Co 14:29).
2. Riconosce la dottrina di Gesù.
"Cari amici, non crediate a ogni spirito, ma esaminateli per vedere se vengono da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti nel mondo. Da questo riconoscerete lo Spirito di Dio: ogni spirito che confessa che Gesù Cristo è venuto nella carne è da Dio" (1 Gv 4:1-3).
3. Viene attestato dallo Spirito dentro di noi, cioè ci dà pace.
"Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Ro 8:16).
In sintesi, lo Spirito Santo ci parla interiormente, ma, contemporaneamente, la comunità conferma che Dio ci ha dato uno o più doni, posto che camminiamo in linea con la Parola di Dio.
56. In modo molto pratico, come posso ricevere doni spirituali? Possiamo decidere noi un dono che più ci "attira"? Li possono ricevere tutti?
Facciamo una premessa: il testo biblico non parla di "doni" spirituali, ma di "cose dello spirito" (òi pneumatikòi). La traduzione "doni spirituali", quindi, potrebbe essere fuorviante, e far credere che si tratti di qualcosa che Dio ha preparato per noi stessi.
La Parola, però, ci insegna che i cosiddetti "doni" non sono per noi, ma per la Chiesa, cioé , nella fattispecie, per l'edificazione del Corpo di Cristo; infatti, la traduzione che preferisco è "carismi", perché mette l'accento sulla grazia di Dio da cui provengono, piuttosto che sui destinatari, i quali non sono altro che canali.
A riprova di quanto detto, si osservi il seguente verso: "A ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per l'utilità comune" (1 Co 12:7). Solo Dio conosce perfettamente di cosa c'è bisogno in una certa comunità o in un certo contesto ecclesiale, ed è per questo che Lui dispensa i carismi in modo per noi non sempre chiarissimo.
In Efesini 4:11-13, Paolo elenca vari doni spirituali e chiarisce il loro scopo principale: "Egli ha dato alcuni come apostoli, alcuni come profeti, alcuni come evangelisti, alcuni come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l'opera del ministero, per l'edificazione del corpo di Cristo".
Anche 1 Pietro 4:10 ci ricorda che i doni devono essere usati per servire gli altri e per glorificare Dio: "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio". Non siamo proprietari, ma amministratori di qualcosa che appartiene a Dio.
Fatta questa premessa, possiamo rispondere che:
1. Tutti possono chiedere e ricevere doni spirituali, anzi: Dio vuole che li desideriamo: "Desiderate ardentemente i doni migliori. E io vi mostrerò una via ancora più eccellente" (1 Co 12:31); "Seguite l'amore e desiderate ardentemente i doni spirituali, soprattutto di profetizzare." (1 Co 14:1). Tuttavia, ci preme sottolineare, che, in base alla parabola dei talenti, deduciamo che Dio stia molto attento a chi affidare le Sue cose preziose, perché guarda a una serie di fattori (che uso farà il credente di un certo dono, se esso diventerà un impedimento, ecc.). Per ulteriori approfondimenti sul tema, si dia un'occhiata all'articolo Che talento ti ha dato Dio! (?).
2. I doni si ricevono in preghiera, anche con l'imposizione delle mani (1 Tm 4:14) e si evidenziano pubblicamente. Non conosciamo altre modalità.
3. Possiamo anche fare richiesta per un dono specifico, ma abbiamo già visto che Dio elargisce ciò di cui c'è bisogno; chiediamo a Dio, piuttosto, di darci ciò che Lui ritiene opportuno. Il fatto, invece, che un determinato dono ci "attiri" dovrebbe metterci in guardia, perché il pericolo di idolatria è sempre alle porte. Ricordiamoci di Simon Mago, che, attratto dallo Spirito Santo, pensò di poterlo addirittura acquisire con il denaro, e fu ripreso severamente dagli apostoli (At 8:9-24).
55. La masturbazione è peccato?
Sì. Le motivazioni sono le stesse che abbiamo espresso nella Questione n. 51, e cioè che si tratta di una dipendenza come tutte le altre. Anche se la Bibbia non utilizza espressamente questo termine, presenta diversi input che possono aiutarci a trarre delle conclusioni.
Innanzitutto, Gesù ha condannato l'adulterio, estendendone il concetto anche al livello dei pensieri peccaminosi, che sono quelli che accompagnano la pratica in oggetto: "Voi avete udito che è stato detto: 'Non commettere adulterio'. Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (Mt 5:27-28).
Secondariamente, Dio ha condannato le opere della carne definite "fornicazione" e "impurità" (Ga 5:19-21): si tratta di peccati sessuali praticati per scopi egoistici, motivati da un desiderio di gratificazione fisica separato da un contesto sano e amorevole, come quello del matrimonio : "Fuggite la fornicazione! Ogni altro peccato che l'uomo commette è fuori dal corpo; ma chi commette fornicazione pecca contro il proprio corpo. O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi, che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Co 6:18-19).
In 1 Tessalonicesi 4:3-5, viene ribadito: "Questa è infatti la volontà di Dio: la vostra santificazione: che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia tenere in santità e onore il proprio corpo, non con passioni di concupiscenza, come fanno gli altri gentili che non conoscono Dio".
Questi e altri passi (Pr 6:23-25; Cl 3:5; 1 Gv 2:16) insegnano che i cristiani devono vivere la sessualità con autocontrollo e santità.
54. Perché Dio non si manifesta più come nel Vecchio Testamento?
Siamo sicuri che sia proprio così? La Bibbia afferma che Dio non è mai cambiato (Sl 102:25-27; Ml 3:6; Gc 1:17).
L'unica differenza che riscontriamo riguarda la manifestazione storica delle tre persone della Trinità, che non è esplicita fin dall'inizio.
Nell'Antico Testamento, Dio si rivela principalmente come Padre, il creatore e il sovrano universale. Tuttavia, Egli è già descritto come uno che si relaziona con il suo popolo in modo personale e affettuoso, stabilendo un'alleanza con Israele.
Quanto al Figlio, lo ritroviamo come Angelo dell'Eterno che già interagisce con gli uomini (Gn 18; Es 3), oppure Sapienza di Dio (Pr 8), una prefigurazione del Verbo (Logos) di Dio, che Giovanni identifica con Gesù Cristo (Gv 1:1-14).
Lo Spirito Santo appare in diversi momenti dell'Antico Testamento, come all'atto della creazione (Gn 1:2), e già lo vediamo all'opera per donare potere, saggezza o capacità per realizzare i piani di Dio. Tuttavia, Esso agisce su individui scelti, come giudici (Gedeone, Sansone, Samuele), re (Saul, Davide) e profeti (Isaia, Ezechiele, Geremia).
Il carattere completo della Trinità viene svelato progressivamente: il Figlio si incarnerà in Gesù Cristo uomo e lo Spirito Santo, dopo l'ascesa del Figlio al Padre, sarà dispensato ai credenti, dimorando, però, al loro interno (Gv 14:16-17; 7:37-39; At 2:38; 1:8).
Si dia un'occhiata al seguente passaggio in Romani 8:9-11: "Voi però non siete nella carne, ma nello Spirito, se davvero lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, costui non appartiene a lui. E se Cristo è in voi, il corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustizia. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi".
Il cristiano ha il privilegio di far dimorare Cristo e lo Spirito Santo dentro di sé. Questo ha delle implicazioni: un tempo, i miracoli e i prodigi ruotavano essenzialmente intorno al tabernacolo/tempio, oppure a pochi individui scelti, per attestare ai popoli pagani che Dio dimorava in mezzo al Suo popolo; ora, le potenti operazioni sono date a tutti i credenti, che sono tempio dello Spirito Santo (1 Co 6:19-20), come testimonianza alle genti (1 Co 2:4-5) e per l'edificazione della chiesa (1 Co 12:4-11). Il motivo è che Gesù è il miracolo di Dio per eccellenza.
Non cambia, dunque, la natura dei miracoli (guarigioni, moltiplicazioni, prodigi e liberazioni sono presenti in tutta la Bibbia), ma lo strumento che Dio ha scelto di usare: oggi, Dio si muove principalmente attraverso la Sua Chiesa.
53. Nella Genesi, cap. 18:2, perché Abrahamo adora gli angeli?
Abrahamo non adorò gli angeli. Per capire bene, bisogna leggere tutto il contesto. Ecco l'inizio dell'episodio (vv. 1-5):
"L'Eterno apparve ad Abrahamo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda durante il caldo del giorno. Abrahamo alzò gli occhi ed ecco, tre uomini stavano in piedi accanto a lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: «Signor mio, se ho trovato grazia davanti a te, ti prego non passare senza fermarti dal tuo servo! Deh, lasciate che si porti un po' d'acqua, affinché possiate lavarvi i piedi, e riposatevi sotto questo albero".
Come si vede, il passo specifica che l'Eterno apparve ad Abrahamo, e quando Abrahamo si prostrò a terra parlò al Signore, supplicandolo di rimanere lì. Subito dopo, poi, si rivolse ai tre uomini, invitandoli a ristorarsi e riposare.
52. Perché quando prego sbadiglio tantissimo? Lo noto anche in altre persone e sono sicura che non c'entri la stanchezza. E' una cosa quasi automatica.
E' un risvolto tipico di quando si partecipa a una riunione di preghiera come se fosse un incontro qualsiasi e non un vero e proprio combattimento spirituale. L'efficacia della preghiera dipende da fattori come l'insistenza, la costanza e l'intensità (si vedano i casi di Giacobbe, Davide, Daniele, Anna, Paolo...), e quindi il nemico fa di tutto per renderla vana.
Se non ci si prepara già da casa e si viene all'incontro con l'intenzione di stare sulla breccia, sicuramente si cadrà in un tranello preparato dall'avversario (distrazioni, sonnolenza, pensieri fuori luogo, imprevisti...).
Il consiglio che possiamo dare è prendere l'iniziativa di lodare più forte, enfatizzare il ringraziamento e la supplica e cercare di coinvolgere gli astanti per cambiare l'atmosfera.
51. E' permesso a un cristiano fumare?
No. Il fumo deve essere visto come una qualsiasi dipendenza; il fatto che si tratti di un vizio diffuso non significa che sia meno grave del consumo compulsivo di cibo, alcool o sostanze. La dipendenza da una sostanza/oggetto deve essere inquadrata come un idolo, che sostituisce la dipendenza da Dio, unica fonte del nostro benessere fisico e spirituale (At 17:28).
Inoltre, su ogni pacco di sigarette c'è un chiaro avvertimento circa i danni irreversibili per la salute, e sappiamo che il peccato può essere perpetrato anche contro il proprio corpo, che è il tempio dello Spirito Santo: "Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Co 6:19-20).
Infine, un cristiano non dovrebbe mai scandalizzare con il proprio comportamento, ma essere "luce del mondo e sale della terra" (Mt 5:13-16).
50. Chi non ha avuto la possibilità di conoscere Dio ed il Signore, sarà salvato?
La Bibbia afferma chiaramente che ci si salva per fede, la qual cosa è un'opera della grazia di Dio. Non esistono altre vie: "Poiché è per grazia che siete stati salvati mediante la fede – e questa non viene da voi, è il dono di Dio – non per le opere, affinché nessuno possa vantarsi" (Efesini 2:8-9).
Anche prima di Cristo, e finanche prima della Legge mosaica, ci si salvava solo e unicamente per fede: nessuno si è mai salvato per opere. Per esempio, Abramo "credette all'Eterno, che glielo mise in conto di giustizia" (Gn 15:6).
La salvezza è un miracolo difficile da comprendere ("Il vento soffia dove vuole, e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va; così è chiunque è nato dallo Spirito", Gv 3:8). La Bibbia ci insegna che Dio ha la libertà di salvare chiunque Egli voglia, in modi che non dipendono dalla nostra comprensione o dai nostri criteri. Non possiamo limitare Dio alla nostra logica o alle nostre aspettative umane: "Poiché egli dice a Mosè: 'Io farò grazia a chi voglio fare grazia, e avrò compassione di chi voglio avere compassione.' Così, dunque, non dipende né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia" (Ro 9:15-16).
Infatti, Dio conosce i cuori (1 Sa 16:7; Gr 17:10), e sa come raggiungere coloro che lo cercano: "Mi cercherete e mi troverete, quando mi cercherete con tutto il cuore" (Gr 29:13). Basti pensare alla conversione dell'eunuco Etiope o del centurione Cornelio: nel primo caso, Dio indicò a Filippo dove andare, nel secondo si usò di Pietro, e sempre in modo prodigioso.
E' noto che da alcuni anni Dio sta parlando in sogno ai popoli islamici, a conferma che Lui non ha bisogno di nessuno, anche se si compiace di usarsi di noi. Pensiamo a Nabucodonosor, Artaserse, Ciro, e tutti quei sovrani pagani citati dalla Parola, a cui Dio parlò personalmente e che riuscì a piegare alla Sua volontà.
Quanto a coloro che non hanno potuto conoscere il Signore per motivi impedienti (ad esempio, morte in giovanissima età o grave disabilità), sappiamo che Dio è giusto giudice: "Egli giudicherà il mondo con giustizia, e i popoli con rettitudine" (Sl 9:8); "Ma giudicherà con giustizia i poveri, e deciderà con equità per gli umili della terra; colpirà la terra con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio" (Is 11:4).
49. È normale che un pastore pentecostale non dica mai di cercare il dono dello Spirito Santo?
Questo spazio nasce per dare risposte bibliche, e non per sindacare l'operato dei servi di Dio. Ci teniamo, però, a rispondere che il pastore non è responsabile del rapporto tra il credente e lo Spirito Santo, per quanto sia chiamato a curare e insegnare, nei limiti del dono che Dio gli ha dato: ogni credente è responsabile di sé stesso di fronte alla Parola, ed ha la libertà anche di cambiare il proprio percorso, se ritiene di aver bisogno di un altro tipo di supporto. L'espressione dei doni nell'ambito della comunità, invece, è disciplinato dalle Scritture, che invitano a procedere con ordine e sensibilità nei riguardi della coscienza altrui (1 Co 12).
48. Perché, nell'Antico Testamento, Dio ha permesso la poligamia?
Dio non ha mai permesso la poligamia, e il patto matrimoniale stabilito in Genesi 2: 24 non è mai cambiato ("Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due diventeranno una sola carne").
Gesù stesso ha ribadito la validità della relazione monogamica e unica in Matteo 19:24: "Non avete letto che Colui che li creò da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne? '? Allora non sono più due, ma una sola carne. Ciò dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi". Anche gli apostoli hanno confermato questa linea (1 Tm 3:2); inoltre, l'idea che due individui debbano diventare uno è richiamata metaforicamente dalla relazione intima e particolare tra Cristo e la Chiesa (Cantico dei Cantici, Apocalisse).
E' vero che Dio permise a Mosé di consentire il divorzio per risposarsi, ma Gesù specifica, in Matteo 19:8-9: "Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandar via le vostre mogli; ma da principio non era così. Ed io vi dico che chiunque manda via sua moglie, eccetto in caso di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio" (per maggiori dettagli, si vedano i nostri articoli Divorzio e nuove nozze: quando è possibile? e Quando una coppia si considera sposata e quando no?).
In altre parole, Gesù conferma che la volontà di Dio per il matrimonio monogamico non è mai cambiata, ma, a causa della durezza delle persone, si dovette escogitare un espediente per tutelare le donne ripudiate.
E' vero che diversi patriarchi e uomini di Dio ebbero più mogli, ma questo non vuol dire che fosse la perfetta volontà di Dio. Inoltre, va fatto notare che queste famiglie ebbero numerosi problemi dovuti alla intrinseca irregolarità, come invidie, gelosie e contese: si vedano i casi della rivalità tra Sara ed Agar, rispettivamente moglie e concubina di Abramo (Gn 16), della gelosia tra Lea e Rachele, mogli di Giacobbe (Gn 29-30), del conflitto tra i figli delle diverse mogli di Davide (2 Sa 12), del matrimonio di Salomone con donne straniere, che lo portarono all'idolatria (1 Re 11).
