Questioni bibliche
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La Chiesa di oggi: una sposa "nera" e "malata d'amore"

30.12.2021

Io sono nera ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone.

Non guardate se son nera, perché il sole mi ha abbronzata. I figli di mia madre si sono adirati con me; mi hanno posto a guardia delle vigne, ma la mia propria vigna non l'ho custodita.

(Ca 1: 5-6)

Sostenetemi con focacce d'uva, ristoratemi con pomi, perché io sono malata d'amore.

La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mia abbraccia.

(Ca 2:5)

Quando ho studiato il Cantico dei Cantici all'università, in occasione di un corso di storia del Cristianesimo, non ho realizzato quasi nulla del prezioso messaggio che questo libro ha in serbo per la Chiesa di oggi. Nonostante il commento di un noto teologo, autore di un libro sulla materia, non ho ricevuto alcuna rivelazione significativa che potesse illuminarmi sul significato della travagliata storia d'amore tra Salomone, lo Sposo (figura di Cristo) e la Shulammita, sua Sposa (figura della Chiesa).

Ci sono tornata diversi anni dopo e ci ho passato sopra una notte intera, ma senza successo.

Poi, un giorno, è accaduto qualcosa. Stavo meditando su un'immagine che gira parecchio sui social e rappresenta la chiesa come una bellissima sposa-guerriera vestita di bianco. Ho sentito chiaramente dentro di me: "Vedi questa figura? Molti credenti si illudono di potersi rispecchiare in qualcosa del genere mentre sono su questa terra; tuttavia, essendo mancanti e fallaci, vivono un'intensa frustrazione. Eppure la Parola ha una soluzione per guarire da questa condizione".

La mia mente è andata subito alla Sposa nera del Cantico dei Cantici: finalmente riuscivo ad afferrare tutto ciò che il Signore voleva dirmi. Ma procediamo con ordine.

La prima cosa che salta all'occhio, leggendo il Cantico, è, appunto, il fatto che la Sposa si definisca "nera" perché "abbronzata dal sole", ma "bella". La Chiesa terrena è così: segnata, ma bella. Perché Dio (il Sole) ci santifica giorno dopo giorno, bruciando le nostre carnalità, fino a renderci persino riconoscibili da chi ci guarda. E questo ci rende disprezzabili agli occhi del mondo, ma desiderabili a quelli dello Sposo.

In generale, però, affrontiamo questo momento di "lavorazione" da parte di Dio con grande insofferenza. Perché? Ce lo spiega proprio la Sposa: siamo malati d'amore e desideriamo stringere tra le mani qualcosa che ci appaghi nell'immediato. "Sostenetemi con focacce d'uva, ristoratemi con pomi" -reclama la Sposa- perché sono malata d'amore". Ovvero: voglio frutti. Voglio toccare con mano. Voglio soddisfazione materiale. Eppure lì, saldamente unito a lei, c'è lo Sposo in persona, che la abbraccia! Non è sufficiente?

Questo è esattamente ciò che viviamo oggi. Siamo disperatamente alla ricerca di qualcosa che dia forma e peso al nostro cristianesimo. Molti anelano invano a ricostruire il pentecostalesimo delle origini, senza voler comprendere appieno qual è la missione per l'oggi; altri si tuffano in realtà miracolistiche -più che carismatiche- dove il prodigio si possa "toccare con mano" ogni giorno; altri ancora vogliono sentirsi utili realizzando attività benefiche a ritmo parossistico. Vogliamo frutti che ci sazino, hic et nunc. Vogliamo essere sicuri di ricevere qualcosa di concreto, oppure di lasciare un'impronta duratura del nostro operato. La mentalità consumistica di questo tempo ci ha letteralmente travolto. Ma abbiamo perso di vista lo Sposo, che ci desidera.

Colpisce l'irrequietezza della Sposa. Consapevole delle proprie mancanze, dei propri fallimenti in termini di costanza e responsabilità ("mi hanno posto a capo delle vigne, ma la mia propria vigna non l'ho custodita" Ca 1:6), non riesce ad armonizzare il proprio desiderio dello Sposo con azioni coerenti. Di conseguenza, non riesce a godersi la Sua presenza, che è quanto di più prezioso esista, come emerge con forza da questo libro.

Per ben due volte, questa "distopia" della Sposa la porterà a separarsi dallo Sposo, realizzando diverse esperienze infelici (Ca 3:1-5; 5:2-9), in seguito alle quali ammetterà di non essere stata abbastanza presente a sé stessa da valorizzare l'appuntamento con lo Sposo. Eppure, Lui non ha mai una parola d'accusa o di biasimo per l'incostanza della Sposa. Mai. Gesù rimane fedele, nonostante i nostri tradimenti e i mancati appuntamenti. E aspetta con pazienza che la Sposa comprenda i propri errori, continuando a dichiararsi innamorato di lei ("non svegliate, non svegliate l'amore mio, finché lei non lo desideri", Ca 2:7; 3:5; 8:4).

Per gli Sposi del Cantico, tutto si concluderà felicemente con l'unione d'amore finale. Ed è esattamente ciò che avverrà quando banchetteremo con Gesù nei Cieli. Quindi perché vivere con paranoia i nostri momenti "flop"? Perché cercare invano dei colpevoli nell'"altro" -magari in altri credenti? Perché non iniziamo a goderci la bellezza e l'amore incondizionato del nostro Signore?

Torniamo alla Parola: la Chiesa terrena di ogni tempo è esattamente come ci viene descritta dal Cantico. Accettiamolo! La buona notizia è che Gesù è saldamente unito a noi in un abbraccio d'amore che non finirà mai. Dobbiamo fermarci; dobbiamo imparare a riconoscere la Sua presenza, il Suo profumo, le Sue parole d'amore per noi. Dobbiamo tornare a gioire nell'esprimerGli il nostro amore e la nostra lode.

Credo che non ci sia gioia più grande di questa per Gesù. Se recuperiamo la consapevolezza di chi è realmente questo Sposo e di quale sia la portata del Suo amore, guariremo da ogni malessere e avremo piena vittoria in ogni sfida!

Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; poiché l'amore è forte come la morte, la gelosia è dura come lo Sceol. Le sue fiamme sono fiamme di fuoco, una fiamma ardente. Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, né i fiumi sommergerlo (Ca 8:6-7).

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