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QUESTIONI 

STORICO-ARCHEOLOGICHE



IL CASO DI GIUNIA: 

UNA DONNA APOSTOLO?

Chi l'avrebbe mai detto, qualche anno fa, che avremmo assistito a una tale apertura del mondo evangelico pentecostale al ministero femminile?

Ci riferiamo non solo alla predicazione e all'esortazione, ma anche al governo di chiesa; si sente parlare, sempre più spesso, di donne apostolo, e la cosa non manca di suscitare qualche polemica. Tuttavia, la questione non è assolutamente nuova.

C'è un verso, nella Parola di Dio, che fa discutere, perché sembra lasciar intravedere la presenza di una donna apostolo nella chiesa primitiva. Sarà veramente così?

Leggiamo da Romani 16:7: "Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigione, i quali sono segnalati fra gli apostoli, e anche sono stati in Cristo prima di me".

I punti controversi sono i seguenti:

1. "Giunia" è il nome di un uomo o di una donna?

2. Cosa vuol dire che Giunia e Andronico erano "segnalati tra gli apostoli"? Che erano noti agli apostoli oppure che erano apostoli di rilievo?

È evidente, infatti, che, se Giunia risultasse sia una donna, che un apostolo, avremmo un precedente biblico che legittima l'apostolato femminile.

Ma andiamo con ordine.

1. L'identità

Giunia è al 100% un nome di donna. Ci rendiamo conto che non tutti concordano, ma è chiaro che il motivo è soprattutto ideologico, visto che le argomentazioni a favore del "Giunia uomo" sono pari a zero.

Giunia è un nome romano (Iunia), ma nel Nuovo Testamento è traslitterato in greco (Ἰουνιά= Iunià).

Nel sistema dei nomi romani, il nome principale era quello della gens di appartenenza, ossia del clan che raggruppava un certo numero di famiglie (gens Fabia, Iulia, Claudia, Licinia, ecc.). Essendo tale nome un aggettivo della gens, l'uomo prendeva il nome della gens al maschile, la donna al femminile (Fabius/Fabia; Claudius/Claudia; ecc.) 1.

Dunque, il nome "Giunia", che in latino è "Iunia", doveva essere il nome della gens al femminile, cioè un nome di donna; se Giunia fosse stato un uomo, la traslitterazione biblica in greco sarebbe stata ουνιός, cioè il corrispettivo del latino Iunius (Giunio).

Abbiamo una documentazione storica ricchissima che comprova che i nomi Iunia (Giunia) e Iunius (Giunio) venivano usati, rispettivamente, per la donna e per l'uomo; non esiste alcuna attestazione che il nome Iunia possa essere stato mai usato per un uomo, mentre per la donna ricorre almeno 250 volte 2.

A conferma di tutto ciò, c'è da dire che la Chiesa Ortodossa ha sempre considerato Giunia una donna, oltre che moglie di Andronico, e festeggia i due il 30 giugno (Santi Andronico e Giunia di Roma Sposi, discepoli di San Paolo).

Santa Giunia, venerata dalla Chiesa Ortodossa
Santa Giunia, venerata dalla Chiesa Ortodossa

Viceversa, la Chiesa Cattolica non annovera i due nell' Elenco dei santi e beati, e mette in discussione l'identità di Giunia, ventilando la possibilità che questo nome possa essere la contrazione di "Giuniano", nome maschile. Proprio per questo, la versione della Bibbia C.E.I afferma che Andronico e Giunia erano "eminenti apostoli", dunque uomini.

In realtà, i Padri della Chiesa consideravano Giunia una donna; in particolare, Giovanni Crisostomo (354?-407) la riteneva anche un apostolo: "Quanto grande è la devozione di questa donna che essa sia reputata degna dell'appellativo di apostolo!" (Omelia su Romani 16) 3.

Nessuno, cioè, si scandalizzava che una donna fosse coinvolta nel ministero. Le cose si misero diversamente solo a partire dal XIII secolo secolo, quando, in ambito cattolico, papa Bonifacio VIII decise di limitare drasticamente l'influenza delle donne nel servizio ecclesiale, per esempio introducendo la clausura per le monache: in questo periodo, si iniziò a discutere se, dietro il nome di Giunia, non si nascondesse piuttosto la figura di un apostolo maschio, e alcuni copisti medievali, influenzati in tal senso, diedero vita al Giunia apostolo.

Non così in ambiente protestante (tre secoli dopo), dove questa discussione non è presente; infatti, dopo la riforma (XVI secolo), le principali traduzioni della Bibbia, tra cui la famosa King James, si sono basate sul confronto con la Vulgata di Girolamo in Latino, che segue fedelmente l'originale greco. Solo la Bibbia C.E.I, che fa a meno della Vulgata ma accoglie anche libri non canonici, si spinge a usare l'espressione "eminenti apostoli".

È stato il Cattolicesimo, quindi, a costruire l'idea di un Giunia uomo e apostolo, per motivi ideologici e storici.

Potrebbe essere stata, Giunia, la moglie di Andronico? È molto verosimile. Abbiamo diversi elementi a supporto:

a. Nello stesso capitolo che stiamo analizzando, ai vv. 3-4, Paolo cita un'altra coppia di servi: Aquila e Priscilla: "Salutate Priscilla ed Aquila, miei compagni d'opera in Cristo Gesù, i quali hanno rischiato la loro testa per la mia vita; a loro non solo io, ma anche tutte le chiese dei gentili rendono grazie".

I due sono citati insieme perché la coppia è considerata una cosa sola, che ha lavorato nello stesso senso per Dio e per la Chiesa (collaborando con Paolo e rischiando per lui la vita). Ricorda moltissimo il caso di Andronico e Giunia.

Tra l'altro, non si può escludere che Giunia e/o Andronico, parenti di Paolo in qualche modo, fossero Giudei romanizzati, esattamente come Aquila e Priscilla, visto che la comunità giudaica era molto fiorente a Roma in quel tempo e sembra che proprio lì fosse stato predicato il Vangelo in fase iniziale.

Un caso simile di "coppia mista", formata da moglie giudea e marito greco, è quello dei genitori di Timoteo: "Or egli giunse a Derbe e a Listra; qui c'era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna giudea credente, ma di padre greco" (Atti 16:1). Questo fenomeno era diffuso nell'impero ormai "globalizzato" del I secolo.

b. Paolo dice che questa coppia gli è parente, ma il nome di Andronico è greco, mentre quello di Giunia è romano. All'epoca non esiste ancora la moda di imporre nomi "esterofili", quindi il nome rivela la provenienza, almeno quella familiare.

In più, Andronico e Giunia risiedono a Roma, si sono convertiti prima di Paolo e appartengono a una chiesa non fondata da lui. Adottando il criterio "economico", per dirla con alcuni storici, è più probabile che un/una parente di Paolo avesse sposato uno/una straniero/a, e che poi i coniugi si fossero convertiti, piuttosto che Paolo avesse due parenti stranieri, ma di diversa provenienza, casualmente risiedenti entrambi a Roma e convertitisi pressoché insieme!

2. Il ruolo

Chiarita l'identità femminile di Giunia, occupiamoci della questione successiva: può, Giunia, essere stata un apostolo?

Andiamo al testo biblico e prendiamo il pezzo controverso, e cioè quello che noi traduciamo "segnalati fra gli apostoli", mentre la traduzione C.E.I. riporta "eminenti apostoli". La traduzione della Vulgata di Girolamo, che segue letteralmente l'originale greco 4, è "nobiles in apostolis": la resa più letterale è "nobili/eminenti/segnalati, ecc. fra gli apostoli", e non "eminenti apostoli"; in quest'ultimo caso, infatti, Paolo avrebbe potuto scegliere la forma più snella "nobiles apostoli".

Non abbiamo ancora, però, la soluzione all'enigma. Cosa si intende con questa espressione? Che Andronico e Giunia erano di rilievo "agli occhi" degli apostoli" o "nel numero" degli apostoli?