Concludiamo con un'ultima osservazione. Qualcuno afferma che la Legge mosaica non vieta espressamente la poligamia, e cita il seguente verso, a proposito dell'elezione di un eventuale re: "Non dovrà neppure avere molte mogli, affinché non perverta il suo cuore" (De 17:17). Tuttavia, questo non significa che il re possa avere poche mogli, ma che non ne può avere più di una, e la motivazione è di tipo prettamente spirituale.
47. Quando Caino venne cacciato dall'Eden, venne messo sul suo corpo un "marchio" per evitare che venisse ucciso. C'erano, quindi, altri uomini?
Sì, ed è piuttosto evidente. Anche se, in Genesi, vengono nominati solo i discendenti maschi di Adamo ed Eva (Abele, Caino e Seth), è chiaro che ci dovevano essere anche delle femmine, senza le quali non sarebbe stato possibile portare avanti le varie discendenze. Caino sposò sicuramente una sorella (Gn 4:17), e questo non deve stupirci, perché anche Abramo avrebbe sposato una sorella (stesso padre, ma madri diverse, Gn 20:12).
In Genesi 5:3-4 è scritto che "Adamo aveva centotrenta anni quando generò a sua immagine, a sua somiglianza, un figlio e lo chiamò Set. Dopo aver generato Set, Adamo visse ancora ottocento anni e generò figli e figlie". In tutto quel tempo (quasi un secolo) sicuramente nacquero moltissimi altri figli, poco o molto più giovani di Caino.
46. È contemplata, nella Bibbia, la cremazione dei defunti?
Vista la complessità dell'argomento, si veda l'articolo dedicato La cremazione è ammessa dalla Bibbia?
45. I Cristiani sono "gentili"? Le chiese evangeliche credono che il popolo di Israele sia il popolo eletto, nonostante non credano in Gesù Cristo.
Abbiamo parlato estesamente di questo argomento nell'editoriale Terra compromessa, che suggeriamo di consultare.
44. Gli anticoncezionali non sono permessi per il controllo delle nascite, ma se Dio vuole farà fallire l'anticoncezionale. Sbaglio?
Iniziamo a chiarire che non c'è nulla di sbagliato nell'impiego di anticoncezionali, purché siano compatibili con la Parola di Dio e non sollevino problemi di ordine morale.
Innanzitutto, gli anticoncezionali debbono essere utilizzati solo nell'ambito del rapporto matrimoniale.
In secondo luogo, come dicevamo nella Questione n. 41, la vita deve essere tutelata fin dal primo giorno del concepimento; di conseguenza, tutti quei metodi che impediscono l'impianto dell'ovulo fecondato sono da rigettare: ci riferiamo alla pillola abortiva, alla pillola "del giorno dopo", e al dispositivo intrauterino IUD. Sono compatibili con la Parola di Dio, invece, tutti i metodi che si limitano a impedire al seme di arrivare all'ovulo (pillola anticoncezionale, preservativo, metodo Ogino Knaus, interruzione preventiva del rapporto).
A quanti controbattono che anche lo spreco di seme è un peccato, essendo esso considerabile vita, diciamo che la natura stessa ci insegna che non è così: infatti, la fisiologia del corpo umano dà luogo a emissioni casuali e imprevedibili di seme, nell'uomo, e, nella donna, l'espulsione di ovuli durante il ciclo mestruale; in più, al momento del concepimento, la maggior parte dei gameti maschili e femminili si perde. Tutto questo è stato stabilito da Dio.
Dunque, si parla di vita vera e propria dal momento in cui l'ovulo viene fecondato dallo spermatozoo, e non prima.
A questo proposito, vogliamo chiarire che il famigerato episodio biblico in cui Onan viene fatto morire da Dio in quanto ha disperso il seme a terra accoppiandosi con Tamar (Gn 38:8-10) è spesso frainteso: Onan non fu punito per aver usato un metodo anticoncezionale, ma per essersi rifiutato di dare una discendenza alla cognata, come avrebbe dovuto fare.
Altro fraintendimento frequente è il comando che Dio dà all'uomo, all'atto della creazione, di moltiplicarsi e riempire la terra (Gn 1:28): si tratta di un invito, e non di un obbligo a procreare.
Leggendo il Cantico dei Cantici, infatti, si vede chiaramente che il rapporto intimo tra i due sposi non è pensato esclusivamente a scopo riproduttivo. L'apostolo Paolo, del resto, in 1Corinzi 7:5, dà il seguente consiglio ai coniugi: "Non privatevi l'uno dell'altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza". Lo stare insieme è fortemente incoraggiato, ma non a scopo riproduttivo, bensì per evitare la tentazione; infatti, se il consiglio biblico è quello di provvedere con cura alla propria famiglia (1 Ti 5:8), non può essere sensato fare figli come se non ci fosse un domani a rischio di non poterli curare come si deve. Inoltre, non sono citate, nella Bibbia, donne con più di sei o sette figli, al che deduciamo che le pratiche anticoncezionali erano assolutamente in uso.
Quanto alla seconda parte della domanda, possiamo solo dire che Dio ha il controllo di ogni cosa, e può anche decretare il fallimento di un metodo anticoncezionale: "Il cuore dell'uomo programma la sua via, ma l'Eterno dirige i suoi passi".
43. Perché, in Esodo 4:24-26, Dio cerca di fare morire Mosé e la moglie, per impedirlo, circoncise il figlio?
Può sembrare strano che Dio, subito dopo aver dato un mandato glorioso a Mosè e avergli fornito tutte le istruzioni per fare prodigi davanti al Faraone, abbia tentato, poi, di uccidere il Suo servo.
In realtà, Mosè aveva disubbidito a Dio, perché non aveva fatto circoncidere il figlio avuto da Sefora in terra madianita. Quando Dio aveva stipulato il patto di benedizione con Abramo, infatti, aveva chiesto, come controparte umana, la circoncisione di ogni figlio maschio, nato in casa o acquistato con denaro: questo sarebbe stato il segno dell'alleanza tra Dio e il Suo popolo eletto (Gn 17:11). Purtroppo Mosè, che era cresciuto in Egitto e aveva sposato una madianita, continuava a comportarsi come uno straniero, nonostante appartenesse al popolo di Dio.
Va specificato che l'intento di Dio era che Mosè si avvicinasse alla morte, non che morisse; diversamente, Dio avrebbe saputo come fare. Nella Bibbia, infatti, assistiamo a diverse morti "folgoranti" operate da Dio, come quelle di Nadab e Abihu (Le 10:1-2) e di Anania e Saffira (At 5:1-11): in questi casi, Dio non concesse la seconda possibilità. Nel caso di Mosè, invece, Dio volle fargli capire che il peccato genera conseguenze mortali, e che nessuno può camminare davanti alla santa presenza di Dio in condizioni di indegnità. Anche davanti al roveto ardente, infatti, Dio intimò a Mosè di togliersi i calzari perché quel luogo era santo (Es 3:5).
Dio fece sperimentare a Mosè questa gloriosa verità: non si può maneggiare la potenza di Dio senza preparazione. Per ulteriori approfondimenti su questo tema, leggi l'editoriale La gloria accessibile a pochi.
42. Perché Gesù disse: "Perché dici che sono buono? Poiché solo Dio lo é". Se lui era Dio, perché disse tale cosa?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo analizzare il contesto della dichiarazione di Gesù, che si trova in Luca 18:19 e Marco 10:18.
Quando Gesù si rende conto delle intenzioni dell'uomo, che, evidentemente, ha intenzione di intercettare la sua benevolenza, Egli sottolinea che c'è una distinzione fondamentale tra la bontà umana e la bontà divina. In quel momento, Gesù non sta negando la Sua bontà, ma sta cercando di indirizzare l'uomo a una riflessione più profonda: la bontà perfetta è un attributo che appartiene solo a Dio, perché solo Dio è veramente buono in modo assoluto e senza difetti.
Quell'uomo, infatti, non poteva aver già ricevuto una chiara rivelazione della doppia natura di Cristo, umana e divina, il che voleva dire che, come molti altri, Gli stava attribuendo qualità divine senza averne compreso pienamente la natura. Ma Gesù non vuole essere riconosciuto semplicemente come un "maestro buono" o un grande insegnante umano, ma come il Figlio di Dio, la cui bontà trascende quella degli uomini.
La risposta di Gesù potrebbe essere letta proprio come un'affermazione della Sua doppia natura. In quanto uomo, infatti, Gesù si sottomette completamente alla volontà del Padre e vive la sua vita in obbedienza a Dio, riconoscendo che solo Dio è veramente buono. Tuttavia, in quanto Dio incarnato, la bontà che Gesù incarna è la bontà stessa di Dio. La sua risposta, quindi, non nega la sua divinità, ma invita a riconoscere che la sua bontà è una manifestazione di quella divina, pur vivendo in un corpo umano e in un contesto di sottomissione al Padre.
41. Ho avuto una figlia con donazione di gameti. Come si pone la Bibbia di fronte a questo?
La fecondazione eterologa è una pratica medica di origine piuttosto recente, per cui la Bibbia non ne parla; possiamo, però, affermare che essa è incompatibile con la Parola di Dio, perché pone la coscienza di fronte a diversi problemi etici gravi e complessi.
Chiarito che la procreazione fa parte del piano divino (Gn 1:28) e che i figli sono un dono benedetto dal Signore (Sal 127:3; 113:9), va da sé che le tecnologie mediche che supportano le coppie che affrontano l'infertilità, se utilizzate in conformità con i principi biblici, possono essere accettate con serenità (v. Questione n. 40 a proposito del ruolo della medicina); ci riferiamo a cure ormonali, diete specifiche, e tutti quei trattamenti che mirano a colmare determinate carenze che sono tipiche della nostra natura umana e decaduta.
Tuttavia, l'incapacità di concepire non deve essere vista come un marchio sociale o morale, né si deve fare pressione sulla coppia affinché abbia figli (1 Co 7:4,7; Rm 14:4; Mt 19:10-12; 24:19; 1 Tm 5:8). Esistono, per esempio, varie motivazioni legittime, come questioni di salute o esigenze di servizio cristiano (1Co 7:32,33), che possono indurre a rinunciare alla procreazione o a limitarla.
Ciò premesso, come cristiani siamo contrari alla fecondazione in vitro, e a maggior ragione a quella eterologa.
Infatti, la Parola chiarisce che la vita umana va rispettata in ogni fase del suo sviluppo (Gr 1:5; Sal 139:13-16). La fecondazione in vitro impone decisioni preliminari riguardo al numero di ovuli da fecondare e solleva questioni morali in merito alla gestione degli ovuli fecondati non utilizzati, che possiamo già considerare vita. Smaltire, quindi, tali ovuli, come si può dedurre, è equivalente a mettere fine a delle vite umane vere e proprie; dunque, è un'azione peccaminosa.
Inoltre, il piano divino prevede che i figli crescano in una famiglia stabile, con la partecipazione attiva di entrambi i genitori, quando possibile (Pr 22:6; Sal 128:1-3; Ef 6:4; De 6:4-7; 1Tm 5:8). Per questo motivo, i cristiani possono prendere in considerazione, eventualmente, determinate cure mediche, solo all'interno di un matrimonio stabile e fedele.
L'impiego di terze parti, come donatori di sperma, donatrici di ovuli o madri surrogate, solleva diverse problematiche mediche e morali che sono assolutamente da evitare, in quanto può essere considerato una violazione dell'unità e della fedeltà richieste nel matrimonio (Mt 19:4-6). Si dia un'occhiata a Ebrei 13:4: "Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri.",
Infine, come cristiani dobbiamo evitare forzature: lo Spirito Santo deve guidare le nostre scelte (Gv 16:13). Se Dio non ci risponde in una determinata area, inutile accanirsi: "Confida nel Signore con tutto il tuo cuore, e non ti appoggiare alla tua intelligenza. Riconoscilo in tutte le tue vie, ed egli appianerà i tuoi sentieri" (Pr 3:5-6), Sappiamo, infatti che, "i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice il Signore. Quanto il cielo è più alto della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri" (Is 55:8-9).
Ovviamente, se la scelta della fecondazione in vitro è avvenuta prima di conoscere la Parola di Dio, Egli ci dice che è disponibile a passare sopra i tempi della nostra ignoranza (At 13:30-32), a patto che ci ravvediamo da ogni errore. La conoscenza di Dio, invece, comporta responsabilità e richiede che ci muoviamo in conformità con la Sua volontà.
40. Perché ci sono bambini che nascono gravemente malati?
Purtroppo, da quando il peccato è entrato nel mondo, sono entrate anche la malattia e la morte, che non erano previste nel piano originale di Dio: in Genesi 3, infatti, vediamo che Dio maledice la stirpe umana e annuncia ad Adamo ed Eva che la loro ribellione ha scatenato una serie di conseguenze: "Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato" (Rm 5:12).
Sicuramente la morte di un bambino colpisce in modo particolare, ma, se riflettiamo, possiamo vedere che il dolore e la sofferenza sono ovunque. L'argomento è veramente complesso da affrontare in così poco spazio, per cui suggeriamo la lettura dell'articolo Perché Dio permette certe tragedie?, in cui si evidenzia che Dio non è rassegnato alla condizione peccaminosa dell'uomo, ha intenzione di intervenire e, se non lo fa, è perché ha in mente uno scopo ben preciso.
39. "Le donne in assemblea tacciano" (1Corinzi 14:34-35). Come si affronta questo oggi?
In merito all'indicazione data da Paolo in 1 Corinzi 14:34-35, dobbiamo specificare il contesto: le donne greche erano piuttosto libertine, e quando si convertivano pensavano di poter interrompere il culto con domande fatte al relatore o con interventi fuori contesto; non conoscevano, cioè, il concetto di ordine, che invece era chiaro alle donne ebree fin dalla nascita. Come sappiamo, lo stesso Paolo, in un altro passaggio, afferma che la donna "che prega o profetizza" deve avere il velo (1 Co 11:5): quindi si presume che possa parlare nell'assemblea. Anche le quattro figlie di Filippo profetizzavano. Il problema non è, quindi, il parlare, ma il come lo si deve fare.
Inoltre, lo stesso apostolo nomina diverse donne che hanno un ruolo chiave in chiesa, come Priscilla che, insieme a suo marito, insegnò ad Apollo la dottrina completa (At 18:26); la Parola specifica che furono entrambi ad assumersi il compito. L'insegnamento femminile è un altro punto controverso; in 1 Tm 2:12, emerge che la donna non deve usare autorità sull'uomo; ancora una volta, il problema non è l'insegnare in sé e per sé, ma il come lo si deve fare. Nel caso di una donna, ci deve essere un atteggiamento materno, e non autoritario (anche Debora disse di se stessa di essere stata come una "madre" in Israele).
38. Quanti erano gli scribi ai tempi di Gesù?
Purtroppo non è dato saperlo, ma possiamo fornire le seguenti informazioni.
Ai tempi di Gesù, gli scribi erano un gruppo importante all'interno della società ebraica.
Ruolo e Funzione: Gli scribi erano esperti nella legge ebraica (la Torah) e nella scrittura. Non solo copiavano i testi sacri, ma erano anche interpreti e insegnanti della legge. La loro funzione principale era quella di spiegare e applicare la legge mosaica, risolvendo le questioni legali e morali che sorgevano tra il popolo. Spesso, erano anche giudici in tribunali religiosi.
