Amore inclusivo? La verità sull'unità della Chiesa

Unità della chiesa: in che senso?
Parlare di unità della Chiesa, oggi, è una sfida. Il mondo globale si avvia verso l'unificazione del pensiero, e questo non ci rassicura: sappiamo a cosa prelude. L'idea globalista di "unità" non è altro che la tolleranza di tutto ciò che rispetta una serie di standard umani. Ma sono anche gli standard biblici?
Nessuna unità senza verità
Per quel che penso, il concetto biblico di "unità" si può risolvere nel versetto 17 del capitolo 17 di Giovanni, in cui Gesù prega il Padre dicendo: "Consacrali nella verità. La tua parola è verità".
A dispetto di quanto si crede comunemente, cioè, il fulcro della famosa "preghiera sacerdotale" non è l'unità, ma la verità, senza la quale non può esserci alcuna unità. Mi spiego meglio.
Come afferma il noto evangelista Paul Washer, se non siamo d'accordo sugli attributi di Dio, c'è poco da fare, non può esserci unità tra di noi. La maggior parte dei credenti non farebbe alcuna fatica a riconoscere che Dio è onnisciente, onnipresente ed eterno, ma come la mettiamo quando dichiariamo anche che Egli è giusto, e però permette anche il male? Che Egli è uno, e quindi non divide la Sua gloria con nessuno? Che Egli è santo, e quindi richiede santità?
Faccio un esempio pratico. Se io e te volessimo iniziare un rapporto di amicizia, ma tu avessi una pessima e ingiusta idea di mio padre, quanto sarebbe possibile tutto ciò? Se tu andassi in giro dicendo cose non vere di lui, o addirittura offensive, come potresti venire a casa mia?
Quando Gesù inizia a pregare il Padre, gli dice di non voler pregare per il mondo, ma per coloro che Gli sono stati dati (9). C'è una prima e importante scrematura, che è operata dalla verità.
Si noti che Gesù parla di due uniche possibilità: "quelli che mi hai dato" oppure "il mondo". Più tardi, Gesù rincara la dose e dice "Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo" (15-16).
Insomma, come possiamo reputare "Suo" qualcuno che non ha neanche voglia di aprire la Bibbia per vedere se il proprio Dio corrisponda a quello che è raccontato dalla Genesi all'Apocalisse? Qualcuno che non riconosce che Gesù è esattamente ciò che dice di Sé stesso nella Sua Parola?
E, se è vero che non chiunque dice "Signore, Signore" sarà da Lui riconosciuto, la questione su chi sia Chiesa e chi no è presto risolta.
Amore "inclusivo"? Anche no!
Inutile parlare di amore "inclusivo", se Gesù, l'amore in persona, non lo ha fatto; se Giovanni, l'"apostolo dell'amore", ha definito "anticristo" colui che nega il Padre e il Figlio (1Gv 2:22), posto che "chiunque nega il Figlio, non ha neanche il Padre" (22).
Allora cosa dire di tutte quelle brave persone che credono genericamente in Dio, pur non accettando la verità biblica? Non possiamo tentare di instaurare una sorta di comunione anche con loro?
In 2 Corinzi 6:14-15, Paolo esorta così la Chiesa: "Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo diverso, perché quale relazione c'è tra la giustizia e l'iniquità? E quale comunione c'è tra la luce e le tenebre? E quale armonia c'è fra Cristo e Belial? O che parte ha il fedele con l'infedele?".
Duro, vero? Però non sembra esserci scampo: come Gesù distingue senza indugio i Suoi dal mondo, anche l'apostolo bipartisce nettamente la situazione. Quindi la risposta è no, non può esserci comunione. Il punto è che Gesù non ha pregato per rendere unito ciò che non si può unire. Non ha pregato per fare un ibrido accettabile ai più.
Non siamo stati chiamati a unificare la Chiesa
Diamo uno sguardo a quest'altra richiesta di Gesù al Padre: "Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi" (11-12).