La stessa ambiguità si ritrova in Atti 15:22, quando gli apostoli decidono di mandare ad Antiochia Giuda e Sila, "uomini stimati tra i fratelli". L'autore di Atti è Luca, il quale, come Paolo, non ha utilizzato la forma più snella "fratelli stimati". Dunque, dobbiamo dedurre che Giuda e Sila godevano di buona considerazione tra i fratelli: allo stesso modo, possiamo dire che Andronico e Giunia godevano di buona considerazione tra gli apostoli.

C'è un ultimo argomento, che mi sembra non trascurabile, a smentire la possibilità che Giunia e Andronico possano essere stati due apostoli di rilievo, ed è che i due non vengono mai citati tra gli apostoli o le "colonne" della chiesa nel libro degli Atti, che è il racconto più preciso delle vicissitudini della chiesa primitiva.

Eppure, stando alle parole di Paolo, Giunia e Andronico avevano dato prova di valore, e all'epoca, gli apostoli venivano scelti soprattutto tra coloro che avevano messo a rischio la vita per il Vangelo, mentre coloro che erano fuggiti venivano diffidati presso le varie chiese. Quindi, quale sarebbe stato il motivo per non citarli in Atti?

E, invece, vediamo che, ogni volta che si scelgono degli "inviati" (è questo il significato di "apostoli"), non si fa mai il nome di Giunia e Andronico. Il motivo è che i due non avevano un incarico spirituale presso le chiese.

La soluzione più probabile è che Giunia e Andronico siano stati una coppia di servizio, esattamente come Aquila e Priscilla, e che si fossero segnalati per aver, innanzitutto, servito gli apostoli (come Aquila e Priscilla), pur non avendo un mandato ministeriale tra le comunità cristiane.

Ci ripromettiamo di approfondire in un articolo dedicato la questione dell'apostolato femminile. Dio ci benedica!


NOTE:

1 All'uomo toccavano anche un prenome (che a volte era un numero di successione, es. "Decimus"),e un cognome, cioè un soprannome caratterizzante, mentre alla donna solo un numero di successione o ordine di nascita ("maggiore" (maior)/ "minore" (minor), e in alcuni casi anche un altro nome di famiglia, propria o del marito. Ad esempio:

MASCHIO: Marcus Tullius Cicero (prenome, nome della gens, soprannome)

FEMMINA: Tullia Prima o Tullia Maior (nome della gens, numero/ordine di nascita)

2 Citiamo solo qualche esempio, con tanto di fonti storiche come prova:

-Personaggi storici col nome di Giunia:

Giunia Calvina (poetessa e filosofa romana del I secolo a.C., donna "bella e procace" secondo Tacito in Annales 12.4.1, figlia di Marco Giunio Silano Torquato).

Giunia Claudia (morta nel 36, prima moglie dell' imperatore Caligola secondo Cassio Dione, in Storia romana, lviii.25.2 e Svetonio in Vite dei Cesari, Caligola, 12.1).

Giunia Seconda (morta nel 30 a.C., figlia del console Decimo Giunio Silano, sorella uterina di Marco Giunio Bruto, moglie del triumviro Marco Emilio Lepido, stando a Tito Livio, Periochae CXXXIII, 3; Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium consulem libri duo, II 88, 1-3; Seneca, De brevitate vitae 4, 5; De clementia I 9, 6; Svetonio, Augusto 19, 1).

Gunia Terza (morta nel 22 d.C., terzogentita di Decimo Giunio Silano, sorella uterina di Marco Giunio Bruto, moglie di Cassio Longino, stando a Tacito, Annales, III, 76).

-Personaggi storici col nome di Giunio:

Giuni Bruti

Lucio Giunio Bruto: fondatore della Repubblica romana nel 509 a.C.

Lucio Giunio Bruto: leader della secessione della plebe sul Monte Sacro nel 494 a.C., uno dei primi a ricoprire la carica di tribuno della plebe (Dion.6, 70), prese il cognomen di Bruto senza averne alcun diritto.

Decimo Giunio Bruto Sceva: console nel 325 a.C. assieme a Lucio Furio Camillo (Livio VIII, 12, 29).

Gaio Giunio Bubulco Bruto: console nel 317, 313 e 311 a.C. magister equitum durante la dittatura di Lucio Papirio Cursore.

Decimo Giunio Bruto Albino: uno degli assassini di Cesare (44 a.C.), nato nell'84 a.C., adottato da Aulo Postumio Albino.

Giuni Silani

Marco Giunio: combattente nella II guerra punica con Scipione, in Spagna, dove nel 211 a.C., batté Annone e Magone.

Decimo Giunio Silano Manliano: condannato dal padre nel 141 a.C.

Marco Giunio Silano: console nel 109 a.C., sconfitto dai Cimbri.

Marco Giunio Silano: pretore nel 77 a.C. e proconsole in Asia nel 76 a.C.

Decimo Giunio Silano: console nel 62 a.C. con Licinio Murena, patrigno di Bruto.

3 Almeno altri 17 Padri latini parlano di Giunia al femminile, come Origene di Alessandria (Epistolam ad Romanos Commentariorum 10, 23; 29), e Girolamo (Liver Interpretationis Hebraicorum Nominum 72, 15).

4 ἐπίσημοι ἐν τοῖς ἀποστόλοις


Il drago di Komodo, o varano
Il drago di Komodo, o varano

SECONDO LA BIBBIA,

I DINOSAURI SONO ESISTITI?

Non è possibile esaurire in un solo articolo un dibattito che dura da più di un secolo, anche perché la nostra competenza è limitata all'argomentazione biblica; dunque, ci atterremo unicamente a ciò che emerge dal testo biblico, dopodiché cercheremo di operare delle ipotesi ricostruttive.

Innanzitutto, la parola "dinosauro" non compare nelle Scritture: si tratta di un conio del paleontologo Sir Richard Owen, vissuto tra il 1804 e il 1892.

Nelle Scritture, gli unici termini riferibili a una qualche creatura simile al dinosauro sono le parole ebraiche nachash, tanniyn, liwjah e behemot, che la traduzione greca dei Settanta rende con όφνις oppure δράκων, tradotto dalle nostre Bibbie, rispettivamente", "serpente" e "dragone".

Per farci un'idea di cosa possa trattarsi, analizziamo questi termini.

  • Ipotesi identificative: i mostri marini

1. Nachash e tanniyn possono significare entrambe "serpente", e vengono utilizzati, rispettivamente, in Esodo 4:3 e Esodo 7:9-12 per indicare il bastone di Mosé che si trasforma in serpente.

Il serpente nachash viene poi identificato, in Giobbe 26:13, con un mostro marino di nome Raab, che potrebbe essere la personificazione della furia del mare, come ci suggerisce il Salmo 88:10; in Isaia 27:1, invece, viene chiamato nachash bariyach (serpente guizzante o fuggitivo) e accomunato al liwjah, "leviatano" (v. punto 4).

2. Anche il tanniyn sembra essere null'altro che un serpente, ma in Genesi 1:21 si riferisce a grandi animali marini, motivo per il quale molti traduttori, influenzati dal mito mesopotamico e ugaritico, hanno creduto opportuno tradurre con "mostri marini" o "dragoni".

3. Behemot, tradotto dalla C.E.I. e dalla Nuova Riveduta con "ippopotamo", compare in Giobbe 40:15-24 come grande animale marino erbivoro, che nessuno può domare ("solo colui che lo fece può avvicinarsi a lui con la sua spada", v. 19); in base a quest'ultimo dettaglio, ci sembra un po' arbitrario tradurre "ippopotamo".