Distribuzione Geografica: Gli scribi erano presenti principalmente in Giudea, ma anche in altre regioni dell'Impero Romano, come la Galilea, dove Gesù visse e predicò. A Gerusalemme, la città principale, il numero di scribi sarebbe stato maggiore a causa della centralità religiosa e politica della città.
Posizione Sociale: Sebbene non fossero numerosi come altre categorie sociali, gli scribi erano comunque una classe influente. Molti di loro facevano parte dei gruppi più conservatori, come i Farisei, che avevano un'importante presenza nelle discussioni religiose del tempo.
Relazione con Gesù: Gli scribi sono spesso menzionati nei Vangeli, sia come alleati dei farisei sia come critici di Gesù. Le sue controversie con gli scribi si concentravano spesso su interpretazioni della legge e sulle pratiche religiose che lui considerava ipocrite.
37. Perché l'auto-guarigione non è ammessa dalla Bibbia?
L'auto-guarigione è una pratica che si riferisce alla capacità di un individuo di guarire da solo, senza ricorrere a trattamenti medici o all'aiuto di Dio. In alcuni casi, questa pratica viene associata a tecniche spirituali, psicologiche o occulte, e spesso si concentra sull'idea che la mente o l'anima possiedano il potere di influenzare la salute fisica.
Alcuni esempi:
1. Auto-guarigione mentale e psicologica:
Questo approccio si basa sull'idea che cambiamenti nelle convinzioni, nei pensieri o nelle emozioni possano influenzare positivamente la salute fisica. Ad esempio, attraverso tecniche come la meditazione, l'auto-ipnosi, la visualizzazione positiva o il pensiero positivo, si cerca di "guarire" malattie o problemi fisici o psicologici.
La psicologia moderna riconosce che lo stato emotivo di una persona può influenzare il suo benessere fisico, ma non in un modo che possa sostituire trattamenti medici comprovati.
2. Auto-guarigione spirituale:
In molte tradizioni spirituali o religiose (comprese alcune forme di New Age, esoterismo o pratiche alternative), si crede che l'individuo abbia il potere di guarire sé stesso attraverso tecniche di meditazione, preghiera, mantra o altre pratiche spirituali.
Alcune pratiche esoteriche o occulte possono includere l'uso di energie (come il Reiki, la guarigione energetica, o la canalizzazione di energie universali) per curare il corpo e la mente. Queste pratiche sono spesso basate su credenze che suggeriscono l'esistenza di un'energia vitale che può essere manipolata dall'individuo.
3. Auto-guarigione fisica (senza intervento medico tradizionale):
Esistono approcci che suggeriscono che il corpo possieda una capacità naturale di auto-ripararsi, a condizione che l'individuo adotti uno stile di vita molto sano (alimentazione naturale, esercizio fisico, eliminazione dello stress, ecc.). Alcuni ritengono che, attraverso tecniche di respirazione, digiuno, dieta, e/o altre pratiche naturali, si possano superare malattie fisiche senza ricorrere a farmaci o interventi medici.
Questi approcci, pur avendo fondamenti in alcune teorie alternative, non sono sempre supportati da evidenze scientifiche. Tuttavia, vogliamo anche specificare che uno stile di vita corretto, sano ed equilibrato contribuisce a prevenire diverse patologie di tipo fisico e mentale.
Connessione con l'occultismo
L'auto-guarigione può essere legata a pratiche occulte, in particolare quando si tratta di "manipolare" o "canalizzare" energie misteriose o sconosciute per ottenere risultati fisici o spirituali. Queste pratiche sono molto pericolose perché costituiscono una forma di fiducia in forze al di fuori di Dio.
Esempi di pratiche occulte collegate all'auto-guarigione includono:
- Reiki: Un metodo che afferma di utilizzare l'energia universale per guarire fisicamente e spiritualmente.
- Guarigioni energetiche: Tecniche in cui si crede che un guaritore o l'individuo stesso possa "canalizzare" energie per riequilibrare il corpo e promuovere la salute.
- Visualizzazione e meditazione guidata: In alcuni casi, la visualizzazione di immagini di guarigione può essere usata con l'idea che la mente possa curare il corpo.
Pericoli associati all'auto-guarigione
- Fiducia in pratiche non mediche: Se una persona sceglie di fare affidamento solo su pratiche di auto-guarigione senza cercare un trattamento medico adeguato, questo potrebbe comportare rischi per la salute, soprattutto in caso di malattie gravi.
- Distorsione spirituale: Se l'auto-guarigione è praticata in modo occulto, può allontanare una persona dalla fede in Dio e metterla sotto l'influenza di forze spirituali negative.
La guarigione secondo la Bibbia
1. La guarigione è opera di Dio, non dell'uomo o di pratiche occulte
La Bibbia sottolinea che solo Dio ha il potere di guarire fisicamente e spiritualmente. Le pratiche occulte come l'auto-guarigione tendono a mettere l'accento sull'uomo come se avesse il potere di guarirsi da solo, ma la Bibbia insegna il contrario: è Dio che guarisce tutte le malattie, non l'uomo che guarisce sé stesso.
- Esodo 15:26 – "E disse: Se ascolterai attentamente la voce del Signore, tuo Dio, e farai ciò che è giusto ai suoi occhi, ascolterai i suoi comandamenti e osserverai tutte le sue leggi, io non infliggerò su di te nessuna delle malattie che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, che ti guarisco."
- Salmo 103:2-3 – "Benedici, anima mia, il Signore, e non dimenticare nessuno dei suoi benefici; egli perdona tutte le tue iniquità, guarisce tutte le tue malattie." 2. Cercare pratiche occulte è condannato nella Bibbia
2. La Bibbia ammonisce contro l'affidarsi a pratiche occulte o mistiche per cercare guarigione, poiché queste possono aprire la porta a forze demoniache e distogliere l'uomo dalla fede in Dio.
- Deuteronomio 18:10-12 – "Non ci sia in mezzo a te chi faccia passare suo figlio o sua figlia per il fuoco, chi faccia divinazione, chi usi magia, chi faccia incantesimi, chi interroghi gli spiriti, chi consulti i morti. Poiché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore, e per queste abominazioni il Signore, tuo Dio, scaccia quelle nazioni davanti a te."
- Isaia 47:12-15 – "Cerca ora i tuoi incantesimi, le tue molte magie, con le quali ti sei affaticata fin dalla tua giovinezza; forse ne troverai qualche vantaggio, forse potrai destare qualche timore. Tu sei stanca dei tuoi consigli, vengano a te i tuoi astrologi, i tuoi osservatori delle stelle, quelli che fanno predizioni per il mese, che ti diano risposte!".
3. Gesù guarisce con autorità divina
Gesù ha mostrato che la guarigione viene solo da Dio, e Lui stesso ha il potere di guarire. Nessun altro, né pratiche occulte né metodi umani, è alla pari con il potere di Gesù.
- Matteo 9:35 – "E Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità." Gesù guariva ogni malattia, dimostrando che è Dio che ha il potere di guarire, non metodi umani o pratiche occulte.
- Giovanni 14:12 – "In verità, in verità vi dico: chi crede in me, le opere che io faccio, le farà anche lui; e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre."
4. La fede in Dio è la risposta alla guarigione, non la fiducia nelle pratiche umane
La Bibbia ci invita a confidare in Dio per ogni cosa, compresa la guarigione, piuttosto che cercare di farlo da soli o con mezzi occulti.
- Giacomo 5:14-16 – "Qualcuno fra voi è malato? Chiami gli anziani della chiesa e preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo solleverà; e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati."
5. Il ruolo della medicina è positivo
La Bibbia non condanna la medicina e le pratiche mediche, ma piuttosto le considera come parte della cura e della guarigione che Dio ha predisposto per il bene dell'umanità. La medicina, come la conoscenza e la saggezza, può essere vista come un dono di Dio, utilizzato per alleviare la sofferenza e per promuovere la salute fisica e mentale. La Bibbia afferma che il medico, il rimedio naturale e anche il miracolo sono strumenti per promuovere la guarigione, mostrando che il valore della medicina è riconosciuto in contesti biblici.
a. Il ruolo dei medici nell'Antico Testamento
Nell'Antico Testamento, troviamo riferimenti positivi verso coloro che praticano la medicina.
In Geremia 8:22, si fa riferimento alla mancanza di guarigione per Israele, ma la questione solleva indirettamente l'importanza della medicina come parte della guarigione, dicendo:
"Non c'è balsamo in Gilead? Non c'è medico in quella regione? Perché allora non è guarito il mio popolo?".
Anche se questo passo è principalmente una lamentela, riconosce che i medici e le pratiche mediche sono strumenti utili per la guarigione.
b. Le pratiche curative nel Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento, la medicina è presentata anche come una professione accettabile. Luca, l'autore di gran parte del Nuovo Testamento, è descritto come medico. In Colossesi 4:14, Paolo si riferisce a lui dicendo:
"Saluti anche da parte di Luca, il medico carissimo".
Questo passo dimostra che la medicina è una professione che può essere usata per servire Dio e la comunità.
c. La guarigione come atto di compassione
Gesù stesso ha curato malati, ma non per negare la medicina. In molte occasioni, ha guarito i malati con miracoli, ma ciò non implica che la medicina fosse inutile. Al contrario, la guarigione miracolosa di Gesù potrebbe essere vista come un rafforzamento della convinzione che la salute è un dono di Dio e che le pratiche mediche non sono in contrasto con la volontà di Dio. Ecco un esempio:
- Marco 2:17: "Gesù, sentendo ciò, disse loro: 'Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori.'"
Questo passo mostra che Gesù considerava la guarigione importante e che riconosceva il valore di chi aiuta a guarire gli altri, come farebbe un medico.
d. L'uso di rimedi naturali
La Bibbia fa anche riferimento a rimedi naturali che potrebbero essere utilizzati per curare malattie, che suggeriscono che l'uso di risorse naturali per la medicina è accettato. Ad esempio, in Isaia 38:21, viene indicato un rimedio pratico per la malattia del re Ezechia:
"Isaia aveva detto: 'Prendete un impacco di fichi secchi e applicatelo sulla piaga, ed egli guarirà".
Questo esempio suggerisce che l'uso di trattamenti naturali non è in conflitto con il piano di Dio, e può essere visto come un modo per cooperare con la sua creazione nel processo di guarigione.
e. Proverbi e saggezza pratica
Il libro dei Proverbi fornisce anche consigli sulla salute e sul benessere. In Proverbi 17:22 si dice:
"Un cuore allegro è una buona medicina, ma uno spirito abbattuto secca le ossa".
Questo passo mostra che anche l'aspetto emotivo e psicologico della salute è importante, e che mantenere un atteggiamento positivo può avere effetti benefici sul corpo, riconoscendo indirettamente il legame tra mente e corpo nella cura.
f. La guarigione finale in Cristo
La Bibbia afferma che, alla fine dei tempi, Dio offrirà la guarigione definitiva per ogni male. In Apocalisse 22:2, si parla dell'albero della vita che porta guarigione alle nazioni:
"E nel mezzo della piazza della città, da questa parte e dall'altra, c'era l'albero della vita che dà dodici frutti, dando ogni mese il suo frutto; e le foglie dell'albero sono per la guarigione delle nazioni".
Anche se questo passo riguarda il futuro, suggerisce che la guarigione è parte del piano divino e che la medicina, insieme alla guarigione spirituale, è in armonia con il piano di Dio per la salvezza.
36. John Nelson Darby fu colui nel XIX secolo divulgò con forza la dottrina del rapimento segreto. Possiamo accettare tale dottrina?
No. Si può discutere sulla collocazione temporale del rapimento rispetto al periodo della tribolazione (prima, durante o dopo), ma la Parola ci dà abbondanza di elementi per credere in un rapimento visibile e plateale. Data la complessità dell'argomento, suggeriamo di consultare il seguente articolo: Rapimento della Chiesa: segreto o visibile? Uno o due ritorni? Parliamone! nella sezione Studiare la Bibbia.
35. Buongiorno, ieri ho appreso di un matrimonio misto (evangelico pentecostale e cattolico), avvenuto in una chiesa cattolica. Che cosa dice la Bibbia di tutto ciò?
Data la complessità della domanda, rimandiamo all'articolo dedicato, Matrimoni misti: sono possibili, secondo la Bibbia? nella sezione Vita cristiana pratica.
34. Chi è che trattiene la manifestazione dell' Anticristo (katèchon)?
33. In una lettera, l'apostolo Paolo parla di un uomo che salì in paradiso e noi sappiamo che quest'uomo era Paolo stesso. Ma dove andò, di preciso?
Leggiamo il brano in oggetto, includendo tutto il contesto:
Certo il vantarsi non mi è di alcun giovamento; verrò quindi alle visioni e rivelazioni del Signore. Io conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa (se con il corpo o fuori del corpo non lo so, Dio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo. E so che quell'uomo (se con il corpo o senza il corpo, non lo so, Dio lo sa), fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili, che non è lecito ad alcun uomo di proferire. Io mi glorierò di quel tale, ma non mi glorierò di me stesso, se non delle mie debolezze (2Corinzi 12:1-5).
Il fatto che si tratti proprio di Paolo è deducibile dalla contrapposizione, da lui effettuata, tra l'uomo carnale, che ha poco da vantarsi, e l'uomo spirituale, che invece ha sperimentato gloriose rivelazioni.
Paolo, qui, afferma di essere stato rapito in spirito fino al "terzo cielo", lasciando, quindi, dedurre l'esistenza di altri due cieli; del resto, in Ge 1:1, è scritto che Dio fece "i cieli" e la terra.
In Genesi 1:8, è scritto che "Dio chiamò il firmamento cielo", ma ai vv. 6-8 si parla "di acque sotto il firmamento e acqua sopra il firmamento"; per questo motivo, si tende a credere che il primo cielo sia quello "sotto il firmamento", corrispondente all'atmosfera, e il secondo il firmamento vero e proprio, in cui si trovano il sole, la luna e le stelle. A questo punto, la dimora di Dio, in cui si trovano il Suo trono e la Sua gloria, sarebbe nel terzo cielo, quello in cui Paolo venne rapito in Spirito.
Nelle Scritture, il terzo cielo è definito, a più riprese, "cieli dei cieli", ovvero "i cieli per eccellenza" (1Re 8:27; 2Cr 2:6; 6:18; Ne 9:6; Sal 148:4), mentre il "paradiso" sarebbe il luogo dell'incontro dell'uomo con Dio (Lu 23:43) che, alla fine dei tempi e del Giudizio, si identificherà con la Nuova Gerusalemme (Ap 2:7; Ap 21:1-3; 22:1-5).Attualmente, quindi, il paradiso non è stato ancora preparato.
L'esperienza di Paolo, dunque, è da intendersi come un fatto puramente spirituale. Paolo stesso specifica di non saper dire se il rapimento in spirito sia avvenuto con il corpo oppure no; la sua è stata una visione del trono e della gloria di Dio, e un'anticipazione di quello che aspetta i redenti per l'eternità.
32. In Atti 17:26, nella seconda parte del verso, è scritto che Dio determina i confini e i tempi per tutti i popoli. In che senso?
Leggiamo questi due versetti, che fanno parte dell'evangelizzazione di Paolo nell'Areopago, ad Atene:
Atti 17:26 Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate e i confini della loro abitazione, 27 affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi.
Prendiamo in considerazione tutto il contesto del discorso di Paolo: al v. 27, l'apostolo mette in evidenza il motivo per cui Dio definisce luoghi e tempi, che non ha certo a che fare con la proprietà della terra. Infatti, Paolo sta dicendo semplicemente che, affinché ciascun uomo possa essere indotto a cercare Dio "come a tastoni", Lui ha collocato ogni individuo in un determinato contesto geografico e storico. Senza un contesto di riferimento, l'uomo non potrebbe vivere né interagire con i suoi simili, né essere evangelizzato o ricevere il Signore.
