Questioni bibliche Pecora, moneta o figlio? Credenti in crisi d'identità...
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PECORA, MONETA O FIGLIO?CREDENTI IN CRISI D'IDENTITA'...

La Chiesa è la creazione geniale di Cristo per formare il credente a Sua immagine. Si impara la costanza, il perdono; si cresce nel servizio, e tanto altro. Troppe volte, però, quest'argilla di cui siamo fatti si sfascia sotto le mani del Vasaio e rifiuta quel prezioso lavoro di modellazione che è fondamentale per il nostro perfezionamento!

E allora iniziano le "transumanze". Anime erranti scappano da una comunità all'altra in cerca di ristoro, che sembra non arrivare mai. In fondo al cuore, l'amarezza di "non essere stati cercati da nessuno" (lo diciamo con rammarico, chiaramente).

Quasi sempre, il capro espiatorio di queste situazioni incresciose diventa il conduttore della comunità, reo di "non aver fatto abbastanza". Perché Gesù avrebbe fatto di meglio, e quindi i Suoi servi devono essere all'altezza! Ma siamo sicuri che la Parola ci supporti in queste deduzioni?

Chi crede che il pastore debba sempre inseguire le "pecore" dovrebbe leggere attentamente le tre "parabole dello smarrimento" contenute in Luca 15: sorprendentemente, in questo capitolo Gesù passa in rassegna tutte le casistiche relative all'argomento "fughe e incomprensioni".

Stupisce la minuziosità di dettagli con cui Gesù ci istruisce, attraverso le tre iconiche parabole della pecorella smarrita, delle monete perdute e del figliuol prodigo. Ma andiamo con ordine; leggiamole, e poi esaminiamo tutti e tre i casi.

PECORA SMARRITA. Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E, trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta". Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.

DRAMMA PERDUTA. «Oppure, qual è la donna che se ha dieci dramme e ne perde una, non accende un lume e non spazza la casa e non cerca con cura finché non la ritrova? Quando l'ha trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: "Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta". Così, vi dico, v'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede».

FIGLIO PRODIGODisse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane di loro disse al padre: "Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta". Ed egli divise fra loro i beni. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, partì per un paese lontano e vi sperperò i suoi beni, vivendo dissolutamente. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una gran carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali. Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: "Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: 'Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi". Egli dunque si alzò e tornò da suo padre. Ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai suoi servi: "Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato". E si misero a fare gran festa. Or il figlio maggiore si trovava nei campi, e mentre tornava, come fu vicino a casa, udì la musica e le danze. Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa succedesse. Quello gli disse: "È tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. Ma egli rispose al padre: "Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato". Il padre gli disse: "Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato"».

a. La pecora smarrita. Quando si parla di anime che si allontanano, si tende a identificarle con le "pecore smarrite". Il più delle volte, sono gli stessi credenti che fanno questa esperienza a definirsi tali: ecco perché ritengono di "dover essere cercati".

Ma attenzione: leggendo la parabola, scopriamo che Gesù, quando parla dell'unica pecora smarrita che il pastore va a cercare, lasciando le altre novantanove, in questo caso allude al perduto, e non al credente che si allontana per altri motivi. La conferma è nel fatto che Gesù racconta la parabola perché "i farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro»" (Lc 15:2).

Gesù critica l'indifferenza dei capi religiosi che snobbano i cosiddetti "peccatori", e rappresenta sé stesso come l'unico, vero Buon Pastore dell'umanità. Non è un caso che la pecora si perda all'esterno: è un riferimento al cammino delle anime in questo mondo (Noi tutti come pecore eravamo erranti, Is 53:6). E Gesù è colui che inizia personalmente un'opera di salvezza, dopo aver messo al sicuro, in un luogo "deserto", cioè lontano dal mondo, le altre che già lo seguono ("Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io", Gv 14:2-3).

Esistono almeno un altro paio di argomenti a supporto del fatto che le pecore smarrite siano i perduti di questo mondo:

1. Il pastore va a cercare personalmente la pecora. Perché? Perché nessuno può salvarsi da sé stesso o per le proprie opere. "Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un solo punto, si rende colpevole su tutti i punti" (Gc 2:10). "Infatti, tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Rm.3:23). Ma "il Figlio dell'uomo è venuto per salvare ciò che era perduto" (Lc 19:10).

2. Si accenna al fatto che gli angeli "fanno festa in cielo per un solo peccatore che si converte"(Lc 15:7). Si parla di conversione, non di un generico ritorno in chiesa dopo un allontanamento!