4. Liwjah, che traduciamo con "leviatano", nel Salmo 104:26 pure è un grande animale del mare, ma, come nel caso del nachash Raab, può essere metaforico, e si riferisce anche a nazioni o re potenti: Egitto (Sal 74:14; Ez 29:3-5), Assiria e Babilonia (Is 27:1). In Giobbe 3:8, il Leviatano è una sorta di demone invocato dai malvagi, come Raab. Tuttavia, si osservi Giobbe 41:

1 Puoi tu tirar fuori il Leviathan con l'amo, o tener ferma la sua lingua con una corda? 2 Puoi tu mettergli un giunco nelle narici o forargli la mascella con un uncino? (…) 8 Mettigli le mani addosso; ti ricorderai del combattimento e non ci riproverai. 9 Ecco, la speranza di chi l'assale è ingannevole; al solo vederlo uno è atterrito. 10 Nessuno è tanto audace da osare di provocarlo (…). 12 Non passerò sotto silenzio le sue membra, la sua grande forza e la bellezza della sua armatura. 13 Chi può spogliarlo della sua corazza, e chi può avvicinarlo con una doppia briglia? 14 Chi può aprire le porte della sua bocca, circondata com'è dal terrore dei suoi denti? 15 Superbe sono le file dei suoi scudi, strettamente saldati come da un sigillo. 16 L'uno è così vicino all'altro che tra loro non passa neppure l'aria (…). 18 I suoi starnuti danno guizzi di luce e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. 19 Dalla sua bocca escono vampate, sprizzano scintille di fuoco. 20 Dalle sue narici esce fumo, come da una pentola bollente o da un calderone. 21 Il suo alito incendia carboni e dalla sua bocca escono fiamme. 22 La forza risiede nel suo collo e davanti a lui danza il terrore. 23 Le parti flosce della sua carne sono ben compatte, sono ben salde su di lui e non si muovono. 24 Il suo cuore è duro come una pietra, duro come la parte inferiore della macina. 25 Quando si rizza, i forti hanno paura, e per il terrore restano smarriti. 26 La spada che lo raggiunge non gli fa nulla, e neppure la lancia, la freccia e il giavellotto (…). 30 Al di sotto ha punte acuminate e lascia come tracce d'erpice sul fango. 31 Fa bollire l'abisso come una caldaia e fa del mare come un vaso di unguento. 32 Si lascia dietro una scia di luce e l'abisso sembra coperto di canizie. 33 Sulla terra non c'è nulla simile a lui, che è stato fatto senza paura alcuna. 34 Guarda in faccia tutti gli esseri alteri; egli è il re su tutte le fiere più superbe.

Di chi sta parlando Dio? Si tratta di una bestia indomita, la più feroce in assoluto, un animale che sembrerebbe proprio un rettile e che, come è scritto ai vv. 18-21, sarebbe in grado di emettere fuoco dalla bocca e fumo dalle narici, generando grande terrore: in altre parole, un drago 1.

Al v. 33 è scritto che non c'è, sulla terra, alcun animale simile a lui: dunque, Dio parla di una bestia che, all'epoca di Giobbe (2000 a.C. circa), è realmente esistente, e non di un simbolo o di un demone.

Ricapitolando, nella Bibbia non esiste il termine "dinosauri", ma compaiono creature compatibili con essi, come grossi serpenti, animali marini e, addirittura, draghi di proporzioni terrificanti.

I numerosi fossili ritrovati in varie parti del pianeta, quindi, confermerebbero ciò che è scritto nella Bibbia -al di là della questione della datazione. Il problema, a questo punto, è capire il motivo per cui questi animali si sarebbero estinti.

  • Ipotesi ricostruttive: possibili cause dell'estinzione

Esistono, infatti, svariate famiglie di sauri sulla terra, ma non abbiamo nulla che possa essere paragonato a un tirannosauro. In Indonesia vive il drago di Komodo o varano, che è in grado di stare in posizione eretta e può raggiungere i tre metri di lunghezza; ricorda la bestia di Giobbe 41, ma non sputa fuoco e non può essere considerato invincibile dall'uomo.

E allora, che cosa può aver causato la fine di questi "mostri"?

Prenderemo in considerazione solo le ipotesi che ruotano intorno al diluvio universale, e non quelle che attengono ad altri ambiti (come catastrofi climatiche o caduta di meteoriti).

a. Il diluvio universale. Diversi scienziati, anche non cristiani, sono disponibili all'idea che il diluvio possa aver spazzato via diverse specie animali, tra cui questi "mostri". Tuttavia, non riteniamo plausibile questa ipotesi, per almeno due motivi.

Innanzitutto, in Genesi 7:14 è scritto che Dio intendeva salvare "tutti" gli animali (πάντα τὰ θηρία), senza alcuna eccezione. Quindi, anche draghi e dinosauri devono essere entrati nell'arca.

In secondo luogo, in Giobbe 41 Dio esorta Giobbe a considerare la possanza di behemoth e del leviatano, il che vuol dire che all'epoca di Giobbe, cioè dopo il diluvio, questi animali esistevano in Mesopotamia. Dunque, essi scamparono al diluvio.

b. Il periodo post diluviano. Si osservi il passo in cui Dio ordina a Noè di far entrare gli animali nell'arca:

Genesi 7:1 Allora l'Eterno disse a Noè: «Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto davanti a me, in questa generazione. 2 Di ogni specie di animali puri prendine sette coppie, maschio e femmina; e degli animali impuri una coppia, maschio e femmina; 3 anche degli uccelli del cielo prendine sette coppie, maschio e femmina, per conservarne in vita il seme sulla faccia di tutta la terra (…) 8 Degli animali puri e degli animali impuri, degli uccelli e di tutto quello che striscia sulla terra, 9 vennero a due a due da Noè, nell'arca, maschio e femmina, come DIO aveva comandato a Noè».

All'epoca di Noè, Dio non aveva dato ancora la Legge, ma evidentemente il patriarca sapeva quali fossero gli animali puri e impuri (tra l'altro, il Genesi è stato scritto da Mosè, che per certo lo sapeva).

Al v. 9, è scritto che furono gli animali a venire da Noè, e non lui a cercarli. Non abbiamo particolari difficoltà a pensare che sull'arca possano essere saliti anche i cosiddetti "dinosauri" e i draghi: se fu Dio a indirizzarli, Egli poteva anche scegliere esemplari giovani e non aggressivi.

Se, però, di ogni specie di animali "impuri" (v. Levitico 11) bisognava salvarne un'unica coppia, possiamo immaginare che quell'unica coppia di tirannosauri fosse più a rischio rispetto ad altre specie; in realtà, bastava che morisse un elemento della coppia per danneggiarne la moltiplicazione. Mentre, infatti, le specie più piccole potevano nascondersi, non così gli esemplari di dimensioni maggiori; e, se questi erano anche aggressivi, sicuramente possono essere incorsi nella caccia da parte dell'uomo.

Dunque, ci sembra verosimile che la scarsità di esemplari di animali "impuri" selezionati da Noè possa aver pregiudicato la loro diffusione sulla terra, o, addirittura, provocato l'estinzione di alcune specie nel tempo; inoltre, l'aggressività di pochi esemplari può aver indotto l'essere umano a cacciarli e sterminarli con relativa facilità, essendo, appunto, tali animali in numero ridotto rispetto al periodo pre diluviano.

Una conferma di tale ipotesi, a nostro avviso, può essere rintracciata nella mitologia di diversi paesi, da quella norrena a quella mesopotamica e ugaritica. In questo tipo di letteratura è talmente persistente il tema della battaglia tra gli eroi e i draghi, da far pensare che qualcosa deve essere accaduto davvero; infatti, il mito non è altro che il racconto fantastico di ciò che si è verificato realmente.

Quanto all'epoca della comparsa di questi rettili sulla terra, non crediamo possibile una datazione troppo antica (attualmente, si parla della loro scomparsa circa 65.000.000 di anni prima di Cristo), poiché il racconto della creazione presente in Genesi ci induce a pensare a una terra molto più giovane rispetto alle teorie evoluzioniste; e poi, come abbiamo visto, il libro di Giobbe ci dice che intorno al 2000 a.C. questi "mostri" erano conosciuti all'umanità.

Per quanto non abbiamo tutte le risposte, sappiamo che la Bibbia ci mette sulla buona strada. Dio ci benedica!