Nel caso degli Ateniesi evangelizzati da Paolo, per esempio, il fatto di abitare ad Atene in quell'epoca, di per sé, poteva essere irrilevante, ma trovarsi nell'Areopago mentre Paolo evangelizzava in quel preciso momento permise loro di approfondire la fede cristiana, e alcuni trovarono la salvezza. Non è il territorio a favorire la ricerca del Signore, ma lo sono le circostanze determinate da Dio in un dato luogo e tempo (infatti il termine utilizzato per indicare il tempo stabilito da Dio per ciascuno è καιρός, che significa proprio "tempo opportuno" alla persona interessata).
Questo significa che Dio non ha mai stabilito confini?
No. Il popolamento della Terra dopo il diluvio da parte di Sem, Cam e Iafet è avvenuto secondo modalità miranti alla diffusione omogenea dell'uomo su tutta la terra (Ge 10; Dt 32:8), e, al tempo di Abramo, Dio ha assegnato determinati confini a tutta la sua discendenza, nell'ambito della terra assegnata a Sem, per portare a termine i Suoi propositi di benedizione/maledizione conseguenti alla scelta umana di seguirLo oppure no (Ge 12:4-7;15:18-21;17:8- per approfondire, leggi l'articolo Palestina: terra di chi?).
In 1Corinzi 10:26, però, è scritto che "La terra e tutte le buone cose che essa contiene appartengono a Dio": quindi, il fatto che una certa etnia abiti un certo luogo non significa che ne abbia diritto al possesso esclusivo e permanente. Tra l'altro, in tempi di estrema mobilità, quali quelli attuali, questo assunto sembra fin troppo evidente. Inoltre, la promessa fatta ad Abramo riguardo a una discendenza numerosissima che avrebbe colonizzato il mondo intero (Rm 4:13) è da intendersi spiritualmente, perché la discendenza di Abramo è spirituale e si realizza in Cristo, come spirituale è l'Israele a cui sono riservate le promesse (Rm 9:6).
Concludendo, possiamo dire che nessuno può ritenersi proprietario di un certo territorio per diritto acquisito, se non Dio che ha creato tutto.
31. Come mai, in 1 Re 19:15, Dio dice che Elia deve ungere re Hazael, ma poi questo non accade?
Ecco il passo
in oggetto:
1Re 19:15 Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. 16 Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto. 17 Se uno scamperà dalla spada di Hazaèl, lo ucciderà Ieu; se uno scamperà dalla spada di Ieu, lo ucciderà Eliseo. 18 Io poi mi sono risparmiato in Israele settemila persone, quanti non hanno piegato le ginocchia a Baal e quanti non l'hanno baciato con la bocca».
Quindi, Elia doveva:
1. Ungere Hazael come re di Aram
2. Ungere Ieu come re di Israele
3. Ungere Eliseo come profeta al suo posto.
Ma cosa successe, dopo questa indicazione?
Successe che Elia unse soltanto Eliseo: infatti, al v. 19 troviamo scritto che "gli gettò addosso il suo mantello", quindi l'unzione consistette in questo gesto altamente simbolico; di lì a poco, il profeta sarebbe stato rapito in cielo.
Fu Eliseo, invece, a provvedere all'unzione di Ieu, stavolta con l'olio vero e proprio, ma secondo una modalità piuttosto bizzarra: non lui direttamente, ma un discepolo doveva ungerlo, cogliendolo di sorpresa e poi scappando subito dopo (2Re:9).
E Hazael? Stavolta l'incontro con Eliseo non si può definire in alcun modo una unzione. Infatti, è scritto che Hazael fu mandato da Ben Hadad, il re di Siria, a chiedere a Eliseo se sarebbe guarito dalla propria malattia; Eliseo gli rispose che sarebbe guarito, ma in ogni caso sarebbe morto: il profeta sapeva, infatti, che sarebbe stato proprio Hazael a ucciderlo (2Re 8:8-10).
Quando, però Eliseo vide Hazael, "egli irrigidì il suo volto con uno sguardo fisso fino ad arrossire; quindi l'uomo di DIO pianse. Allora Hazael domandò: «Perché piange il mio signore?». Egli rispose: «Perché so il male che tu farai ai figli d'Israele: tu darai alle fiamme le loro fortezze, ucciderai i loro giovani con la spada, sfracellerai i loro bambini e sventrerai le loro donne incinte». Hazael disse: «Ma cos'è mai il tuo servo, un cane, per fare così grandi cose?». Eliseo rispose: «L'Eterno mi ha fatto vedere che tu diventerai re di Siria»" (2Re 8:11-13).
Abbiamo appena letto che, di fronte a Hazael, Eliseo ebbe manifestazioni di disagio, fino al pianto, perché sapeva che quest'uomo avrebbe fatto molto male al popolo d'Israele. Ecco perché, verosimilmente, non ci fu alcuna unzione, ma solo una profezia sulla futura nomina a re di Siria (v. 13).
Ricapitolando, possiamo ipotizzare i seguenti scenari:
- Elia ebbe solo il tempo di ungere Eliseo, a cui avrebbe delegato il compito di ungere Ieu e Hazael
- Eliseo, preso da sentimenti di tristezza e dolore, si rifiutò di essere "complice" dei futuri crimini di Hazael contro Israele; la sua fu, quindi, una disubbidienza a Dio, il quale portò comunque a termine il Suo piano, e cioè quello di usarsi di Hazael per punire Israele ("Allora l'ira dell'Eterno si accese contro Israele e li diede nelle mani di Hazael, re di Siria, e nelle mani di Ben-Hadad, figlio di Hazael, per tutto quel tempo, 2Re 13:3).
Evidentemente, Eliseo non accettava lo strumento che Dio aveva scelto per purificare il suo popolo; in realtà il piano di Dio era perfetto, perché sia Ieu che Hazael dovevano estirpare l'idolatria dalla casa d'Israele- Ieu sterminando la casa di Acab e Iezebel, e Hazael facendo ricadere le conseguenze del peccato sul popolo di Israele, come monito.
Nei profeti, frequentemente vediamo che Dio usa re e nazioni come strumento di giudizio verso popoli idolatri e disobbedienti; questo non esclude il perdono di Dio di fronte al pentimento, e non esclude neppure che quegli stessi re e quelle stesse nazioni possano essere a loro volta giudicate allo stesso modo dai popoli pentiti (anche Hazael e la sua casa sarebbero stati giudicati per le loro abominazioni, Amos 1:3-4).
L'essere umano può non comprendere questa realtà e, quindi, come nel caso di Eliseo, rifiutarsi di accettarla.
30. Secondo la Bibbia, i dinosauri sono esistiti?
Essendo la trattazione dell'argomento molto estesa, rimandiamo all'articolo dedicato (Secondo la Bibbia, i dinosauri sono esistiti?) nella sezione Questioni storico-archeologiche.
29. Il "discepolo che Gesù amava" è comunemente identificato con
Giovanni, ma non è scritto da nessuna parte nella Bibbia che fosse proprio lui,
e quindi non è certo che fosse stato proprio lui a correre al sepolcro insieme
a Pietro. Anche di Lazzaro, per esempio, è detto che Gesù lo amasse molto.
La perifrasi "il discepolo che Gesù amava" è chiaramente riferibile a Giovanni in base a un determinato passo che si trova alla fine del Vangelo da lui scritto.
Innanzitutto, specifichiamo che solo Giovanni ha utilizzato questa espressione, per quattro volte, nel vangelo di cui è autore:
- Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù, Gv 13:23.
- Gesù allora, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio!», Gv 19:26.
- Allora andò di corsa da Simon Pietro e dall'altro discepolo che Gesù amava e disse loro: «Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'abbiano posto», Gv 20:2.
- Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore». Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse con la veste (perché era nudo) e si gettò in mare, Gv 21:7
- Or Pietro, voltatosi, vide che li seguiva il discepolo che Gesù amava, quello che durante la cena si era anche posato sul petto di Gesù e aveva chiesto: «Signore, chi è colui che ti tradisce?», Gv 21:20.
Come è possibile notare, Giovanni è al centro dell'attenzione in queste fasi cruciali della vita, morte e resurrezione di Gesù. Diversi commentatori, quindi, ritengono che l'apostolo abbia voluto dare un segnale di modestia, spostando l'attenzione da sé stesso, autodefinitosi discepolo, a Gesù, legato a lui attraverso un rapporto di amore. Infatti, essendo Giovanni allo stesso tempo autore e personaggio, rischiava di incorrere in accuse di autoesaltazione.
Possiamo escludere l'ipotesi dell'identificazione con Lazzaro perché, per quanto Gesù lo amasse, egli non è mai definito suo discepolo. Se anche lo fosse stato, non era nella cerchia dei dodici, gli unici presenti al momento dell'ultima cena, alla quale partecipò "il discepolo che Gesù amava".
È interessante che tutti i Vangeli concordino sul fatto che solo i discepoli parteciparono all'ultima cena con Gesù (Mt 26:20; Mr 14:17; Lc 22:10; Gv 13:5); in particolare, Matteo specifica: "Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici". Lazzaro non era nel numero dei Dodici.
A questo punto, diamo un'occhiata a questa conversazione tra Pietro e Gesù, con la quale si conclude il Vangelo di Giovanni:
"Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che
Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli
aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque,
vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio
che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». Si
diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto.
Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga
finché io venga, che importa a te?».
Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha
scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera", Gv 20:20-25.
Finalmente, alla fine della sua opera, precisamente al v. 24, Giovanni svela che quel famoso discepolo che Gesù amava, che aveva appoggiato il capo sul Suo petto e di cui Pietro aveva chiesto cosa ne sarebbe stato è proprio lui, che ha reso testimonianza di queste cose e la cui testimonianza è verace.
A questo punto, per proprietà transitiva, è facile dedurre che fosse stato proprio Giovanni a correre al sepolcro insieme a Pietro.
28. In Giovanni 1:12 una traduzione riporta "autorità" di diventare figli di Dio, un'altra invece riporta "diritto" di di diventare figli di Dio. Cosa comporta quel termine, al di là della corretta traduzione?
Il termine greco che traduce quel termine è ἐξουσία, che presenta una vasta gamma di significati interessanti. I termini della lingua greca sono spesso polisemantici, o comunque presentano diverse sfumature di significato che completano il concetto.
- La concordanza Strong spiega il termine così: "privilegio, cioè (soggettivamente) forza, capacità, competenza, libertà, o (oggettivamente) padronanza (concretamente magistrato, sovrumano, potentato, segno di controllo), influenza delegata: - autorità, giurisdizione, libertà, potere, diritto, forza".
- La concordanza Thayer prende in esame tutti i contesti in cui il termine compare nella Bibbia:
1) Potere di scelta, libertà di fare ciò che si vuole
1a) Congedo o permesso
2) Potenza fisica e mentale
2a) L'abilità o la forza di cui si è dotati, che si possiede o si esercita
3) Il potere di autorità (influenza) e di diritto (privilegio)
4) Il potere di governo (il potere di colui la cui volontà e i cui comandi devono essere sottomessi da altri e obbediti)
4a) Universalmente
4a1) Autorità sull'umanità
4b) Particolarmente
4b1) Il potere delle decisioni giudiziarie
4b2) Dell'autorità di gestire gli affari interni
4c) Metonimicamente
4c1) Una cosa soggetta all'autorità o alla regola
4c1a) Giurisdizione
4c2) Colui che possiede autorità
4c2a) Un governante, un magistrato umano
4c2b) I principali e più potenti tra gli esseri creati superiori all'uomo, i potentati spirituali
4d) Un segno dell'autorità del marito sulla moglie
4d1) Il velo con cui la decenza richiedeva che una donna si coprisse
4e) Il segno dell'autorità regale, una corona
- Il lessico Louw-Nida suggerisce i seguenti campi semantici:
a Autorità per governare
B Giurisdizione
C Simbolo dell'autorità
D Governatore
e Controllo
f Potenza
G Potere soprannaturale
h Diritto di giudizio
Possiamo concludere che "diritto" e "autorità" sono entrambe traduzioni valide, e danno perfettamente il senso di che cosa significa diventare figli di Dio: infatti, non si tratta semplicemente di una scelta, ma di un vero e proprio diritto (ereditato per i meriti di Cristo), che comporta l'acquisizione di autorità nel mondo spirituale.
27. Quale potrebbe essere un piano sistematico biblico?
Non esiste un piano ideale, ma ci sono diverse app, programmi o iniziative che forniscono piani personalizzati e coinvolgenti, come YouVersion, laparola.net, Parole di vita e il canale whatsapp di Elpidio Pezzella. Il nostro consiglio è, comunque, quello di non abbandonare la lettura individuale della Bibbia, aperta agli spunti dello Spirito Santo. Per maggiori info, puoi leggere il nostro articolo Come posso avviare un piano efficace di studio biblico? nella sezione Studiare la Bibbia.
26. Si può tornare a servire se si è stati ammoniti per un periodo?
La riprensione non ha alcun senso se non mira a un ravvedimento del credente ed a un suo reinserimento nella comunità e nel servizio. Dobbiamo comprendere innanzitutto la mentalità di Dio, che non punisce in modo fine a sé stesso, ma piuttosto dà a chi sbaglia la possibilità di riflettere sui propri errori. Nella Bibbia abbiamo vari esempi di riprensione: Davide fu richiamato da Nathan a proposito dei suoi gravissimi peccati, ma poi, dopo un periodo molto triste dovuto alle conseguenze di tali errori, Dio stesso lo consolò donandogli un altro figlio, e fu ancora usato dal Signore per altre vittorie (2Sa:11,22). Lo stesso accadde a Pietro, che, pur essendo stato ripreso pubblicamente da Paolo per la sua ipocrisia (Ga 2:11-14), non smise di essere grandemente usato nell'apostolato con segni, miracoli e prodigi (At 9;10,11). Quando Paolo impone alla chiesa di Corinto di cacciare il fornicatore, specifica che è per la salvezza dello spirito (1Co 5:5) e crediamo di poter affermare che la parabola del figlio prodigo sia abbastanza eloquente circa il trattamento del Padre verso il figlio pentito: nessun rinfaccio, ma anzi doppio onore. Lo stesso Paolo si trovò a cambiare idea su Marco, inizialmente rifiutato come compagno di viaggio in quanto colpevole di indegnità (At 15:37-39), ma poi ripreso con sé e giudicato molto utile, evidentemente in seguito a buona condotta (2Tm 4:11).
25. Quando la Bibbia parla dell'intimità tra un uomo e una donna, spesso incontriamo l'espressione "si unì a lei". Si riferisce solo a un fatto carnale oppure anche spirituale?
Prima di rispondere a questa domanda, dobbiamo specificare che questa espressione è una traduzione: il testo greco dell'Antico Testamento (Septuaginta) presenta un'espressione che è traducibile con "entrò da lei", ma il senso non cambia e attiene proprio a una unione fisica. Per esempio, così è descritto l'incontro tra Giacobbe e Lea (Ge 29:3), Giacobbe e Bila (Ge 30:4), Giuda e Sua (Ge 38:2), Davide e Bath Sceba (1Sa 11:4; 12:24): non sempre, quindi, si tratta di unioni matrimoniali regolari.
L'intento di Dio è quello di unire la coppia in matrimonio per farne "una sola carne" (Ge 2:23-24), e questo si riferisce anche a uno stretto legame spirituale, oltre che fisico: ecco perché l'unione fra Cristo e la Chiesa è paragonata a un matrimonio. Lo scopo del matrimonio è, dichiaratamente, quello di fare un miracolo, e cioè fondere due esseri distinti in una singola e potentissima unità, cementificata attraverso l'amore, la sottomissione e il servizio reciproco.