Le pecore smarrite a cui si riferisce questa parabola sono tutti quegli uomini che ancora non conoscono Cristo, ma verso i quali Dio ha già predisposto una strategia di salvezza, che parte dalla Sua iniziativa e passa per la croce.

b. La dramma (moneta) perduta. La situazione è simile, ma non uguale. Stavolta l'artefice dell'iniziativa di recupero del perduto è una donna, e lo spazio rappresentato è una casa. Un caso? Certamente no! Come sappiamo, infatti, nelle Scritture la donna è figura della Chiesa (si veda la donna incinta di Apocalisse o la Shulamita del Cantico dei Cantici), e la casa è l'insieme dei credenti che la compongono ("Accostandovi a Lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo", 1Pt 2:4).

Pertanto, il riferimento è ai perduti che si trovano nella casa del Signore, e non, genericamente, ai perduti di questo mondo. La prova è il paragone con la moneta: la moneta è qualcosa che Dio ha dato alla Chiesa, e al singolo credente, affinché possa portare molto frutto (Mt 25:14-30; Lu 19:12-27).

Accade, però, che alcuni, pur partecipando alle riunioni e avendo comunione con i fratelli, non realizzino appieno Cristo, o giacciano nella tiepidezza o nel torpore. Ma, quando la Chiesa decide di agire, quell'anima può ritrovare la vera Via. Si notino le modalità con cui la Chiesa si mette all'opera:

1. Accende un lume. Questo significa che quella comunità inizia ad innalzare la Parola e a far brillare Cristo in mezzo alle tenebre. Nel Luogo Santo del tempio l'unica luce ammessa era quella del candelabro a sette bracci, figura di Cristo: analogamente, la Chiesa deve brillare solo della Sua luce. Se viene dato spazio ad altre (false) luci, i credenti cammineranno nelle tenebre e rischieranno di perdersi, come succede in questa parabola. E questo nonostante si trovino fisicamente in chiesa!

2. Spazza la casa. La comunità inizia a fare pulizia: toglie tutto ciò che non va. Abitudini sbagliate, pigrizia, mondanità, sono solo alcuni "rifiuti" che possono accumularsi nella vita del credente e ostacolarne la crescita. Ma, quando un gruppo di credenti si sveglia, capisce che tutto ciò deve essere eliminato. E solo allora ritrova ciò che si era perduto.

Soffermiamoci su quest'ultimo punto: si tende ad accettare che la Chiesa possa utilizzare la strategia dell'"inclusione" per raggiungere anime, sorvolando sulla mancanza di santità e sulla tiepidezza di tanti, in attesa di un loro "convincimento" nel tempo. La parabola delle dramme ci insegna l'esatto contrario: fino a quando non si cammina nella luce, le anime rimangono nella morte spirituale.

A questo punto, chiediamoci: è in questa parabola che Gesù si riferisce ai credenti che si sono allontanati dalla comunità? E il pastore è identificabile con la donna che spazza la casa?

La risposta è no. Ancora una volta, il riferimento è ai perduti; l'unica differenza rispetto alla parabola precedente è che queste anime si trovano nella Chiesa del Signore, e da lì non se ne sono mai andate.

Queste anime, però, si trovano nel posto più sicuro in assoluto: la Chiesa. E, quando la Chiesa decide di fare sul serio, i primi a ritrovare Cristo sono proprio quelli che, per anni, avevano ascoltato la Parola, senza però mai riuscire a farla propria. Infatti, la Parola ha un potere enorme, anche quando entra in un cuore sterile: "Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia Parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata", Is 55 :10-11.

La parabola delle dramme ci illumina anche su un'altra realtà: non è saggio stare fuori dalla comunità, perché è lì che viene predicata la Parola salvifica. "Sì, un giorno nei tuoi cortili val più che mille altrove; io preferisco stare sulla soglia della casa del mio DIO, che abitare nelle tende degli empi" (Salmo 84:10).

c. Il figlio prodigo. Come certamente avrete capito, è questa l'unica parabola che rappresenta l'allontanamento volontario del credente. Non mi sentirei di parlare esclusivamente di allontanamento dalla chiesa locale: a parte che ci si può allontanare da una comunità anche per cause di forza maggiore, è evidente che qui abbiamo a che fare con una situazione spiritualmente più complessa.

Un figlio, senza alcuna ragione apparente, chiede al padre "la propria parte". Il motivo sembra essere uno solo: questo ragazzo crede di poter avere un futuro anche fuori dalla casa del padre, in totale autonomia, e addirittura investendo nel mondo l'eredità spirituale avuta in dono.