1Esiste la possibilità che un animale possa produrre emissioni di fuoco. Si veda il caso del coleottero bombardiere, trattato da Aneshansley, DJ, et al. "Biochimica a 100° C: scarico secretorio esplosivo di coleotteri bombardieri (Brachinus)." Rivista scientifica, vol. 165, n. 3888, 1969, pp. 61-63.


LA PROVA DEFINITIVA CHE 

GESU' E' DIO

-fonti e pareri di autori non cristiani-

A nessuno verrebbe in mente di mettere in dubbio l'esistenza di Maometto o Buddha.

Ma, quando si parla di Gesù, è diverso. Perché ammettere l'esistenza di Gesù significa riconoscere che non si è trattato di un uomo qualunque. Per tanti, cioè, il problema non è che Gesù sia effettivamente vissuto in un dato periodo storico, ma che lo abbia fatto miracolosamente, in quanto Dio incarnato.

Esistono decine di documenti che attestano la storicità di Gesù, ma nulla che possa provare, oggettivamente, la veridicità dei prodigi da Lui compiuti e della Sua risurrezione, a parte la fonte biblica. E allora come si spiega un seguito così imponente di fedeli, che, nei secoli, non ha fatto altro che aumentare? Può, tutto questo, essere il prodotto dell'opera di un mitomane, che ha plagiato milioni di persone con soli tre anni di ministero?

Neppure coloro che si professano atei o non credenti riescono a rimanere indifferenti al fenomeno; in particolare, due sono gli elementi che colpiscono:

  • la portata del movimento cristiano e la sua influenza sulla storia umana
  • la testimonianza di fedeltà nelle prove da parte dei martiri

E noi intendiamo prendere in esame proprio le constatazioni del mondo non cristiano, per dimostrare che Gesù non è stato un uomo qualunque e che le Sue opere non poterono essere altro che divine. Infatti, quale punto di vista può essere più valido di quello di chi non ha alcun interesse a difendere il Cristianesimo?

a. Il parere di autorevoli storici non credenti

Per chi crede, il problema della veridicità della figura di Gesù e delle Scritture non esiste. Abbiamo sperimentato la grazia del Figlio del Dio vivente, e siamo da Lui chiamati beati perché, pur non avendo visto, abbiamo creduto (Gv 20:19-21). Da più di duemila anni, genti di ogni nazione e tribù, numerose come la sabbia del mare, si arrendono a Cristo (Ap 5:9; Os 2:1). Perché? Semplicemente per fede. (Eb 11)

  • Ed è proprio questo aspetto che ha colpito un noto storico contemporaneo, il quale considera la portata epocale del movimento cristiano una prova schiacciante dell'esistenza del suo fondatore; nessuno, infatti, può negare l'incredibile impatto del Cristianesimo sulla storia del genere umano e sullo sviluppo della società. Stiamo parlando di Alessandro Barbero, professore di Storia Medievale presso l'Università del Piemonte Orientale, che ha raggiunto la fama di divulgatore grazie al programma SuperQuark e a una presenza sempre più costante sui social.
Alessandro Barbero
Alessandro Barbero

È singolare che un ateo convinto si sia interessato dell'esistenza terrena di Gesù, arrivando alla conclusione che non c'è motivo per metterne in dubbio la storicità. Tuttavia, lo storico va oltre, ammettendo soprattutto la straordinarietà delle imprese di Gesù. In altre parole, mediante la stessa logica stringente con cui è possibile riconoscere l'esistenza di Gesù, si deve altresì ammettere che le imprese a lui attribuite sono reali, "almeno in gran parte" (cit.).

Vale davvero la pena soffermarsi sull'intero ragionamento. Intervistato da Paolo Mieli, (v. intervista), Barbero ha spiegato che le testimonianze su Gesù sono assai più numerose rispetto a quelle che attestano l'esistenza della maggior parte dei personaggi noti dell'antichità greco-romana. Secondo il professore, questo dato non si può ignorare.

Per esempio, sulla morte di Cesare abbiamo solamente tre fonti, eppure le riteniamo sufficienti; su molti altri imperatori o politici romani abbiamo pochissimi frammenti. Quanto a Gesù, invece, "Non c'è nessun altro suddito dell'Impero Romano su cui noi abbiamo così tante informazioni (…). Se di un suddito che viveva in una provincia lontana dell'impero abbiamo quattro o cinque testimonianze sulla sua vita e sulla sua morte, scritte entro qualche decennio da quando i fatti sono accaduti, ecco, sembra veramente difficile pensare che non sia veramente vissuta questa persona".

Barbero ha specificato che alcuni particolari della biografia di Gesù possono essere stati inventati, modificati o ampliati dai Suoi seguaci o ammiratori. "Ma che Gesù sia esistito e abbia fatto più o meno quello che ci viene raccontato, in gran parte, io credo che sia indiscutibile".

Nel programma a.C.d.C. il prof. Barbero ha spiegato in base a quali criteri uno storico possa ritenere credibile l'esistenza di un determinato personaggio; uno di essi è il criterio "economico".

Gesù "è un poveraccio qualunque, è un indigeno di una provincia periferica e turbolenta dell'Impero Romano, sottomessa con la violenza dai romani. Gente come lui ce n'erano milioni nell'Impero Romano, ma nessuno ci ha mai raccontato niente di nessuno di loro, e invece di Gesù tanti hanno raccontato la vita, non molto tempo dopo la sua morte".

Se aggiungiamo le prove indirette, in primis l'esistenza di un "grande movimento internazionale fondato da Gesù (…), che ovviamente non ha mai cessato di esistere fino ad oggi e che era già in piena fioritura pochi anni dopo la sua morte", e se consideriamo che questo movimento aveva dei leader, gli apostoli, che hanno scritto una gran quantità di prove documentali, come gli stessi Vangeli e le Epistole, è difficile pensare che Gesù sia stato un'invenzione di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Pietro, Paolo, Giacomo, Giuda o dei numerosi autori di vangeli apocrifi che si sono susseguiti nel tempo.

"Ma come si fa a pensare a una congiura internazionale per inventarsi che pochi anni fa è vissuto quest'uomo straordinario, e tutti noi ce lo ricordiamo ancora, e ha fondato questo movimento che adesso sta avendo un grande successo? Come si fa a immaginare che ci sia stata una congiura per inventarselo? L'ipotesi più economica è che anche Gesù sia esistito".

Barbero, quindi, ammette che la mole dei documenti su Gesù è così estesa da confermare che la Sua esistenza terrena sia stata non un semplice fatto, ma un fatto straordinario.

  • Alle stesse conclusioni arriva lo studioso agnostico B.D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento presso l'Università del North Carolina. Egli afferma che le fonti evangeliche «sono bastate a convincere quasi tutti gli studiosi che si sono anche solo interessati al tema. Non parliamo infatti di un unico vangelo che, verso la fine del I secolo, riportò gesta e parole di Gesù, ma di un certo numero di vangeli», e di scritti cristiani, «del tutto indipendenti l'uno dall'altro. Attestano l'esistenza di Gesù e convalidano lo stesso insieme di dati (…). Ancora più degno di nota è il fatto che quelle testimonianze indipendenti attingono a un numero relativamente ampio di scritti antecedenti, vangeli che non ci sono pervenuti ma sono quasi certamente esistiti. È stato dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che alcuni di essi risalgono come minimo agli anni Cinquanta dell'era volgare e sono, a loro volta, indipendenti uno dall'altro (…). Cosa ancora più importante, ciascuno di quei numerosi testi evangelici si fondava su tradizioni orali, alcune di esse hanno senz'altro avuto origine nelle comunità palestinesi di lingua aramaica, probabilmente agli anni Trenta, non molto dopo la data tradizionale della morte di Gesù (…). Indipendentemente dal fatto che siano ritenuti o meno scritture ispirate, i vangeli possono essere considerati e utilizzati come fonti storiche importanti», Did Jesus Exist? (pag. 75, 93-95).
B.D.Ehrman
B.D.Ehrman

b. Le fonti non cristiane dei primi secoli d.C.