Chiarito lo scopo di Dio per la coppia, però, dobbiamo sottolineare che la sua realizzazione non è garantita se non dalla maturità dei due coniugi e dalla loro volontà di collaborare per il bene comune. Alcuni fallimenti lampanti sono visibili anche nelle Scritture: per esempio, Abigail aveva uno spirito saggio e pacifico, molto diverso rispetto a quello dell'arrogante marito Nabal (1Sa 25:3-42), nonostante la donna non avesse alcuna responsabilità; in questo caso, Dio si comportò in modo diverso con i due, premiando Abigail e punendo Nabal.
Alcune coppie, invece, come Abramo e Sara o Isacco e Rebecca, sono presentate come modello di unione coniugale e di unità d'intenti; tuttavia, in una prima fase, questa complicità, priva di discernimento e di confronto costruttivo, provoca degli errori di valutazione, come quando sia Abramo che Isacco mentono nel presentare le proprie spose come sorelle (Ge 20:2; 26:7), o quando Abramo accetta passivamente l'idea di Sara di unirsi ad Agar (Ge 16:2). In questo caso, entrambi i coniugi pagarono le conseguenze dei loro errori.
Alcune dottrine moderne parlano dell'unione intima tra l'uomo e la donna come veicolo di influenze spirituali, positive o negative. Non troviamo, nella Bibbia, alcun luogo che confermi questa ipotesi; tuttavia, deduciamo che, ad esempio, se un uomo decide di intrattenersi con una prostituta, il peccato di lussuria, adulterio e ribellione è già attivo in lui prima che avvenga il rapporto. Come disse Gesù, infatti, indugiare nel pensiero del peccato equivale a commetterlo.
D'altra parte, esiste invece il problema delle influenze spirituali. Alcuni passi della Bibbia suggeriscono che la compagnia con persone non timorate di Dio ha conseguenze mortali ("Non vi ingannate: le cattive compagnie corrompono i buoni costumi", 1Co 15:33), ma è anche vero che il credente, con la sua buona testimonianza, santifica tutta la casa ("perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito, altrimenti i vostri figli sarebbero immondi; ora invece sono santi", 1Co 7:14).
Proprio per salvaguardare l'unità spirituale della coppia, che è unità spirituale con Dio stesso, Egli ha vietato le unioni illecite e peccaminose (adulterio, Mt 5:27-28; omosessualità, Le 18:22; fornicazione, 1Co 6:18; incesto. Le 18:6-18). Dio è santo e non può avere comunione con ciò che è impuro.
24. Due dubbi sulla Pasqua:
1. Da quel che leggiamo nella Bibbia, considerando anche il parallelo con l'Antico Testamento, sembra che la Pasqua cristiana debba servire a ricordare la morte di Gesù, piuttosto che la Sua risurrezione (in entrambi i casi, il pane e il vino fanno riferimento al sacrificio dell'agnello).
2. In inglese, il termine "Easter" fa riferimento a usanze pagane che riguardano il culto dei campi e che non hanno niente a che fare con la Bibbia. Si può ammettere l'introduzione di simboli pagani nella Pasqua, ad esempio il coniglio o l'uovo?
1. Il termine "Pasqua" traduce l'ebraico "pesàch" (passaggio). Come sappiamo, l'Antico Patto è anticipazione del Nuovo, ovvero il Nuovo è l'adempimento dell'Antico. Il passaggio del Mar Rosso da parte del popolo eletto, dalla schiavitù d'Egitto alla libertà verso una terra promessa da Dio, prefigura il passaggio del credente dalla schiavitù del peccato alla libertà in Cristo. Come gli Ebrei scamparono al faraone grazie al sangue dell'agnello asperso sugli stipiti delle porte delle case, così il credente viene risparmiato dalla morte eterna attraverso il sangue di Cristo, agnello perfetto, applicato al proprio cuore.
Da Ebreo, Gesù celebrò la Pasqua con i discepoli, ma lo fece spiegando che, da quel momento storico, Lui sarebbe stato l'adempimento della Pasqua, in quanto agnello sacrificale perfetto (infatti Paolo dirà che "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato", 1Co 5:7-8); in tal senso, mangiare la Pasqua sarebbe consistito, come anticipato in Gv 5 e 6, nel "mangiare la Sua carne e bere il Suo sangue", assumendo il pane e il vino, simboli del Suo corpo spezzato e del Suo sangue sparso per noi. Questa espressione significa che chi ha creduto nel sacrificio di Gesù può accedere a un'intima comunione con Lui, in quanto reso figlio di Dio e partecipe della natura umana e divina di Cristo, dunque Suo confratello (Mr 3:31-34; Rm 8:29).
Nell'ultima cena Gesù ci ha lasciato un'indicazione importante, che è quella di celebrare questo tipo di Pasqua, e cioè la santa cena con il pane e il vino, fino al Suo ritorno e al ristabilimento del Regno di Dio, momento in cui la Pasqua avrà il suo pieno compimento in quanto il "passaggio" dei redenti all'eternità sarà terminato e tutti i salvati saranno la Sua delizia particolare (Ap 18: 8; 20-24); a quel punto, Egli sarà saziato del frutto della vigna (Lu 22:1-18).
In questo senso, ogni volta che celebriamo la santa cena noi celebriamo la Pasqua, cioè ci ricordiamo del corpo e del sangue di Cristo donati per noi, per riscattarci dal peccato e dalla morte; in Atti 2:42-48, vediamo che la Chiesa primitiva celebrava la cena del Signore ogni giorno per le case dei credenti.
Il fatto, però, che Gesù avesse istruito i discepoli sulla Pasqua poco prima di essere ucciso, non significa che Egli volesse ricordare la Sua morte, ma solo che quello era l'ultimo momento utile per comunicare. Ciò che dà senso al nostro riscatto è la resurrezione, che, ovviamente, passa per la morte di Cristo; solo così si compie il "passaggio" dalla morte alla vita del credente, perché, risorgendo, Cristo ha vinto la morte.
2. A questo proposito, possiamo dire che i Giudei convertiti continuarono a celebrare la festività della Pasqua, non più come prescrizione della Legge, ma come ordinamento di Cristo; in Atti 15, infatti, è scritto che gli apostoli, riuniti in concilio a Gerusalemme, stabilirono di abrogare qualsiasi prescrizione esteriore della legge mosaica, per far posto all'osservanza della legge del cuore, ribadendo, però, i quattro punti fermi della Legge da cui non recedere (astenersi dal sangue, dagli idoli, dalla fornicazione e dagli animali soffocati).
I pagani, invece, conobbero e celebrarono la Pasqua nel modo prescritto da Gesù per la prima volta. Non ci risulta, dalle Scritture, che facessero diversamente o che osservassero altri rituali.
Il problema nasce in seguito alla lunga serie di compromessi insorti nella chiesa a partire dal terzo-quarto secolo: la fine delle persecuzioni ebbe un costo, e fu l'accettazione passiva del sincretismo religioso, ovvero l'invasione di riti e usi profani nelle cose della fede. È storia che i vari imperatori che acconsentirono alla tolleranza verso il cristianesimo (Teodosio e Costantino in testa) decisero, poi, di prenderne il controllo, fondando una chiesa di Stato che permettesse a chiunque di aderire alla fede "a buon mercato", senza liberarsi dalle pratiche idolatriche, magiche e superstiziose che erano tanto diffuse.
A nostro avviso, non è mai opportuna l'accettazione passiva di elementi o tradizioni atte a contaminare la genuinità della fede, in questo caso simboli superstiziosi e richiami alla prosperità; lo stesso Gesù rimproverò chi metteva la tradizione umana davanti alla Parola di Dio (Mr 7:8). Anche se non possiamo uscire dal mondo (1Co 5:10) abbiamo, invece, la possibilità di mantenerci puri da esso e di non inquinare le nostre menti con desideri e pensieri carnali (Gm 2:21-23).
23. Perché Satana non può ravvedersi?
Partiamo
da un principio basilare nella Bibbia: quello della responsabilità.
Possiamo definire "responsabilità" la facoltà di intraprendere liberamente una certa iniziativa, e di assumersene le conseguenze, di fronte alla conoscenza del bene e del male.
Secondo la giustizia perfetta di Dio, maggiore è la conoscenza, maggiore è la responsabilità nei confronti della scelta; maggiori, quindi, sono anche le conseguenze della trasgressione (si veda l'approfondimento nell'editoriale La gloria accessibile a pochi, nella sezione Editoriali).
La conoscenza degli esseri viventi non è uguale per tutti, ma dipende dalla loro natura; per cui angeli, uomini e animali hanno un diverso grado di conoscenza, che, seguendo questo ordine, è decrescente.
Gli angeli sono creature di natura spirituale (Eb 1:14), anche se hanno una personalità, e sono stati creati con lo scopo di adorare Dio (Sl 148:2) e aiutarlo nella Sua interazione esterna con gli uomini (At 8:26; Ap 22:9). La loro collocazione è in cielo (Sl 148:1), dove compaiono al cospetto di Dio (Gb 1:6; 2:1), e contemplano il Suo trono e la Sua gloria di continuo, al punto che la loro lode è spontanea e ininterrotta (Ap 5:8-13). Conoscono bene la Parola di Dio (Gm 2:19; Ap 12:12) ed hanno poteri soprannaturali, come trasformarsi in esseri umani (At 10:3) e maneggiare gli elementi della natura (Ap 7:1).
Gli uomini sono creature di natura terrena (Ge 2:19) e sono stati creati per moltiplicarsi e riempire la terra (Ge 1:28), oltre che per avere comunione con Dio (Ge 1:26). La loro vita, però, si svolge sulla Terra; non vedono Dio direttamente (morirebbero, Es 33:20) e lo conoscono in modo imperfetto, ma lo percepiscono attraverso una comunione intima e intenzionale con Lui, attraverso lo Spirito Santo, che agisce internamente, se essi lo consentono (1Co 6:19; 2Co 13:13).
Gli animali sono stati creati per l'uomo (aiuto/compagnia) e sono sottoposti a lui, per cui hanno una libertà limitata e relativa (Ge 1:26; 30). Non hanno lo spirito, per cui non possono interagire con Dio attraverso lo Spirito Santo, e obbediscono all'istinto di sopravvivenza, anche se la loro anima gli permette di avere sentimenti ed emozioni.
Da quel che sappiamo attraverso la Bibbia, agli angeli non è stato dato di alcun avvertimento circa la trasgressione, evidentemente perché contemplano a occhi aperti Dio e la Sua Parola (Is 6:2-7), anche se non hanno preveggenza (Mt 24:36); l'uomo, invece, a cui è stata impedita la visione di Dio, è stato espressamente avvisato da Lui all'atto della sua creazione. Diversamente, gli animali non vivono il problema etico del bene e del male, perché agiscono per istinto (Amos:3-4; 1Sa 17:34;2Re 2:23-24).
Vogliamo aggiungere un'altra osservazione. L'uomo è caduto nel peccato perché ingannato da Satana (Ge 3:1), mentre Satana ha peccato perché si è innalzato contro Dio, cercando di spodestarlo (Is 14:12-15). Questo non toglie gravità al peccato in sé, ma aggrava la responsabilità del nemico, il quale, oltre ad essere caduto, cerca di trascinare altri nella morte eterna.
Ricapitolando:

Satana
sapeva fin dal
principio a cosa sarebbe andato incontro, ma il suo orgoglio lo accecò (Is
14:13). Lo stesso Isaia si mostra meravigliato di questa tracotanza (Is
14:12), ma la verità è che "la superbia precede la rovina, e lo spirito
altero precede la caduta" (Pr 16:18); non c'è intelligenza né
lungimiranza nel peccato. La gravità del peccato di Satana è data dal
disprezzo del proprio privilegio (era l'angelo più bello di tutti, Lucifero) e
dal tentativo di spodestare Dio, abusando della propria posizione e manipolando
intere schiere di angeli; egli non ha scuse, e non ne ha mai avute, perché ha
visto Dio fin dal principio ed è stato da Lui onorato, ma, nonostante ciò, Lo
ha misconosciuto.
22. Che cos'è la "mezza tribù" di Manasse e chi è Manasse?
La storia della mezza tribù di Manasse è narrata soprattutto in Numeri 32 e Giosué 13, nel contesto della divisione della terra di Canaan tra le tribù israelite.
La mezza tribù di Manasse è il risultato di una richiesta fatta da alcuni membri della tribù di Manasse a Mosè durante il periodo dell'esodo, insieme alle tribù di Ruben e Gad. Quando gli Israeliti si stavano preparando per entrare nella terra promessa, Ruben, Gad e mezza tribù di Manasse chiesero a Mosè di assegnare loro una porzione di terra a est del Giordano.
Il motivo di questa richiesta può essere attribuito alle esigenze di pascolo per il bestiame; inoltre, queste tre tribù erano soddisfatte delle terre a est del Giordano e non desideravano attraversare il fiume per prendere parte alla conquista della terra di Canaan a ovest del Giordano: "Or le greggi dei figli di Ruben e le greggi dei figli di Gad erano molto numerose; e videro la terra di Iazer e la terra di Gilead e videro che il luogo era un luogo per greggi. Vennero dunque i figli di Gad e i figli di Ruben e parlaron a Mosè e al sacerdote Eleazaro e ai capi dell'assemblea, dicendo: «Ataroth, Dibon, Iazer, Nimra, Hesbon, Eleale, Sebam, Nebo e Beon, il paese che il SIGNORE ha percosso davanti all'assemblea d'Israele è un luogo per greggi, ed i tuoi servi hanno greggi. Prego dunque che si dia il paese in eredità ai tuoi servi, che ci fai passare il Giordano» (Nu 32:1-5)
Mosè acconsentì alla richiesta, a condizione che essi partecipassero comunque alla conquista della terra a ovest del Giordano. Queste tribù mantennero la loro parte della promessa e contribuirono all'impresa della conquista di Canaan.
Ma chi era Manasse?
Manasse era uno dei due figli di Giuseppe, che era a sua volta uno dei dodici figli di Giacobbe. Manasse e suo fratello Efraim furono adottati da Giacobbe come suoi figli, e divennero così capi di tribù a tutti gli effetti; infatti, Manasse è spesso menzionato nella narrazione biblica come uno dei capi delle dodici tribù di Israele.
Stando al racconto biblico, in Genesi 48, Giacobbe in punto di morte benedisse i figli di suo figlio Giuseppe, ma pose la sua mano destra su Efraim, il più giovane, e la sua mano sinistra su Manasse, il primogenito, incrociando le mani. Questo atto sorprese Giuseppe, ma Giacobbe spiegò che Efraim avrebbe avuto una discendenza più grande di quella di Manasse. Ecco le parole di Giacobbe in Genesi 48:19: "(…) egli diventerà anche lui un popolo e anche lui sarà grande; nondimeno il suo fratello minore sarà più grande di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni.'"
In seguito, durante la storia biblica, la tribù di Efraim divenne effettivamente una delle tribù più influenti e numerose di Israele. Il termine "Efraim" venne talvolta usato per riferirsi a tutto il Regno del Nord (Israele) nel periodo post-conquista, indicando l'influenza preminente della tribù di Efraim in quella regione. Quindi, la profezia di Giacobbe è stata interpretata come un riconoscimento profetico del futuro ruolo prominente della tribù di Efraim rispetto a Manasse.
21. Se Gesù dice che Giovanni il Battista era Elia, perché Giovanni negò di esserlo?
Leggiamo il passo di riferimento:
E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: «Chi sei tu?». Egli lo dichiarò e non lo negò, e dichiarò: «Io non sono il Cristo». Allora essi gli domandarono: «Chi sei dunque? Sei tu Elia?». Egli disse: «Non lo sono!». «Sei tu il profeta?». Ed egli rispose: «No!». Essi allora gli dissero: «Chi sei tu, affinché diamo una risposta a coloro che ci hanno mandato? Che dici di te stesso?». Egli rispose: «Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia» (Giovanni 1:19-23).