Domanda. Il Padre avrà ascoltato, o no, la richiesta del Figlio? Beh, io credo di sì. Non c'è niente da aggiungere. L'unità dei credenti è stata già compiuta da Dio, nel Suo nome, e a noi non tocca altro. Non siamo stati chiamati a unificare la Chiesa.
Non solo: la preghiera di Gesù si estende anche a coloro che dovranno credere in futuro: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17: 20-21).
Il mondo, cioè, non è impressionato dall'ecumenismo, ma dal fatto che persone di diverse lingue, nazioni e tribù, in diverse epoche, siano unite in Cristo. Come? Attraverso la Sua gloria data a noi. "E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (22-23).
Immagino che anche questa preghiera sia stata già esaudita, soprattutto perché Gesù afferma di aver già dato la Sua gloria ai Suoi, in ogni tempo e luogo. Riassumendo Giovanni 17, in particolare, emerge che Gesù ha realizzato:
- L'UNITA' DEL FIGLIO COL PADRE (21)
- L'UNITA' DEL CREDENTE CON CRISTO (22)
- L'UNITA' DEI CREDENTI DI TUTTE LE EPOCHE (20)
Il nocciolo della questione: l'unità visibile
Il problema è che l'obiettivo biblico dell'unità viene spesso mancato. Non si tratta, infatti, dell'unità di tutti coloro che si definiscono credenti, ma dei "Suoi", cioè di coloro che appartengono a Cristo. Ciò che Cristo ha fatto nell'invisibile, ora va reso visibile.
Allo stesso modo, sappiamo che Cristo ha reso santa la Sua sposa; ora, si tratta di camminare in santità.
Leggiamo Efesini 4:1-6:
"Io dunque, il prigioniero per il Signore, vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell'amore, studiandovi di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace. Vi è un unico corpo e un unico Spirito, come pure siete stati chiamati nell'unica speranza della vostra vocazione. Vi è un unico Signore, un'unica fede, un unico battesimo, un Dio unico e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in voi tutti".
In poche parole, Paolo sta definendo l'unità dottrinale della Chiesa, perché la garanzia dell'unità è data dalla verità, come abbiamo visto in in Gv 17:17. Schematizzando, l'unità dottrinale consiste in:
- Un UNICO CORPO: la chiesa, il cui capo è Cristo (4)
- Un UNICO SPIRITO: lo Spirito Santo, che opera ravvedimento, conversione, prodigi, miracoli e dispensa doni e ministeri (4)
- Un'UNICA SPERANZA: la speranza nella resurrezione finale e nella gloria eterna (4)
- Un UNICO SIGNORE: Gesù Cristo, unica Via che porta al Padre (5)
- Un'UNICA FEDE: la fede nel sacrificio liberatorio di Cristo (5)
- Un UNICO BATTESIMO: il battesimo per immersione (5)
- Un UNICO DIO E PADRE: il Dio trino, che ha fatto ogni cosa per Cristo e attraverso Cristo (6)
Chi ha queste cose (e non chi non le ha) deve sforzarsi di rispecchiarle in modo visibile, "nel vincolo della pace". Questa è la sfida!
Non ci sono altre chiamate. Non dobbiamo aprire "tavole rotonde" per ridiscutere le intenzioni di Dio. Non possiamo illuderci di avere qualcosa in comune con chi non ha la verità, anzi: sforziamoci piuttosto di mostrargliela! Anziché tranquillizzare la coscienza di chi è lontano, mettiamogli un pungolo, sapendo che ne va della salvezza.
È possibile realizzare l'unità a livello visibile? La Parola ci dice di sì.
Nel giorno di Pentecoste, i discepoli "erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo" (At 2:1). Dunque:
- UN'UNICA MENTE
- UN UNICO LUOGO
E man mano che la Chiesa cresceva, "il gran numero di coloro che avevano creduto era di un sol cuore e di una sola anima; nessuno diceva esser suo quello che aveva, ma tutte le cose erano in comune fra di loro" (At 4:32). Dunque:
- UN UNICO CUORE
- UN'UNICA ANIMA
La Chiesa primitiva sperimentò la potenza di Dio innanzitutto perché ubbidì al comando di Gesù di non allontanarsi da Gerusalemme per aspettare la promessa dello Spirito Santo (At 1:4). Si ritrovò, dunque, riunita (unico luogo) per un unico scopo (unica mente).