Ammettiamo, però, che le fonti bibliche o filocristiane siano un'invenzione messa in piedi da un gruppo di visionari fanatici, e che i Vangeli, le Epistole, o gli scritti posteriori degli apologeti e dei Padri della Chiesa siano una truffa. Ci sono altre fonti che possono venirci in soccorso per comprovare l'unicità della vita di Gesù?

La risposta è sì, e si tratta degli scritti non cristiani, ovvero le fonti extrabibliche. È interessante rilevare la curiosità dei loro autori di fronte alla crescita del movimento cristiano, partito da un'oscura e remota regione dell'Impero e diventato un fenomeno incontrollabile. Non solo: trapela un certo stupore per l'atteggiamento inusuale dei cristiani di fronte al martirio. Quale uomo straordinario doveva essere questo Gesù, per il quale un popolo immenso era disposto a morire nei modi più atroci?

Osserviamo i brani dei seguenti scrittori contemporanei agli apostoli.

  • Tacito. Considerato uno dei più grandi storici dell'antichità, egli afferma che Nerone accusò i cristiani dell'incendio di Roma del 64 d.C. per allontanare i sospetti da sé:

"Addossò la colpa e inflisse le più squisite torture su coloro che erano odiati per i loro abomini, chiamati cristiani dal popolo. Cristo, da cui traeva origine il loro nome, subì la pena capitale durante il regno di Tiberio per mano di uno dei nostri procuratori, Ponzio Pilato, e una superstizione momentaneamente sopita si diffuse di nuovo non solo in Giudea, prima fonte del male, ma perfino a Roma, dove confluisce e diventa popolare tutto ciò che c'è di orrendo e vergognoso nel mondo

Perciò, all'inizio vennero arrestati coloro che si dichiaravano colpevoli, poi, dietro loro denuncia, un'immensa moltitudine fu condannata, non tanto per il crimine di aver dato fuoco alla città, quanto per odio nei confronti del genere umano".

Tacito prosegue con le torture inflitte ai cristiani:

"Alla morte si aggiungevano beffe di ogni tipo. Coperti di pelli animali, morivano dilaniati dai cani, o venivano inchiodati a delle croci o destinati ad essere arsi vivi a mo' di torce, per servire da illuminazione notturna al calar della notte. Nerone offrì i suoi giardini per lo spettacolo, e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d'auriga o in piedi sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei che meritavano pene estreme ed esemplari, sorse un senso di compassione, perché venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo", Annales, XV.

Quest'ultimo pezzo presenta una interessante contraddizione: da un lato, Tacito afferma che la fede cristiana è una superstizione perniciosa ed esecrabile; dall'altro, ammette che la punizione orribile dei cristiani suscita compassione, in quanto ingiusta, e perpetrata solo per non ad assolvere Nerone dall'accusa di incendio doloso. In altre parole, i cristiani sono usati come capro espiatorio, ma sono innocenti.

Tra le righe, insomma, emerge che non si riescono a trovare altre colpe nei cristiani se non la loro devozione incondizionata e la loro crescita smisurata nonostante la persecuzione.

Inoltre, Tacito ed altri autori pagani, come Svetonio 1, Plinio, ecc, ci presentano un quadro praticamente identico a quello degli Atti e delle Epistole, attestando la continuità del fenomeno cristiano nel tempo, e fungendo da collegamento tra l'epoca di Gesù e quella tardo-antica. In altre parole, gli autori pagani ci fanno intravedere gli inizi, o comunque che c'è stato un inizio, comprovando la veridicità dei racconti del Nuovo Testamento.

  • Plinio il Giovane. Governatore in Bitinia agli inizi del II secolo sotto Traiano, egli si ritrova con la patata bollente delle denunce anonime contro i Cristiani, e ritiene opportuno chiedere istruzioni all'imperatore circa il da farsi. Una delle sue Epistole rivela un interessante spaccato della fede e della vita dei Cristiani, visti da un occhio esterno e curioso.

Secondo il governatore Plinio, i membri di questa comunità sono esemplari per il coraggio («caparbietà e inflessibile ostinazione») di affrontare persino la morte pur di non tradire la loro fede; essi avevano «l'abitudine di riunirsi in un giorno stabilito prima dell'alba e di cantare fra loro alternatamente un inno a Cristo, come a un dio, e di impegnarsi con giuramento, non a qualche delitto, ma a non commettere furti, ruberie, adultèri, a non mancare alla promessa, e a non negare, se chiamati, il deposito. Compiuti questi riti, avevano l'abitudine di riunirsi di nuovo per prendere del cibo comune e innocente», Ep. X, 96.

Ancora una volta, quindi, un autore ostile ai Cristiani non può fare altro che attestarne l'innocenza e lo sforzo di mantenere una condotta etica e irreprensibile.

  • Giuseppe Flavio. Famoso storico ebreo, nelle Antichità giudaiche ha fatto diversi riferimenti al Cristianesimo; per esempio ha citato Giacomo, "fratello di Gesù, il cosiddetto Cristo". Ma quello che desta scalpore ancora oggi è il cosiddetto Testimonium flavianum (XVII, 63-64), un passo controverso che dice: "Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie (…). Questi era il Cristo. (…) Egli, infatti, apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d'altre meraviglie riguardo a lui". Un'altra versione recita: "A quell'epoca viveva un saggio di nome Gesù. La sua condotta era buona, ed era stimato per la sua virtù. Numerosi furono quelli che, tra i Giudei e le altre nazioni, divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere crocifisso ed a morire. Ma coloro che erano suoi discepoli non smisero di seguire il suo insegnamento. Essi raccontarono che era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che era vivo. Forse era il Messia di cui i profeti hanno raccontato tante meraviglie".

Osservatore d'eccezione (giudeo naturalizzato romano), Giuseppe Flavio si interroga se quest'uomo straordinario non sia davvero il Messia predetto dai profeti. Come è facile immaginare, diversi storici "scettici" hanno ipotizzato una interpolazione successiva del testo, pur di togliere valore a questa preziosa confessione. Ma noi ci chiediamo: perché non dovremmo accettare come autentico questo pezzo? Esiste un motivo reale per dubitarne, visto che le altre notizie fornite dallo storico concordano con quelle di Tacito e di altre fonti?

  • Luciano di Samosata. Scrittore satirico greco del II secolo, per denigrare i cristiani, che erano stati circuiti da un predicatore da strapazzo di nome Peregrino, scrive di loro: "Infatti, questi sventurati si sono convinti che saranno immortali e vivranno per l'eternità e in base a ciò disprezzano la morte e la maggior parte (di loro) si consegnano consenzienti (alla morte). Inoltre, il loro primo legislatore (Cristo) li ha convinti che sono tutti fratelli l'uno con l'altro, una volta che, dopo aver trasgredito, rifiuteranno gli dèi greci, mentre invece (essi) si prostrano davanti a quello stesso sofista che fu crocifisso e vivono conformemente alle sue norme (…)", De morte Peregrini, 13.

Senza volerlo, Luciano attesta la buona condotta dei cristiani e il loro sforzo di vivere imitando Gesù, che non viene mai nominato, se non attraverso epiteti poco edificanti. E qui viene il bello: Luciano, infatti, che riporta un fatto realmente accaduto (di Peregrino parlano almeno altre tre fonti), fa riferimento all'uomo che fu crocifisso come se tutti lo conoscessero, a tal punto che non c'è nemmeno bisogno di nominarlo. In più, le sue informazioni sui cristiani coincidono con quelle presenti nelle altre fonti non cristiane. Cos'altro aggiungere?

c. La testimonianza dei testi sacri di religioni non cristiane

Il bello è che persino i testi di religioni non cristiane si sentono in dovere di accennare alla vita miracolosa di Cristo.