In Matteo 11:14, però, Gesù afferma che "egli è l'Elia che doveva venire". Perché?
Indubbiamente, sia Gesù che Giovanni dicevano la verità; Giovanni, dunque, si presentò in base alla propria identità, definendosi "voce" e specificando il proprio ruolo profetico e subordinato al Messia.
Tuttavia, Gesù utilizzava spesso un linguaggio simbolico e metaforico, per non farsi comprendere dai duri di cuore e d'orecchi; dunque, si riferì a Giovanni come il nuovo Elia, per confermare l'autorità del Battista nel preparare la via al Messia e per indicarne la tempra spirituale.
Per maggiori dettagli, vedi la Questione n. 4.
20. Molte volte mi è capitato che Dio mi parlasse per una determinata cosa, e poi, nella fattispecie, non è andata così. Perché?
Vista la complessità dell'argomento, ti suggeriamo di consultare l'articolo Come posso sapere se è Dio che mi sta parlando? in Vita cristiana pratica.
19. I nostri animali domestici li ritroveremo in cielo? In cielo si lavorerà? Come si può rispondere a queste domande con la Bibbia?
La prima domanda è stata trattata nella Questione n. 10 (scorrere la pagina).
Quanto alla seconda domanda, la risposta è NO. Diamo un'occhiata ad alcuni passi.
In Romani 8:18-21, Paolo afferma: "Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi. La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio".
In altre parole, l'apostolo spiega che l'attuale creazione è solo l'ombra della futura nuova creazione di Dio, che risplenderà della Sua gloria e non conterrà alcun elemento di sofferenza o caducità. Infatti, in Apocalisse 21:4, è scritto che nella Nuova Gerusalemme, ovvero la nuova terra in cui abiteremo per sempre con Dio, "non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate", e Dio promette di dare "a colui che ha sete gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio" (vv.6-7). Anche in Romani 8:23 Paolo conferma che "gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo": infatti avremo un corpo nuovo, spirituale (1 Co 15:52).
Dunque, in cielo avremo corpi spirituali e godremo di beni spirituali, e cioè, come abbiamo letto, l'essere finalmente e concretamente figli di Dio, essendo sempre in Sua presenza ("La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello", Ap 21:23). Che si tratti di beni spirituali ce lo conferma anche Gesù quando dice ai Suoi discepoli: "Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano", Matteo 6:19-21.
Cosa faremo, dunque, in cielo? Nulla che possa procurarci affanno, come abbiamo visto. Non ci sarà alcun bisogno di lavorare, perché non ci sarà bisogno di mangiare o di cose materiali per la sopravvivenza, in quanto avremo un corpo glorificato, spirituale, ma, soprattutto, in quanto entreremo nell'eternità (Gv 3:16). Contempleremo Dio faccia a faccia e, come tutte le creature spirituali che lo servono, lo adoreremo in eterno (Ap 4:8-9; 5:8, 11, 14; 7:11; 14:3; 19:4).
18. Perché è scritto che "Rachele rifiuta di essere consolata"? (Mt 2:18; Gr 31:15)
Leggiamo l'intero paragrafo, in Matteo: 16-18:
Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi. Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.
E cosa aveva detto il profeta Geremia? Leggiamo Geremia 31:15-16:
Così dice il Signore: «Una voce si ode da Rama,
lamento e pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
rifiuta d'essere consolata perché non sono più».
Dice il Signore:
«Trattieni la voce dal pianto,
i tuoi occhi dal versare lacrime,
perché c'è un compenso per le tue pene;
essi torneranno dal paese nemico.
Come sappiamo, le profezie bibliche hanno:
1- un adempimento a breve termine e uno a lungo termine.
2- un significato letterale e uno spirituale
1a. Adempimento a breve termine. La profezia di Geremia ebbe la sua prima realizzazione quando i giovani forti di Israele vennero deportati a Babilonia, provocando il dolore di Israele.
1b. Adempimento a lungo termine. Il Vangelo di Matteo specifica che, quando Erode sterminò un'intera generazione di bambini, si adempì la scrittura di Geremia 31:15.
2a. Significato letterale. Nel Vangelo la profezia si riferisce allo sgomento di Israele per la strage degli innocenti da parte di Erode, mentre nel brano di Geremia, esplicitamente richiamato da Matteo, il dolore è provocato dall'esilio dei giovani Israeliti in seguito alla deportazione a Babilonia.
2b. Significato spirituale. Cos'hanno in comune le due profezie? Rachele è figura di Israele (in quanto moglie prediletta di Giacobbe, ma che stenta a partorire figli suoi), e in entrambi i casi piange e non vuole essere consolata, ma, in Geremia, Dio la esorta ad asciugare il suo pianto, perché l'esilio finirà e ci sarà un tempo di restaurazione. In breve, Israele si trova in stato di lutto e non riesce a trovare la consolazione del Signore. Piange perché i suoi figli muoiono spiritualmente, in quanto non afferrano la salvezza, ma allo stesso tempo rifiuta la consolazione, che poi è la soluzione. Perché?
L'unico modo per ottenere vera consolazione è accogliere Gesù nel proprio cuore. Se qualcuno non riesce a trovare pace e conforto, può essere solo per aver respinto il principe della pace, Gesù. Israele, stando anche alle parole di Gesù, aveva maltrattato e ucciso tutti i profeti mandati da Dio, e Gesù stesso non fu riconosciuto dalla maggior parte dei Suoi compaesani (Gv 1:10); non riuscì neanche a fare molti miracoli a causa della loro incredulità (Mt 13:58).
Israele venne colpita molte volte da Dio a causa della propria ribellione, e sia la deportazione, sia la strage dei bambini dai due anni in giù, furono tragedie permesse per far sì che il popolo piegasse il cuore al Signore, permettendogli, così, anche di intervenire con la Sua consolazione. Ancora una volta, però, Israele indurì il suo cuore.
Come promesso in Geremia 31, però, il Signore è pronto a intervenire in favore di chiunque gridi a Lui, ed ha promesso che ci sarà un residuo che conoscerà la salvezza anche tra gli Israeliti (Romani 9:27).
17. Si considera sposata, secondo la Bibbia, una donna che ha avuto figli da un uomo senza essersi sposata con lui legalmente?
Vista la complessità dell'argomento, ti suggeriamo di consultare l'articolo Quando una coppia si considera sposata e quando no? in Vita cristiana pratica
16. Gradirei ricevere approfondimenti su Matteo 5:19:
Chi, dunque, avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli.
Questo versetto si spiega sicuramente calandolo nel suo contesto. Poco prima Gesù aveva specificato di essere venuto "non per abrogare, ma per portare a compimento la legge e i profeti" (v.17); questo significa due cose:
· Gesù non è venuto per delegittimare la Legge, che è buona, in quanto ci spiega come funziona la giustizia di Dio (Ro 7:12)
· Gesù non è venuto, però, neanche a rinnovare il vecchio patto di Dio con Israele, perché esso è stato sostituito dal nuovo patto con l'umanità intera, attraverso il sangue di Cristo (Ro 8:13; Eb 8), grazie al quale la Legge è stata scritta nei nostri cuori (Ge 31:33)
· Gesù è venuto per delegittimare l'osservanza farisaica dei comandamenti, che consisteva nel "colare il moscerino e inghiottire il cammello (Mt 23:24). Al v. 20, infatti, Gesù ribadisce: "Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli"; come afferma subito dopo, infatti, la trasgressione avviene già quando la mente ha partorito il peccato, e non solo all'atto pratico.
· Gesù è venuto per ribadire che l'osservanza dei comandamenti consiste in "giustizia, misericordia e fede" (Mt 23:23; Os 6:6), ciò che i farisei avevano trascurato, applicandosi invece al rispetto di precetti e norme esteriori.
Dio sa che siamo del tutto incapaci di osservare i comandamenti se il nostro cuore non viene trasformato dalla Sua grazia; dunque, solo i nati di nuovo potranno accedere al regno dei Cieli, e saranno glorificati se avranno insegnato la vera e unica Via. Coloro, invece, che avranno rifiutato il sacrificio di Cristo e, dunque, non saranno stati purificati dalla vecchia mentalità, saranno chiamati minimi nel regno; ma il peggio è che, ovviamente, non potranno neanche accedervi.
15. La Bibbia permette il divorzio in caso di violenza domestica?
Vista la complessità dell'argomento, ti suggeriamo di consultare l'articolo Divorzio e nuove nozze: quando è possibile? nella sezione Vita cristiana pratica
14. Cos'è o chi è ciò che trattiene la manifestazione del figlio della perdizione in 2 Tessalonicesi 2:6-7?
"Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, l'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio. Non vi ricordate che quand'ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti, il mistero dell'empietà è già in atto, soltanto c'è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l'empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l'apparizione della sua venuta", 2 Tessalonicesi 2:1-8.
In questo passo, Paolo sta parlando dell'anticristo, che, alla fine dei tempi, raggiungerà il massimo dell'empietà sedendosi nel Tempio e proclamandosi Dio; ci sono riferimenti a questo evento anche in Daniele 11:31 (Forze da lui mandate si leveranno per profanare il santuario-fortezza, sopprimeranno il sacrificio continuo e vi collocheranno l'abominazione che causa la desolazione) e Daniele 12:11 (Ora, dal tempo in cui sarà abolito il sacrificio continuo e sarà eretta l'abominazione che causa la desolazione, vi saranno milleduecentonovanta giorni), oltre che nel sermone profetico di Gesù («Quando dunque avrete visto l'abominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge intenda)», Mt 24:15).
Se l'anticristo prenderà il controllo della terra, sarà solo perché Dio glielo permetterà, sia chiaro.
Al tempo stabilito, gli sarà dato potere "per 42 mesi" (Ap 13:5) di "far guerra ai santi e vincerli" (Ap 13:7; Da 7:21), fino al glorioso ritorno di Cristo, che ristabilirà il Suo regno (Ap 20:2-7).
13. "Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la salverà" (Lc 17:32-33). In genere, per i protagonisti delle parabole c'è una sola possibilità di scelta, o di fare il bene, o di fare il male; invece, per l'uditorio delle parabole sembra che ci sia una seconda possibilità di scelta. Perché, se Dio è giusto giudice?
In realtà, solo gli angeli hanno una sola possibilità di scelta: adorare e servire Dio, oppure no. Anche se non siamo in grado di percepirlo, Dio dà infinite possibilità all'essere umano, e questo sin da quando l'uomo è stato creato. Infatti, per ben 14 volte Dio definisce sé stesso "misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità". La stessa moglie di Lot avrà avuto infinite possibilità di ravvedersi prima che arrivasse la distruzione; ma, quando Abramo si mise a intercedere presso Dio in favore di Sodoma, il Signore gli rivelò che non c'era più speranza per quella città, in quanto in essa non c'era neppure un giusto (Gn 18:23-33). La prova è che, nella Sua compassione, Dio aveva deciso di salvare l'intera famiglia di Lot, compresa la moglie; ma essa, anziché cogliere l'occasione, aveva guardato indietro, dimostrando che il suo cuore era legato al peccato.
Anche nel caso degli abitanti di Ninive, vediamo che Dio non mandò a effetto la profezia di distruzione, perché essi si erano ravveduti (Giona 3). "Io provo forse piacere se l'empio muore?», dice il Signore, DIO. «Non ne provo piuttosto quando egli si converte dalle sue vie e vive?" (Ezechiele 18.23).
12. Che cosa vuol dire "se non ascolterà l'assemblea, sia per te come un pagano o un pubblicano"? (Mt 18:17)
Riproponiamo il passo per intero, in modo da poter fare riflessioni adeguate.
Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
Iniziamo a specificare che questa indicazione non è un invito a non perdonare; Gesù ha insegnato che il perdono va dispensato all'infinito, e solo qualche verso più tardi, alla domanda di Pietro sul numero di volte in cui attivare il perdono, Gesù risponde: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette», Mt 18:21.
Il perdono va dato in modo incondizionato, ma c'è una cosa che non si può trascurare: il ravvedimento della persona che ha sbagliato, che è tanto importante quanto può mettere in discussione la salvezza dell'anima. Il consiglio di Gesù è attuare una serie di richiami sempre più pressanti, al fine di indurre la persona ad ammorbidirsi; l'ultima spiaggia, ad un eventuale rifiuto persistente, è privare della comunione fraterna il peccatore impenitente. La conferma ci viene dalla sentenza dell'apostolo Paolo di fronte a un sedicente credente che conviveva con la moglie del padre: "nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore" 1Co 5:4-5.
Il pagano e il pubblicano erano figure che non avevano nulla a che fare con il popolo di Dio, e avevano la caratteristica di condurre una vita non santa, piena di peccato e sfidante la signoria di Dio (il pubblicano era il riscossore dei tributi, che si accaparrava gli appalti con truffe e comportamenti corrotti); Gesù sta dicendo che chi non si ravvede si rende simile a questi personaggi, e come tale va trattato. Solo la durezza di un provvedimento del genere può indurre una riflessione, e, quindi, un pentimento sincero.
11. In Apocalisse 20:4 si parla dei credenti vissuti durante la "grande tribolazione"? Che cos'è la "prima resurrezione"?
Abbiamo ritenuto di poter dare un'unica risposta a entrambe le domande che ci sono pervenute. Leggiamo il testo in questione:
Poi vidi dei troni. A quelli che vi si misero seduti fu dato di giudicare. E vidi le anime di quelli che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano ricevuto il suo marchio sulla fronte e sulla mano. Essi tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni. Gli altri morti non tornarono in vita prima che i mille anni fossero trascorsi. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la morte seconda, ma saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui quei mille anni, Apocalisse 20:4-6.
Dobbiamo fare una necessaria premessa: noi non pretendiamo di avere in tasca la rivelazione perfetta dell'Apocalisse, che è un libro escatologico e, quindi, fortemente criptico. Pertanto, specifichiamo che le nostre linee guida sull'Apocalisse sono frutto della nostra interpretazione, che può divergere da altri tipi di teologie.
Secondo le nostre deduzioni, dunque, contestualmente al rapimento della Chiesa, avverrà la "prima resurrezione", che riguarderà tutti coloro che sono morti in Cristo fino a quel momento, martiri e non. Leggiamo, infatti, in 1Tessalonicesi 4:15-17: "Ora vi diciamo questo per parola del Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati, perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore.
Confrontando questi due passi, ricaviamo che:
- Poco prima del rapimento della Chiesa, ci sarà una prima risurrezione di tutti coloro che sono morti in Cristo e non hanno ceduto all'influenza di Satana
- Queste persone regneranno con Cristo per mille anni
- Al termine di questo periodo, queste persone saranno sedute su dei troni per giudicare il resto dei morti, all'atto del giudizio universale e, quindi, della seconda resurrezione (Apocalisse 20:11-15; Daniele 12:2)
10. I nostri animali saranno con noi in Paradiso?
Un'antica leggenda indiana racconta che, quando un animale finisce la sua vita terrena, raggiunge il "ponte dell'arcobaleno", una sorta di percorso celeste che lo porta dritto in Paradiso; qui non piove mai, c'è un'atmosfera totalmente idilliaca e l'animale viene consolato dal male eventualmente ricevuto sulla Terra, mentre aspetta pazientemente il suo padrone. La gioia raggiunge il culmine quando, infine, lo vede spuntare dall'arcobaleno per godere insieme a lui l'eternità.