Quanti si comportano così? Persone che hanno conosciuto Cristo e per anni hanno dimorato all'ombra delle Sue ali, all'improvviso sentono il bisogno di mettere il naso fuori: fuori dalla Chiesa, fuori da un cammino di santità, fuori dalla comunione fraterna, fuori dal servizio... fuori da una routine che inizia ad essere percepita come "monotona" o "pesante".

A volte si finisce così semplicemente per pigrizia, oppure per disappunto, per rancore nei confronti di qualcuno con cui si fa fatica a chiarire; a quel punto si decide che si può fare a meno della casa del Padre "perché Dio è ovunque, non dimora tra le quattro mura". Ma la parabola ci avverte: non c'è alcuna possibilità di riuscita fuori dalla casa del Padre.

Si finisce nella trappola di Satana quando si inizia a credere che sia possibile investire i talenti del Padre nel mondo e avere comunque successo - in fondo ci sono tanti non credenti che hanno fatto fortuna e hanno acquisito una posizione! Ma poi si scopre, attraverso amare esperienze, che l'eredità spirituale non è assolutamente spendibile nel mondo.

Prima di conoscere Cristo non avevamo nulla. È Lui che ci ha equipaggiati di doni e talenti, ma l'obiettivo è solo e soltanto quello di far sì che possiamo investirli nel Regno e farlo avanzare sempre di più. Se pensiamo che la nostra dotazione spirituale valga qualcosa fuori dal Suo regno, siamo fuori strada!

Adesso prestiamo attenzione ad alcuni particolari.

1. Il padre non cerca di fermare il figlio, non lo insegue e non lo contatta mentre si trova in difficoltà. Perché?

Quando un credente ha già preso in cuor suo la decisione di invertire la rotta e andare per il mondo, c'è solo un modo per fargli cambiare idea: lasciargli sperimentare che cosa è il mondo.

Uno dei miei figli, in età infantile, insisteva per toccare il forno mentre era in funzione; fino a quando cercavo di impedirglielo, non faceva che ripetere questo comportamento, incuriosito da cosa potesse succedere. Dal giorno in cui gli ho permesso di fare ciò che voleva... beh, non ha più cercato di rifarlo!

2. Quando il figlio decide di tornare dal padre, il padre gli corre incontro. Non prima. Poi lo riveste, gli dona un anello e fa preparare per lui un banchetto.

Perché tutto questo? Perché nessun padre potrebbe mai approvare un figlio mentre intraprende vie tortuose e insensate. E così il nostro Padre celeste: non può assecondarci. Non può testimoniare permissività. Non può rendersi complice dei nostri errori: piuttosto, preferisce educarci a non ripeterli.

È importante capire una cosa: questo comportamento del Padre non è indifferenza, ma puro amore; e Lui non si muove, ma aspetta pazientemente che il figlio torni con le Sue gambe.

Ma come fa il padre a non andare in ansia mentre il figlio è fuori? Leggiamo le parole di Gesù: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io dò loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio" (Gv 10: 27-29).

Troppe volte ci fermiamo alle apparenze e giudichiamo ciò che non possiamo capire. Al di là di ciò che riusciamo a vedere, Gesù conosce i Suoi, ed essi Lo seguono. In un modo o nell'altro, Lo seguono. Probabilmente qualcuno cadrà cento volte e mille si ribellerà, ma una cosa è certa: se è una pecora del Signore, nessuno potrà toglierla dalla mano di Dio. "Colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (Fl 1:6).

Questo significa che Dio sa che i Suoi figli sono e saranno sempre con Lui, ma deve dare loro un insegnamento: ci sono conseguenze per chi si allontana dalla Sua presenza. E solo sperimentando in prima persona queste conseguenze si può desiderare di tornare al Padre con tutto il cuore.

Allora che aspettiamo? Se siamo figli, torniamo al Padre. Non commettiamo l'errore di identificare il Padre con il pastore, perché lui non è altro che un amministratore dei Suoi beni. Non aspettiamo telefonate o suppliche, perché non è il metodo che Dio ha previsto: Lui sa che sarebbe inutile. E sa che questa pretesa non è altro che un sintomo di orgoglio.

Ritorniamo a Cristo senza esitazione, perché le Sue compassioni sono infinite. E non siamo più come quel figlio che si comportava da schiavo nella casa del Padre, riempiendo l'atmosfera di lamentele e malumore: comportiamoci da figli a tutti gli effetti! Godiamo delle Sue benedizioni; comprendiamo che Egli lavora per il nostro bene; andiamo a Lui con semplicità. Se vogliamo chiedere, chiediamo; se possiamo dare, facciamolo. In ogni cosa, ringraziamolo e circondiamo ogni cosa della Sua lode. Dio ci benedica!

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