  • Il Talmud babilonese. Testo religioso della tradizione ebraica, redatto tra il III e il V secolo, ostile alla figura di Cristo, millanta che Egli fu giustamente crocifisso alla vigilia della Pasqua perché incoraggiava i Giudei all'apostasia, praticando le arti magiche. È un modo goffo di spiegare – ed ammettere- le Sue opere miracolose (Sanhedrin B, 43b).
  • Il Corano. Testo sacro dell'Islam, redatto durante il VI secolo, ricorda la nascita prodigiosa di Gesù, i suoi insegnamenti, i miracoli che compì per concessione di Dio, e il fatto che Egli ritornerà alla fine dei tempi per giudicare il mondo, pur non ammettendo la Sua crocifissione e divinità (Sura 19,34; 61,6; 9,30; 4,156-158)

È pazzesco che la figura di Cristo, per quanto sminuita al rango di profeta, riesca a oscurare persino quella di Maometto o di Allah!!!

Insomma, sembra proprio che nulla o nessuno possa negare che Dio è venuto tra noi, e lo ha fatto mandando il Suo amato Figlio a stupire tutto il creato con le Sue imprese straordinarie, a tal punto che milioni di persone continuano, da secoli, ad accettarlo come proprio Signore, a costo della vita stessa.

"Sta infatti scritto: «Come io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua darà gloria a Dio»", Romani 14:11.

Dio ci benedica!

L'autore riassume quanto già narrato diffusamente da Tacito, con il quale condivide anche le consuete accuse di superstitio nova ac malefica: "Sottopose a supplizi i Cristiani, una razza di uomini di una superstizione nuova e malefica" (Vita Neronis XVI, 2).


PALESTINA: TERRA DI CHI? 

LA VERITA' SECONDO LA BIBBIA

Ci piacerebbe dare una risposta secca, ma la Bibbia ci impone una riflessione molto attenta. E non possiamo sorvolare, perché solo una conoscenza solida delle Scritture può aiutarci ad assumere un punto di vista sano ed equilibrato su Israele.

Nell'editoriale Terra compromessa, che vi consigliamo di leggere, abbiamo ribadito che l'unica terra che valga la pena conquistare, per Ebrei e Palestinesi, è il Regno di Cristo, il principe della pace. Non possiamo nascondere, tuttavia, il nostro imbarazzo nel vedere, sui social, la pubblicazione di cartine geografiche tese a dimostrare che "gli Ebrei erano lì da prima degli Arabi".

Come stanno, realmente, le cose, secondo la Parola di Dio?

In particolare, vogliamo sapere:

  • Qual è la terra che Dio ha promesso a Israele?
  • C'era qualcuno su quella terra, prima che fosse conquistata da Israele?
  • È venuto qualcun altro, su quella terra, dopo la fine dei regni israeliti? Gli "usurpatori" sono gli Arabi?
  • A chi spetta, realmente, quella terra?

Innanzitutto, si tende a ignorare che esiste una differenza fondamentale tra:

a. la terra che Dio ha promesso a tutta la discendenza di Abramo, e cioè

  • a Ismaele, figlio di Agar
  • a Isacco, figlio di Sara
  • ai figli di Chetura

b. la terra che Dio ha promesso ai soli discendenti di Isacco (Israele)

Diamo un'occhiata alla cartina sottostante. Come leggiamo in Genesi 10, dopo il diluvio universale la terra fu popolata dai discendenti di Sem (penisola arabica, sud Mesopotamia), Cam (Africa e Mesopotamia centrale, fino al Golfo Persico) e Iafet (isole delle nazioni, Europa/Asia). I Camiti, però, furono maledetti da Noè a causa dell'oltraggio fatto a costui dal figlio Cam: essi sarebbero stati schiavi di Sem (Ge 9:24). Ricordiamocelo.

Curiosamente, la porzione dei Semiti sembra essere la più piccola delle tre, e, della terra promessa all'intera discendenza di Abramo, Israele rappresenta non più dello 0,05%; questo schema, per quanto approssimativo, ci aiuterà a capire meglio le proporzioni effettive tra tutte e tre le parti. 

Qual è, a questo punto, la terra che Dio ha destinato a Israele?

Prendiamo i riferimenti biblici. Fin dalla sua amicizia con Abramo, proveniente da Ur dei Caldei (Ge 11:28), Dio gli rinnova, ripetutamente, la promessa di una discendenza numerosissima e di una terra su cui abitare in modo stabile e perpetuo.

Inizialmente, Dio fa riferimento alla terra di Canaan; quando Abramo vi giunge, però, non trova una terra vergine, ma un paese abitato da qualcuno: i Cananei. "(…) Arrivarono al paese di Canaan e Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei. Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questo paese», Ge 12:4-7; anche 17:8.

Ancora, in Genesi 13:12-17, Dio invita Abramo ad abbracciare con lo sguardo e a percorrere a piedi Canaan, la terra promessa. Tutto questo, però, sembra cozzare con l'altra promessa, quella di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la polvere della terra (Ge 13:15; 15:5), promessa rivolta anche ad Agar, concubina di Abramo (Ge 16:10). Altrove, addirittura Dio promette "nazioni" ad Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe (Ge 17:4-6; 17:16; 18:18; 22:18; 25:23; 26:4; 27:29; 35:11; 48:19), ma anche ad Agar (Ge 21:13). Numeri così grandi sono incompatibili con una terra dai confini limitati, come vedremo.

In seguito, dopo il sacrificio degli animali, Dio ripete le sue promesse ad Abramo: "In quel giorno il SIGNORE fece un patto con Abramo, dicendo: «Io do alla tua discendenza questo paese, dal fiume d'Egitto al gran fiume, il fiume Eufrate; i Chenei, i Chenizei, i Cadmonei, gli Ittiti, i Ferezei, i Refaim, gli Amorei, i Cananei, i Ghirgasei e i Gebusei»", Ge 15:18-21. Stavolta, però, come si vede, appare lampante che la terra promessa alla discendenza di Abramo sia di estensione notevolmente maggiore: dal fiume Nilo al fiume Eufrate. Non più solo Canaan.

Che il popolo di Dio sapesse benissimo che la terra da conquistare fosse la sola Canaan, è chiaro in Numeri 34:1-12, dove sono definiti i confini di questa terra: "Il Signore disse a Mosè: «Da' questo ordine agli Israeliti e riferisci loro: Quando entrerete nel paese di Canaan, questa sarà la terra che vi toccherà in eredità: il paese di Canaan. Il vostro confine meridionale comincerà al deserto di Sin, vicino a Edom; così la vostra frontiera meridionale partirà dall'estremità del Mar Morto, a oriente; questa frontiera volgerà al sud della salita di Akrabbim, passerà per Sin e si estenderà a mezzogiorno di Kades-Barnea; poi continuerà verso Cazar-Addar e passerà per Asmon. Da Asmon la frontiera girerà fino al torrente d'Egitto e finirà al mare. La vostra frontiera a occidente sarà il Mar Mediterraneo: quella sarà la vostra frontiera occidentale. Questa sarà la vostra frontiera settentrionale: partendo dal Mar Mediterraneo, traccerete una linea fino al monte Or; dal monte Or, la traccerete in direzione di Amat e l'estremità della frontiera sarà a Zedad; la frontiera continuerà fino a Zifron e finirà a Cazar-Enan: questa sarà la vostra frontiera settentrionale. Traccerete la vostra frontiera orientale da Cazar-Enan a Sefam; la frontiera scenderà da Sefam verso Ribla, a oriente di Ain; poi la frontiera scenderà e si estenderà lungo il mare di Genèsaret, a oriente; poi la frontiera scenderà lungo il Giordano e finirà al Mar Morto. Questo sarà il vostro paese con le sue frontiere tutt'intorno»".

Israele doveva occupare solo Canaan. Perché? Perché il resto del territorio sarebbe stato occupato dai discendenti di Ismaele, avuto con Agar, e dai figli avuti da Chetura, divisi secondo le varie tribù, cioè da "tutta" la discendenza di Abramo.