Ultimamente, complice il web, questa leggenda sta letteralmente spopolando anche tra i cristiani, molti dei quali hanno preso l'abitudine di augurare "buon ponte" al proprio amico peloso che se n'è appena andato. E qui, a mio avviso, dovrebbe accendersi un campanello d'allarme; perché le parole, si sa, tradiscono le nostre reali convinzioni. E, allora, per quale ragione dovremmo augurare "buon ponte" al nostro amico peloso (e non)?
Ci sono almeno due elementi che richiedono un punto di domanda: 1) gli animali possono andare in Paradiso? 2) il Paradiso è la meta finale di tutti, come narra la leggenda?
Non c'è neanche bisogno di sottolineare che tale leggenda non ha riscontro nelle Scritture; se, però, diciamo che il nostro unico fondamento è la Parola, dovremmo stare in guardia davanti a simili contraffazioni; qui si parla, infatti, di eternità e Paradiso, due elementi che sono cruciali per il cristiano. E sappiamo che può bastare veramente poco per inquinare la nostra condotta nella fede.
Consideriamo questo verso chiave: "Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna", Gv 3:16. Possiamo già rispondere a entrambe le domande che ci siamo posti, perché apprendiamo che la vita eterna è promessa solo a chi crede in Gesù; ma, a questo punto, chiediamoci: può, l'animale, credere in Gesù? Andiamo per step.
a. L'animale non può avere fede. Sia l'uomo che l'animale hanno il soffio vitale (Ec 3:19), ma solo l'uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio, cioè è trinitario, provvisto di corpo, anima e Spirito. In virtù di questa "superiorità", l'uomo ha anche ottenuto da Dio il dominio sugli animali (Gn 1:26). Non solo, dunque, l'animale non ha lo spirito, che è ciò che consente all'uomo di rivolgersi a Dio (Mt 6:33), di concepire l'eternità (Ec 3:11), di esercitare doni carismatici (1Co 14:12), ecc., ma il destino dell'animale è deciso dall'uomo.
b. L'animale non necessita di redenzione, dunque del sangue di Gesù. Non è in condizione di peccare, poiché mosso da istinto, e non dalla coscienza del bene e del male e dal conseguente libero arbitrio. Quando Pietro descrive i credenti che si oppongono alle autorità, li paragona a "bestie prive di ragione, destinate per natura a essere catturate e distrutte" (2Pi 2:12). L'animale è destinato, per natura, alla cattura e sopraffazione: pesci, volatili, mammiferi e insetti sono parte dell'ecosistema, e sono fatti per essere prede, sia degli animali stessi, che dell'essere umano (su questo punto ritorneremo). L'animale che uccide, per fame o per territorialità, non ha colpe da espiare; allo stesso modo, nessun animale può essere giudicato meritevole per opere. Il fatto che alcuni animali possano dare adito a comportamenti affettuosi (che vanno ben compresi e contestualizzati, come vedremo), non cambia tali realtà: il Signore non è intenzionato a fermare il funzionamento dell'ecosistema. Infatti, Egli ci ha imposto di non uccidere alcun uomo (Es 20:13), ma ci ha chiarito quali animali possiamo uccidere per mangiare e quali no (Dt 14).
Attenzione: Dio ha concesso all'uomo di uccidere animali per vestirsi (Gn 3:21), per nutrirsi (Gn 6:21) e per fare sacrifici (Gn 4:4), ma questo non implica che Egli tolleri i nostri comportamenti violenti verso di essi. In Deuteronomio 22:1-7 si raccomanda di avere cura e misericordia degli animali smarriti e dei piccoli caduti dal nido, se si vuole prosperare e vedere giorni felici; inoltre, Dio odia chiunque ami la violenza (Sl 11:5) e ci ricorda che "il giusto ha cura della vita del suo bestiame" (Pr 12:10).
c. La descrizione della Nuova Gerusalemme, cioè del Paradiso, non contempla la presenza degli animali (Ap 21-22). Attenzione: non dobbiamo confondere l'eternità con Dio con il periodo circoscritto del millennio. Durante il regno millenario di Cristo sulla Terra, infatti, ci saranno animali; leggiamo in Isaia (11:6; 65:25) che sarà un regno di pace e giustizia tale, che le bestie pacifiche convivranno con quelle feroci, cioè non ci sarà posto per la minima violenza, neanche per quella generata naturalmente dall'ecosistema. La presenza degli animali si spiega col fatto che questo tipo di regno sarà instaurato sulla Terra, il cui ambiente prevalente è quello naturale (flora e fauna). Ma il Paradiso è il premio ultraterreno per "quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello" (Ap 21:27) e per "quelli che lavano le loro vesti" (Ap 22:14): lì non ci sarà più spazio per alcunché di terreno. Il Sole stesso sarà sostituito dalla presenza di Dio, per cui non sarà più possibile il funzionamento di un ecosistema come quello terreno, e i nostri stessi corpi saranno corpi non naturali, ma glorificati.
Osserviamo, inoltre, questo
verso: "Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli
idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna" (Ap 22:15). In questo caso,
è chiaro che i "cani" sono da intendersi, spiritualmente, come anime con
caratteristiche tali da precludersi la salvezza. Ma ragioniamo: se i cani
fossero meritevoli del Paradiso, avrebbe ancora senso questo verso?
È curioso come il cane abbia sempre un'accezione negativa nelle Scritture, contrariamente a quanto potremmo aspettarci (suggeriamo di approfondire l'argomento nella Questione biblica dedicata, in questa pagina). A prescindere da quale possa essere il motivo, però, sembra proprio che la presenza del cane nel Paradiso di Dio sia da escludere a priori.
A questo punto, come spiegarci i comportamenti quasi "umani" di certi animali? Come interpretare il loro affetto e la loro empatia nei nostri confronti? E, soprattutto, come rassegnarci alla loro dipartita?
Dio ha creato gli animali per la Sua gloria (Gn 1:20-22) e ha voluto salvarli dalla distruzione del diluvio universale affinché ripopolassero la terra (Gn 6). Alcuni animali hanno caratteristiche lodevoli e addirittura esemplari per l'uomo, come la saggezza e la laboriosità della formica (Pr 6:6); altri, invece, possono essere utilizzati per la compagnia e si inseriscono in famiglia come veri e propri componenti del nucleo, come l'agnella della storia che Nathan racconta a Davide ("era cresciuta insieme a lui e ai suoi figli, mangiando il suo cibo, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia", 2 Sa 12:3).
Gli animali hanno un'anima: ciò vuol dire che provano emozioni e sentimenti. Sarebbe sbagliato, però, interpretare l'attaccamento di un cane al proprio padrone come un atto di amore incondizionato, che è un amore che solo un cuore rinato in Cristo può provare. Il cane ha un comportamento che ricorda molto da vicino quello del bambino o del lattante: traduce la dipendenza dall'adulto in atti di affetto, festeggiamenti e varie forme di attaccamento. Possiamo facilmente notare che tali manifestazioni si diradano in proporzione al grado dell'autonomia dell'animale dall'uomo.
Spetta a noi cristiani avere un modus operandi equilibrato in ogni tipo di relazione, alla luce della Scrittura. Gli animali sono un dono speciale per noi esseri umani, ma il dono non deve essere amato più del Donatore.
Dio ci benedica!
9. Chi sono i "figli di Dio" di Genesi 6:2;4 e Giobbe 1:6;2:1? Possiamo ipotizzare che siano extraterrestri?
Rispondiamo alla domanda di un nostro follower sulla natura dei "figli di Dio", che compaiono in Genesi 6:2;4 e Giobbe 1:6;2:1.
Vogliamo fare una premessa. Esistono tante speculazioni su questo tema, alcune delle quali propongono soluzioni piuttosto originali. I dati che ricaviamo dalla Parola, però, ci consentono unicamente di fare ipotesi sensate o di scartare quelle inverosimili.
Leggiamo il primo passo:
Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle figlie, avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte. Il SIGNORE disse: «Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l'uomo poiché, nel suo traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni dureranno quindi centoventi anni». In quel tempo c'erano sulla terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi. Il SIGNORE vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo. Il SIGNORE si pentì d'aver fatto l'uomo sulla terra, e se ne addolorò in cuor suo. E il SIGNORE disse: «Io sterminerò dalla faccia della terra l'uomo che ho creato: dall'uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del SIGNORE. Questa è la posterità di Noè. Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio. Noè generò tre figli: Sem, Cam e Iafet (Genesi 6:1-10).
In sostanza, viene rimarcata una distinzione tra i "figli di Dio" e le "figlie degli uomini" che fa pensare. Ma andiamo con ordine. Dai versi in questione emerge che:
- I figli di Dio si innamorarono delle figlie degli uomini e si unirono a loro
- Da questa unione nacquero i giganti
- I giganti erano i potenti della terra, eroi dei tempi antichi
- Dio fissò l'età dell'uomo a 120 anni, perché la malvagità umana era grande
- Dio deliberò di sterminare gli uomini dalla terra ma scampò il giusto Noè con la sua famiglia
Quali sono le ipotesi che possiamo iniziare a scartare?
a. I figli di Dio sono angeli. Questa possibilità è da scartare perché:
- Gesù, rispondendo ai sadducei, che credevano che alla resurrezione ci si potesse risposare, specificò che gli angeli hanno fattezze spirituali e non si sposano (Mc 12:24): "Ma Gesù, rispondendo, disse loro: «Non è proprio per questo che siete in errore, perché non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio? Infatti, quando gli uomini risusciteranno dai morti, né si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno come gli angeli in cielo".
Dunque, Gesù ha escluso che gli angeli possano sposarsi.
- Qualcuno potrebbe obiettare che gli angeli siano stati creati con un corpo compatibile con l'accoppiamento con donne, per quanto avessero avuto il divieto di unirsi carnalmente ad esse.
Innanzitutto, ci sembra paradossale che Dio possa aver fatto una cosa del genere, cioè creare gli angeli con un potenziale non solo inutile, quanto proibito e pericoloso. Se Dio non voleva che gli angeli si accoppiassero con le donne, perché li avrebbe dotati di un apparato riproduttore? Non esiste alcun essere della creazione che sia stato dotato di parti inutili e fini a sé stesse, poiché la creazione di Dio è perfetta e gloriosa, e rispecchia i Suoi attributi (Salmo 19).
Secondariamente, il confronto che Gesù instaura tra il corpo glorificato dei risorti in Cristo e quello degli angeli ci fa dedurre che il corpo degli angeli è anch'esso un corpo spirituale e non corruttibile. In particolare, del corpo dei risorti è scritto che "Il Signor Gesù Cristo… trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al Suo corpo glorioso" (Fl 3:21); "E come abbiamo portato l'immagine del terrestre, porteremo anche l'immagine del celeste. Or questo dico, fratelli, che la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non eredita l'incorruttibilità (1Co 15:49-50). Se, dunque, gli angeli, al pari dei risorti in Cristo, hanno un corpo dalle caratteristiche incorruttibili, vuol dire che il loro corpo non ha caratteristiche umane; l'apostolo Paolo, infatti, sottolinea che il corpo glorificato non è di carne e sangue, e rimarca la differenza netta tra ciò che è terrestre e ciò che è celeste, ciò che è corruttibile e ciò che è incorruttibile.
Quali sono, invece, le ipotesi a cui non possiamo dare una risposta?
b. I figli di Dio sono extraterrestri. Per quanto fantasiosa, quest'ipotesi non si può confutare, se ci riferiamo ai solo dati ricavabili dalle Scritture. Infatti, esse non ci dicono assolutamente nulla riguardo a:
- La vita su altri pianeti
- L'esistenza di altri pianeti con caratteristiche compatibili con la vita umana
- Eventuali esseri viventi non umani, ma con caratteristiche compatibili con gli umani
- Eventuali contatti fra esseri non terrestri ed umani
Tuttavia, questa ipotesi rimane debole, perché i pochissimi passi biblici riferiti ai figli di Dio non forniscono elementi sufficienti per desumere che essi abbiano caratteristiche "aliene". O meglio: essi hanno caratteristiche fuori dal comune (vedremo perché), ma non per questo collegabili a una provenienza extraterrestre.
Una cosa è certa: se esiste una qualche forma di vita su altri pianeti, Dio ha preferito non farcelo sapere!
A questo punto, qual è l'ipotesi che ci sembra più verosimile e supportata?
c. I figli di Dio sono i discendenti di Adamo che passano per la linea di Seth (che, tra l'altro, coincide con la genealogia di Gesù- 1Cr 2; Mt 1; Lc 3), e cioè uomini che hanno scelto di seguire Dio e di vivere per fede, in contrapposizione ai figli degli uomini, discendenti di Caino, che hanno amato il peccato e si sono allontanati da Dio. "Anche a Seth nacque un figlio, e lo chiamò Enosh. Allora si cominciò a invocare il nome dell'Eterno".
Analizziamo le prove.
- I "figli di Dio" non spuntano come funghi, ma all'interno di un contesto in cui sono assolutamente identificabili. In Genesi 5, infatti, viene elencata la discendenza di Adamo attraverso Seth, il figlio donatogli da Dio dopo che Abele era stato ucciso da Caino; subito dopo, il capitolo 6 esordisce con i "figli di Dio", come se il termine fosse sinonimo dei personaggi nominati poco prima: la discendenza di Seth, per l'appunto.
La stessa cosa avviene anche nel libro di Giobbe: subito dopo aver parlato della famiglia di Giobbe, la Parola ci dice che i "figli di Dio" si presentarono davanti all'Eterno per due volte, e in entrambe le occasioni Satana si presentò anch'egli per insinuare malignità su Giobbe e ottenere da Dio potere distruttivo sulla sua vita (Gb 1:6; 2:1).
- È interessante notare che Seth viene definito "a immagine e somiglianza di Adamo", il quale, a sua volta, è stato creato "a immagine e somiglianza di Dio" (Gn 5:1-2). Di Caino non si afferma mai una cosa del genere, né tantomeno della sua discendenza. Non solo: in Luca 3:23, Adamo è chiamato "figlio di Dio". Se Seth era a immagine e somiglianza di Adamo, quindi, era anche lui un figlio di Dio: Adamo e Seth sono figli di Dio, e così i loro discendenti.
- Dopo la caduta dell'uomo, Dio lanciò la seguente maledizione al serpente. "E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno" (Gn 3:15): si profila, cioè, la differenziazione di due stirpi, quella del serpente e quella della donna, nemiche tra loro.
Subito dopo, infatti, vediamo esplodere la rivalità tra Caino, uomo privo di fede e sgradito a Dio, e "il giusto Abele" (Mt 23:35), invidiato e ucciso da Caino perché approvato da Dio.
Morto Abele, ne prenderà il posto Seth, i cui discendenti, i patriarchi, cammineranno per fede (Eb 11), mentre i Cainiti porteranno la violenza su tutta la terra (Gn 4).
Precisiamo che la stirpe della donna non rappresenta solo l'Israele nella carne, ma anche quella nello Spirito, cioè la Chiesa, in quanto, spiritualmente, i credenti appartengono alla stirpe di Abramo (Rm 4:9-25): infatti, anche noi credenti siamo "figli di Dio" (Ga 3: 25-26). C'è dunque inimicizia tra il mondo (stirpe del serpente) e la Chiesa (stirpe della donna).
- Ci sono differenze notevoli tra queste due stirpi, sia dal punto di vista fisico e biologico, che caratteriale e spirituale. In particolare:
a. Caratteristiche fisiche e biologiche. I figli di Dio, nella procreazione, generano dei giganti, mentre i Cainiti no; questi giganti sono eroi, uomini potenti rispetto ai comuni mortali (Gn 6:1-2). Anche l'aspetto dei figli di Dio doveva essere glorioso, se Nabucodonosor avrebbe osservato che il quarto uomo avvistato insieme ai tre amici di Daniele nella fornace ardente aveva "l'aspetto simile a un figlio di Dio" (Da 3:92).