A questo punto, chiediamoci: possiamo dire lo stesso di noi e della nostra chiesa locale? Abbiamo un unico scopo? E se sì, qual è?
È proprio questo che ha in mente l'apostolo Paolo, quando scrive, in Filippesi 2:2-7:
"Rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di sè stesso. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesù, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l'essere uguale a Dio, ma svuotò sé stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini".
Come Gesù ha pregato per la chiesa universale, Paolo lo ha fatto per quella locale. È da qui che dobbiamo partire, e realizzare:
- UN SOLO MODO DI PENSARE (2)
- UN SOLO AMORE (2)
- UN SOLO ACCORDO (2)
- UNA SOLA MENTE (2)
- UN SOLO SENTIMENTO (5)
Ma è proprio l'unità il messaggio di Paolo, in questo caso?
La strada maestra: la santità
Mi sembra che l'apostolo si focalizzi piuttosto su come arrivare all'unità, quindi sulla santità. La conseguenza dell'imitare Cristo, che si umiliò fino a "svuotare sé stesso", è l'amore. Da esso deriva l'unità.
Schematizzando: Verità→ Santità→ Amore→ Unità. Paradossalmente, però c'è qualcuno che pensa che si possa invertire il processo!
Perché non riusciamo più a realizzare tutto ciò?
C'è un problema grave che affligge la chiesa contemporanea, che non è assolutamente la mancanza di unità con chi non ha il Cristo biblico, bensì la mancanza di coerenza con la Parola di Dio.
La parola co-haerentia fa riferimento a un'unione stretta a indissolubile con qualche cosa. A chi siamo uniti?
In virtù di Giovanni 17 sappiamo che siamo uniti al Padre, in Cristo. Ma l'abbassamento degli standard di santità a cui stiamo assistendo sta avendo conseguenze catastrofiche.
La questione non è che non ci sono buone relazioni tra credenti, ma che i credenti non hanno una buona relazione con sé stessi. Spesso la santità viene vissuta come una serie di privazioni, anziché come un obiettivo glorioso, e così non c'è coerenza tra lo Spirito e l'anima, essendo quest'ultima travolta dalle attrattive/sollecitudini di questo mondo.
Il credente moderno soffre di una forte dissociazione spirituale ed emotiva, perché, anziché separare da sé stesso ciò che non è buono, preferisce separare la vita ecclesiale rispetto a quella privata, e quest'ultima rispetto alla vita pubblica, entrando di volta in volta in modalità differenti. Relativizzare la Parola di Dio significa impedirle di guarire la persona, e così anche le relazioni.
E questa era la preoccupazione di Gesù. Prima di buttarci nella girandola delle conferenze psicologiche sulle relazioni, quindi, dovremmo tornare a insegnare che la Parola è l'unica cura alla nostra personale dissociazione -e conseguente incoerenza.
"La parola di Dio, infatti, è viva ed efficace. È più tagliente di qualunque spada a doppio taglio. Penetra a fondo, fino al punto dove si incontrano l'anima e lo spirito, fin là dove si toccano le giunture e le midolla. Conosce e giudica anche i sentimenti e i pensieri del cuore. Non c'è nulla che possa restar nascosto a Dio. Davanti ai suoi occhi tutte le cose sono nude e scoperte. E noi dobbiamo rendere conto a lui" (Eb 4:12-16).
Lavorare per l'unità significa lavorare per la santità. Decidere di fare aderire ogni cosa di noi stessi agli standard di Dio è il presupposto-base per recuperare l'integrità della nostra persona e delle nostre relazioni.
Il requisito è la verità; l'obiettivo è l'unità visibile; il mezzo è la santità, da cui scaturisce l'amore.
Dio ci benedica!