In Genesi 25, è scritto che gli Ismaeliti abitarono da Avila a Sur, la striscia di terra che è compresa tra il Nilo e il Mar Rosso, addirittura andando verso l'Assiria, cioè la Mesopotamia. Essi abitarono "di fronte ai propri fratelli" (v.18), proprio perché, presumibilmente, tutti gli altri discendenti di Abramo si trovavano nella penisola arabica, al di là del Mar Rosso.

Quanto ai figli di Abramo e Chetura, solo Madian e poche altre tribù sono state identificate con certezza, ma la loro localizzazione è, chiaramente, tra la penisola arabica e il sud-est del Nilo. Gesù nominò la regina del Sud che venne dalle estremità della Terra per ascoltare la sapienza di Salomone (Mt 12:42; 1Re 10:1-13): potrebbe essere un riferimento al leggendario regno di Seba, nell'attuale Etiopia.

La terra toccata a Israele, Canaan, che coincide con l'odierna Palestina, è veramente piccola per immaginare che possa contenere miriadi di persone. La sua conquista, tra l'altro, dovette essere compiuta militarmente da Israele, mentre non fu così per gli altri discendenti di Abramo: tutto questo ha un significato spirituale, perché Dio usò Israele per compiere il giudizio sui Camiti che abitavano lì, affinché si adempisse la maledizione di Genesi 9:24; tuttavia, la vittoria era garantita solo quando il popolo eletto camminava in santità.

Nell'editoriale Terra compromessa, abbiamo chiarito che le promesse di moltiplicazione si spiegano con il fatto che la vera Israele è la progenie di Abramo per fede, e non per etnia; dunque, come scritto in Romani 4:13, Abramo "è erede del mondo", e non di un minuscolo pezzo di terra, e la terra promessa dei redenti è la vita abbondante in Cristo e nel Regno, a patto di seguirlo pienamente.

Purtroppo, la scarsa conoscenza dell'Epistola ai Romani e del Pentateuco ha fatto sì che fosse tacitamente approvato, anche dai cristiani, l'espansionismo aggressivo di Israele. Anche l'attuale configurazione dello Stato di Israele, costituito nel 1948, è un'interpretazione "generosa" rispetto ai confini tracciati in Numeri 34: come si vede, i confini meridionali sono stati "allungati" fino al Mar Rosso per avere uno sbocco sul mare, cosa che non era prevista dalle Scritture (il confine meridionale segue la linea Mar Morto- deserto di Sin- Kadesh Barnea- Mar Mediterraneo). Dalla cartina di seguito, è possibile anche vedere come Israele si sia espanso progressivamente negli anni, senza rispettare neppure i confini politici concordati nel 1947, a totale rovina dei Palestinesi, sempre più marginalizzati.

Ora attenzione. Nel primo capitolo di Deuteronomio e di Giosuè, sembrerebbe esserci una contraddizione: Mosè e Giosuè, infatti, vengono invitati da Dio a prendere possesso della terra dal deserto fino al Libano e al fiume Eufrate. Posto che a Mosè fu impedito di entrare nella terra promessa per disobbedienza, sembra che Dio abbia esteso i confini di Giosuè più a nord e più a sud. Tuttavia, per tutta la sua vita, Giosuè si concentrò solo sulla conquista di Canaan; lo stesso re Davide, in seguito, avrebbe costituito il regno in base ai confini tracciati in Numeri 34, interessandosi non di espandersi nella regione, ma piuttosto di recuperare le due tribù e mezza rimaste a est del Giordano (Ruben, Gad e la mezza tribù di Manasse). Questo dettaglio conferma che Davide non perseguì l'obiettivo di un "grande Israele", ideologia che è invece molto presente nel Sionismo moderno.

E dopo la fine dei regni di Israele e Giuda? Chi ha invaso la "terra promessa"? Gli Arabi?

A dispetto di tante ricostruzioni che si vedono impazzare sui social, dobbiamo ricordare che, prima degli Arabi, si susseguirono, in ordine, le seguenti invasioni:

  • 722 a.C.: Assiri
  • 586 a.C.: Babilonesi
  • 538 a.C.: Persiani
  • 333 a.c.: Macedoni
  • 323 a.C.: Seleucidi
  • 140 a.c.: Asmonei
  • 47 a.c.: Romani
  • 395: Bizantini
  • 611: Persiani
  • 636: Arabi

Quando arrivarono gli Arabi, insomma, il substrato demografico di Israele era già ampiamente "contaminato" dalla presenza di altre etnie, che avevano introdotto in Palestina i loro usi e costumi. Non esiste nazione al mondo che non abbia ricevuto influssi di altri popoli, lingue e culture!

Gli Ebrei ortodossi, al contrario dei Sionisti, accettano la condizione di "esilio" come fatto inesorabile, prescritto da Dio e predetto dai profeti, e non hanno pretese sulla terra. Inoltre, affermano che, prima che il Sionismo fosse operante, convivevano in Palestina diverse etnie, in modo collaborativo e pacifico; tuttavia, in seguito al ritorno in massa degli Ebrei, provocato dalla propaganda sionista, la situazione è degenerata, perché Israele è divenuto un soggetto occupante, e il peggio è che lo ha fatto manipolando il messaggio della Torah. Ma i cristiani dovrebbero ragionare con il discernimento della Parola!

Ricapitolando, possiamo schematizzare così le nostre conclusioni:

1. Prima della conquista da parte di Israele, nella terra di Canaan c'erano i Cananei, discendenti di Cam.

2. La terra promessa a Israele è una piccola parte della terra promessa a tutta la discendenza di Abramo.

3. La discendenza promessa sia ad Isacco che a Ismaele è troppo numerosa per essere contenuta in una terra limitata da confini, e infatti si è sparsa in tutto il mondo.

4. La conquista di Canaan aveva un senso spirituale, tuttora valido, ma non è un'autorizzazione perpetua a occupare ed uccidere.

5. I confini tracciati da Dio per Israele non includevano anche la striscia che porta al Mar Rosso, e quindi non coincidono con gli attuali confini dello Stato d'Israele.

6. Gli Arabi non si possono definire usurpatori, in quanto sono stati preceduti da altri popoli.

7. Non è interesse di Dio che gli Ebrei ottengano un pezzo piccolissimo di terra a prezzo di tanto sangue, ma piuttosto che si convertano ed ereditino la salvezza insieme ai loro fratelli Palestinesi.

Dio ci benedica!


Ziqqurat di Ur, la città di Abramo

IL MISTERO DEL POPOLAMENTO DELLA TERRA.

QUAL E' LA VERITA'?

Africa o Mesopotamia? Qual è la verità?

Prima di inoltrarci in questa nuova rubrica, vogliamo specificare che non intendiamo sostituirci agli esperti della materia, né impelagarci in lunghi dibattiti tesi a comprovare la veridicità delle Scritture: noi crediamo fermamente che esse SONO verità. Ci interessa, semplicemente, evidenziare che la fonte biblica è innanzitutto una fonte storica completa e attendibile, e vogliamo far conoscere le ricchezze che si celano al suo interno.

Purtroppo, per ragioni facili da intuire, la Bibbia è, generalmente, denigrata in tal senso dalla maggior parte degli storici, e ridotta, al più, a insieme di miti da cui trarre informazioni utili, ma non di cruciale importanza.

Oggi vogliamo parlare di un grande classico del dibattito sulle origini, e cioè la questione del popolamento terrestre. Senza indugiare sulle speculazioni intorno alla presunta provenienza dell'uomo dalla scimmia, su cui la letteratura cristiana è ricca di argomenti confutatori, indagheremo sull'"assioma" che ne è derivato, e cioè che i famosi "ominidi" sarebbero comparsi in Africa.