Un altro segno distintivo dei figli di Dio è l'aspettativa di vita: essi sono ultracentenari, alcuni quasi millenari (Gn 5). Noè vive più di 900 anni, Metuselah 1000, e lo stesso Giobbe più di 140 (a riprova della nostra ipotesi su Giobbe), e tutto questo anche dopo che Dio ha fissato il termine ultimo della vita umana a 120 anni (Gn 6:2). Insomma, la vicinanza di questi uomini a Dio li rende diversi dai comuni mortali.
b. Caratteristiche caratteriali e spirituali. I figli di Dio camminano e interagiscono con Lui, mentre tutti gli altri sono lontani da Lui; i figli di Dio si muovono per fede, in modo innaturale e soprannaturale, mentre tutti gli altri sono prigionieri del peccato; mentre Lamek, discendente di Caino, invoca la vendetta dei reati di sangue per "settanta volte sette" (Gn 4:15), Gesù esorterà i Suoi seguaci a perdonare "settanta volte sette" (Mt 18:21), proprio come a condannare il disvalore della vendetta.
Concludendo, ci sembra di poter affermare che questa soluzione sia la più fedele alle Scritture, ma siamo consapevoli che qualcuno possa ancora nutrire dei dubbi. Se vuoi, dicci la tua!
8. Perché Gesù disse che bisogna perdonare "settanta volte sette"? (Mt 18:21)
Prima di analizzare la risposta di Gesù, cerchiamo di capire la domanda di Pietro:
"Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare il mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?» (Mt 18:20).
Sappiamo che il numero sette e i suoi multipli, presso la cultura ebraica, indicano totalità e completezza: sette sono i giorni della settimana, le Chiese dell'Apocalisse; l'oro puro deve essere raffinato sette volte (Sl 12:7); al settimo anno lo schiavo ebreo deve essere liberato (Es 21:2); settanta sono gli anziani costituiti da Mosè, i discepoli mandati in missione da Gesù, le settimane che Daniele calcola come precedenti l'avvento del Messia.
Non solo: quando Caino, dopo aver ucciso Abele, espresse a Dio la sua paura di poter essere a sua volta ucciso per vendetta, l'Eterno gli rispose: «Chiunque ucciderà Caino, egli sarà punito sette volte» (Gn 4:15).
Questo capitolo di Genesi ci offre spunti interessanti. Subito dopo l'episodio di Caino, infatti, vediamo che un suo malvagio discendente, Lamek, uccise ben due uomini. A quel punto, impaurito per la vendetta altrui, espresse davanti alle sue due mogli la seguente maledizione: «Sì, io ho ucciso un uomo perché mi ha ferito, e un giovane per avermi causato una lividura. Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamek lo sarà settanta volte sette» (Gn 4:23-24).
Non è difficile intuire che Lamek stia utilizzando una
perifrasi che indica un numero infinito
di volte. E Gesù, che conosceva perfettamente queste Scritture, contrappose
a questa "legge dell'odio" la "legge dell'amore": il perdono deve essere dato di continuo, per un numero di volte che non
si può calcolare.
7. Perché il Dio dell'Antico Testamento sembra essere così diverso dal Dio nel Nuovo Testamento?
Prima di rispondere a questa domanda, lasciatemi specificare una cosa: un equivoco del genere può scaturire solo da una lettura selettiva e mirata della Bibbia. Chi afferma che il Dio dell'Antico Testamento sia un Dio iracondo e diverso dal Dio misericordioso del Nuovo, forse non ha notato che Gesù ha parlato più dell'inferno e della perdizione che della grazia!
Iniziamo a chiarire che la natura di Dio è sempre la stessa («Io sono l'Eterno, non muto», Ml 3:6; "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno", Eb 13:8).
Ora riflettiamo su questa natura. Proprio nell'AT, Dio si definisce "lento all'ira e grande in misericordia; egli perdona l'iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole, punendo l'iniquità dei padri sui figli, fino alla terza e alla quarta generazione", Nu 14:18).
La Parola di Dio rivela questa duplice realtà in ogni singolo libro: da un lato la Sua incommensurabile misericordia, dall'altro la punizione del peccato senza mezzi termini. Allora perché l'AT appare più "drastico" del Nuovo?
Molto semplice: i libri della Bibbia sono disposti in ordine prevalentemente cronologico, dalla creazione del mondo alla fine di esso. Il piano di Dio per l'umanità si è dispiegato in diverse fasi: in un primo tempo, era necessario che l'uomo conoscesse la giustizia di Dio, attraverso la legge, e che realizzasse l'impossibilità di adempiere a quella legge e di salvarsi da sé; maturati i tempi, Dio ha aperto le porte della grazia, mandandoci il Salvatore ("le leggi che Dio dette a Mosè ci hanno fatto da maestro e guida, finché non è venuto Cristo che ci ha riconciliati con Dio per mezzo della nostra fede", Ga 3:24).
Ecco perché nei primi libri della Bibbia troviamo prevalentemente un Dio impegnato a ribadire al Suo popolo "neonato" quali sono le Sue regole e cosa succede a chi trasgredisce, e, ovviamente, le prime storie di trasgressione con le relative conseguenze; nella seconda parte della Bibbia, invece, si chiarisce in che modo il piano della grazia, anticipato nei Profeti, si realizzi in Gesù. Notiamo, però, che Cristo conferma la validità della Legge (Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento, Mt 5:17), e sottolinea che il popolo di Dio non ne aveva afferrato il senso profondo, che era appunto la misericordia. Ecco perché il Suo insegnamento verte tantissimo sul concetto di amore e di perdono. Non che la Legge fosse priva di tali concetti; semplicemente, il popolo di Dio non li aveva realizzati interiormente.
Per quanto riguarda le famose "guerre", vogliamo ricordare che anche oggi, come allora, molte persone muoiono a causa del loro peccato: ciò che è cambiato è solo il modo in cui noi leggiamo la Bibbia, tendendo a dare maggior risalto alla grazia e parlando troppo poco spesso della perdizione che aspetta chi non accetta quella grazia, e che viene ribadita in ogni libro del Nuovo Testamento, fino al colorito scenario dell'Apocalisse.
Parimenti, anche l'Antico Testamento abbonda di storie di fede, come ci ricorda il capitolo 11 dell'Epistola agli Ebrei. Sfatiamo, dunque, il mito che nell'Antico Testamento ci si salvasse per opere e dal Nuovo in poi per fede: nessuno si è mai salvato per opere! Anche se la grazia è stata manifestata solo con Gesù, è sempre stata la fede a fare la differenza!
Concludendo, riteniamo che sia urgente un ritorno a una lettura onesta e completa delle Scritture, per avere un concetto giusto della reale natura di Dio e, soprattutto, non cadere nell'errore di pensare che Egli, l'Eterno, possa "aver cambiato" il proprio modo di essere.
6. In Genesi 21:9-10 è scritto che Sara impose ad Abramo di cacciare di casa Agar e il figlio Ismaele perché "il bambino rideva". In che senso?
Questo gesto "estremo" di Sara potrebbe sembrare incongruente, soprattutto perché era stata lei stessa a volere fortemente la nascita di questo bambino. Quale fastidio poté provocarle il riso di Ismaele?
Va detto che Isacco ha un nome che richiama il riso, perché Sara dichiarò che "Dio le aveva dato di che ridere", ed era un riso di gioia. Ridere, però, può essere sintomo dei più svariati sentimenti.
Per esempio, quando Sara udì che ad Abramo veniva profetizzata la nascita di un figlio, si mise a ridere divertita. Quel riso veniva fuori dall'incredulità, e infatti Dio la richiamò.
Nel momento in cui Sara, al banchetto per Isacco, vide che Ismaele rideva, percepì che si trattava di un riso di scherno. Sebbene qualche commentario più datato traduca che Ismaele "scherzava con Isacco", le versioni più recenti concordano nel tradurre che egli "rideva di lui". Possiamo immaginarne il motivo, visto che era una festa per lo svezzamento del bambino...una scena che può risultare abbastanza comica.
Sara intuì che, anche in futuro, quel fratellastro avrebbe potuto sminuire l'autorità di Isacco, più giovane e, quindi, più vulnerabile. Già sua madre Agar, rimasta incinta, aveva disprezzato la padrona, sentendosi improvvisamente superiore a lei. Ecco perché Sara decise di separare i destini dei due fratelli.
Nonostante ciò, Dio rimase fedele alla sua promessa verso la progenie di Abramo, perché anche di Ismaele fece una grande nazione.
5. Cosa significa che i patriarchi, quando morivano, "venivano riuniti al loro popolo"? Come mai alcuni di essi facevano pronunciare un giuramento?
Diamo uno sguardo a questo passo:
Giuseppe, prevedendo che Dio sarebbe intervenuto per portare il Suo popolo fuori dall'Egitto, fece giurare ai suoi fratelli che si sarebbero impegnati a recuperare le sue ossa per portarle nella terra promessa. Infatti, in Ebrei 11:22, leggiamo che "per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa".
La fede di Giuseppe era così forte che egli aveva realizzato che la promessa di una terra per il Suo popolo era certa. E lui voleva entrare spiritualmente in quella promessa, entrando materialmente in quella terra. Tuttavia c'erano due problemi: Giuseppe sarebbe morto in Egitto e, in più, la terra promessa non era stata ancora conquistata dal suo popolo. A quel punto, egli organizzò il futuro trasporto delle proprie spoglie nella terra in cui erano sepolti i suoi padri, sapendo che, presto o tardi, essa sarebbe stata conquistata (il giuramento serviva a tranquillizzare il richiedente che il patto sarebbe stato portato a compimento). Ciò non deve stupirci, perché in Ebrei è scritto che i patriarchi "morirono nella fede, pur non avendo conseguito i beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano" (v. 13).
In questo sta il senso dell'essere "riunito ai suoi padri" (un'espressione usata anche per i discendenti, come Davide): tutti i padri che avevano dimorato per fede nella terra promessa, come Abramo, Isacco e Giacobbe, furono sepolti o portati lì successivamente, riunendosi ad essi, come nel caso di Giuseppe, a testimonianza del fatto che vi erano entrati per fede.
4. A chi si riferisce Gesù quando parla dell' "Elia che doveva venire"?
In Matteo 11: 12-14 e 17:10-13,
Gesù parla di Giovanni Battista ai suoi discepoli come "l'Elia che doveva
venire", ma i discepoli fanno capire che si aspettano proprio il ritorno di
Elia in persona citando gli scribi. Come stanno le cose?
Nell'Antico Testamento è scritto in Malachia 4:5 che Elia dovrà venire "prima del grande e spaventevole giorno dell'Eterno", ma Gesù, pur confermando la cosa, indica in Giovanni Battista l'Elia che doveva venire (Mt 17:12-13). Perché questo? Perché il Battista, come profetizzato dall'angelo che ne annunciò la nascita al padre Zaccaria, avrebbe avuto lo stesso spirito profetico di Elia ("Ed andrà davanti a lui [il Messia] nello spirito e potenza di Elia" Lu 1:17).
È anche vero che Elia tornerà in carne ed ossa nel tempo della fine, ma i discepoli e gli scribi conoscevano solo i Profeti e non l'Apocalisse, che sarebbe stata scritta da Giovanni dopo la morte di Gesù: in questo libro è scritto che Dio manderà due testimoni a denunciare profeticamente l'attività dell'anticristo (Ap 11:3). L'ipotesi più plausibile è che si tratti, appunto, di Elia ed Enoch (poiché Enoch, come Elia, non ha conosciuto la morte: entrambi furono rapiti in cielo (Gn 5:21-23; 2 Re 2:11).
3. Perché, in Apocalisse 22:15, è scritto che "i cani" non entreranno nel Regno dei Cieli?
È curioso notare che, nella Bibbia, il cane rappresenti una tipologia di persona assolutamente negativa agli occhi di Dio, tanto da non avere possibilità di accesso alla vita eterna (Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna, Ap 22:15). Nella realtà di tutti i giorni, però, il cane è generalmente visto come l'animale più fedele e leale che ci sia!
I riferimenti al cane compaiono sia nell'Antico, che nel Nuovo Testamento. In Isaia 56:10-11, dei capi d'Israele si dice che sono tutti ciechi, senza intelligenza; sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sognano, stanno sdraiati, amano sonnecchiare. Sono cani ingordi, che non sanno cosa sia l'essere sazi; sono pastori che non capiscono nulla; sono tutti vòlti alla propria via, ognuno mira al proprio interesse, dal primo all'ultimo.
In Matteo 7:6, Gesù si raccomandò ai Suoi discepoli: "Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le pestino con le zampe e rivolti contro di voi non vi sbranino".
Il cane è sicuramente un animale tenero e affettuoso, ma ha una caratteristica su tutte che lo distingue: è attaccato all'uomo,e questo non perché sia in grado di provare amore disinteressato (l'agàpe è un sentimento che solo un vero cristiano può realizzare), ma perché sa che, senza di lui, difficilmente sopravviverebbe. Alcuni cani sviluppano una vera e propria dipendenza dal proprio padrone, al punto da lasciarsi quasi morire se questi viene meno. Il cane lasciato solo, però, spesso diventa feroce e ingestibile, e in qualche caso arriva a rivolgersi contro l'essere umano (in 2 Re: 9, si narra che la regina idolatra Iezebel fu destinata da Dio a essere sbranata dai cani).
Per riassumere, il cane rappresenta colui che confida nell'uomo, ma che, se privo di riferimenti, può divorare persino l'uomo. "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno, e dal Signore si allontana il suo cuore.... Benedetto l'uomo che confida nel Signore, e il Signore è sua fiducia" (Gr 17:5-7).
2. Cosa significa che chi "non odia" la propria famiglia non può essere discepolo di Cristo? (Lu 14:26)
Dio non ci ha chiesto di odiare nessuno, men che meno la nostra famiglia, altrimenti verrebbero meno diversi comandamenti! Tutta la Bibbia è piena di esortazioni all'amore verso il prossimo, la cui sintesi meravigliosa troviamo nell' Inno all'amore di Paolo (1 Co 13).
Purtroppo c'è una difficoltà terminologica, perché la traduzione in greco del Vangelo di Luca non riesce a rendere perfettamente il parlato aramaico di Gesù. Precisamente, l'espressione "amare di meno" non esiste in greco: esistono, invece, almeno tre termini differenti per rendere il concetto di amore!
Gesù voleva dire che, nella scala di priorità del credente, al primo posto deve esserci Dio: diversamente, peccheremmo di idolatria, che è la venerazione della creatura anziché del Creatore. Infatti è anche scritto: "Cercate prima il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà sopraggiunto" (Mt 6:33).
1. Che cosa rappresenta l'Etiopia nella Bibbia?
L'Etiopia, come l'Egitto (a cui, spesso, è associata nei Profeti) rappresenta il mondo con le sue negatività ed il suo peccato, che però ispira potenza e gloria agli empi (Naum 3:9). Il motivo è che l'Etiopia è il Paese dove si estese Kush, figlio di Cam, a sua volta maledetto da Noè per essere stato da lui schernito mentre si trovava in stato di ubriachezza nella sua tenda (Gn 9:20:25). In Esodo 20:4, Dio infatti promette di punire "l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano": così si spiegano le maledizioni generazionali. Uno dei figli di Kush fu Nimrod, che iniziò un regno idolatrico basato sulla propria potenza (Gn 10:8), e costruì varie città di peccato come Babilonia, Ninive, Sodoma e Gomorra, abitate da uomini crudeli e schernitori. Tutto ciò non implica una condanna "a priori" per chi è sotto maledizione: Cristo, infatti, può spezzare le catene di chiunque Lo invoca, anche dell'Etiopia ("dall'Egitto porteranno metallo splendente, l'Etiopia si affretterà a tendere le sue mani a DIO" (Sl 68:31).
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