Ma cosa dice la Bibbia? Ripercorriamo le tappe principali del popolamento della terra secondo la versione del Genesi:

a. CREAZIONE DELL'UOMO E COLLOCAZIONE IN EDEN, TRA IL TIGRI E L'EUFRATE (CENTRO MESOPOTAMIA)

Poi l'Eterno DIO piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato (…). Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino e di là si divideva per divenire quattro corsi d'acqua. Il nome del primo è Pishon (…) Il nome del secondo fiume è Ghihon, ed è quello che circonda tutto il paese di Cush. Il nome del terzo fiume che è il Tigri, ed è quello che scorre a est dell'Assiria. E il quarto fiume è l'Eufrate. L'Eterno DIO prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden perché lo lavorasse e lo custodisse (Gn 2:8-8)

Perciò l'Eterno DIO mandò via l'uomo dal giardino di Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto (…) (Gn 3:23-24).

Allora Caino si allontanò dalla presenza dell'Eterno e dimorò nel paese di Nod, ad est di Eden (Gn 4:16)

B. DILUVIO UNIVERSALE E RIPOPOLAMENTO DELLA TERRA A PARTIRE DALL'ARARAT (NORD MESOPOTAMIA)

Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell'arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono (…). Nel settimo mese, il diciassette del mese, l'arca si posò sui monti dell'Ararat (Gn 8:1-4)

I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra (Gn 9:18).

I figli di Jafet (…) Da essi vennero i popoli sparsi nelle isole delle nazioni, nei loro diversi paesi, ciascuno secondo la propria lingua, secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni.

I figli di Cam furono: Kush, Mitsraim, Put e Canaan (…) Kush generò Nimrod, che cominciò a essere un uomo potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti all'Eterno (…) E l'inizio del suo regno fu Babel, Erek, Akkad e Kalmeh nel paese di Scinar. Da quel paese andò in Assiria e costruì Ninive (…). E i confini dei Cananei andarono da Sidon, in direzione di Gherar, fino a Gaza (…).

Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber e fratello di Jafet, il maggiore, nacquero dei figli. 22 I figli di Sem furono: Elam, Assur, Arpakshad, Lud e Aram (…). I figli di Joktan (…) la loro dimora fu la montagna orientale, da Mesha, fin verso Sefar (…). Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro generazioni, nelle loro nazioni; e da essi uscirono le nazioni che si sparsero per la terra dopo il diluvio (Gn 10:1-31).

Quali dati, dunque, emergono dalla Bibbia? Proviamo a delineare il quadro della situazione:

1. Dio colloca l'essere umano nella rigogliosa terra di Eden, tra quattro corsi d'acqua principali, i più celebri dei quali sono il Tigri e l'Eufrate: dunque, al centro della Mesopotamia.

2. Dopo la cacciata da Eden, è certo che Caino, figlio di Adamo ed Eva, se ne va a est di Eden, nel paese di Nod.

3. In seguito al diluvio universale, la terra viene distrutta; l'arca con i sopravvissuti, e cioè Noè con i propri figli, Sem, Cam e Iafet, si ferma sul monte Ararat, dal quale riparte il popolamento terrestre: ancora una volta, dunque, dalla Mesopotamia, precisamente dal nord. Per qualche motivo, Dio intende ricominciare ancora da qui.

4. Iafet va verso nord-est, e popola le isole delle nazioni (Gog e Magog sono stati identificati con terre asiatiche o nordiche).

5. Cam va verso sud-ovest, e popola una serie di paesi (Kush, Put) identificabili con il Nordafrica, e la famosa striscia che va da Sidon a Gaza, abitata dai Cananei. Uno dei suoi discendenti, Nimrod, diventa un potente re che inizio alla civiltà babilonese e accadica; viene costruita Ninive, in Assiria.

6. Sem va verso sud-est; da lui discendono gli Elamiti, e altre civiltà collocabili a sud del Tigri, tra cui Assur, prima capitale dell'Assiria. Altri luoghi, come "la montagna orientale", non sono ben identificabili.

La credibilità storico-archeologico della fonte biblica

Se leggiamo un qualsiasi manuale scolastico di storia, apprendiamo che l'urbanizzazione del mondo antico è iniziata proprio dalla Mesopotamia, lungo il corso dei grandi fiumi Tigri ed Eufrate. Le prime civiltà descritte sono quelle citate dal Genesi (Babel, Accad, Elam…) e la città sumerica di Ur dei Caldei è quella da cui usciranno Abramo e Lot (Gn 11). Anche il fatto che, storicamente, è stato acclarato che i rapporti tra le diverse civiltà in fase iniziale non fossero ostili, ci fa pensare a un'origine comune delle diverse stirpi, in accordo alla versione biblica: abbiamo visto, infatti, in Gn 10:11, che in Assiria esiste una città di Camiti (Ninive) e una di Semiti (Assur). Il bello è che non esiste alcun altro repertorio di miti e leggende dell'antichità che sia in grado di fornire tanti dettagli preziosi e credibili sulle civiltà antiche al pari delle Scritture; eppure, si tende più spesso a ricercare tracce storiche nei miti greci o nordici che nella fonte biblica!

La debolezza della teoria degli inizi in Africa

La prima domanda da fare è: perché? Perché gli evoluzionisti vogliono immaginare le origini della vita in Africa (precisamente, lungo la Rift Valley), piuttosto che in Mesopotamia?

Semplice: perché essi sostengono che l'uomo proviene dalla scimmia, e sarebbe abbastanza inverosimile collocare un primate al di fuori dell'ambiente della savana. E in Mesopotamia, ovviamente, la savana non c'è!

Curiosamente, però, gli evoluzionisti procedono "a rovescio": anziché raccogliere elementi da analizzare per formulare un'ipotesi, qualunque essa sia, essi sembrano piuttosto preoccupati di cercare prove a supporto del dogma dell'uomo-scimmia.

Secondo diversi paleontologi, infatti, lungo la Rift Valley, e cioè la fossa tettonica più estesa al mondo (6000 km, dalla Siria al Mozambico), sarebbero stati rinvenuti resti di "ominidi" che sarebbero l'"anello di collegamento" tra la scimmia e l'uomo: in altre parole, esseri "a metà" o "in transizione" tra i due stadi. Eppure, persino diversi evoluzionisti hanno messo in dubbio che possa trattarsi di ibridazioni tra l'essere umano e la scimmia, e hanno riconosciuto che, in molti casi, il tutto si sia risolto in clamorose "bufale"(alcune tra le più curiose sono citate nel libro "Creazionismo scientifico" di D. Trovarelli).

Dobbiamo, poi, specificare che non tutto il mondo della scienza si riconosce nella corrente evoluzionista. Diversi e famosi intellettuali creazionisti hanno fatto notare che, ad oggi, non è mai stato provato che una mutazione genetica casuale, anche minimale, possa apportare un contributo migliorativo alla specie o, addirittura, dar luogo a una nuova specie. Il fatto è che, in genere, si porta avanti un'unica linea di pensiero, quella evoluzionista, appunto, senza quasi possibilità di contraddittorio.

Ma ammettiamo, per assurdo, che gli evoluzionisti abbiano ragione. Rimane una domanda a cui nessuno è in grado di rispondere.

La prova schiacciante dell'urbanizzazione in Mesopotamia

Se le origini della vita sono nella savana africana, perché non c'è traccia di urbanizzazione lungo la Rift Valley? Eppure, questa fossa tettonica raccoglie moltissima acqua dall'Oceano Indiano e si dirama in fiumi e corsi d'acqua di enorme portata; dunque, non mancano elementi utili all'insediamento.

Per colmare questo enorme gap, e per giustificare le massicce tracce di urbanizzazione in Mesopotamia (conformemente al racconto biblico), i sostenitori dell'uomo-scimmia hanno ipotizzato una migrazione epocale dall'Africa alla Mesopotamia e al nord-est, denominata "Out of Africa", dovuta a un evento catastrofico di tipo climatico, ma non verificabile. Ancora una volta, una semplice ipotesi, non supportata da alcuna prova, diventa dogma incontestabile, senza possibilità di riscontro.

Non è la prima volta che si mettono in campo migrazioni e catastrofi climatiche per giustificare ciò che non si conosce; noi contestiamo il metodo, che spesso è unilaterale e non scientifico, e, pur non riuscendo a spiegare i fatti, pretende di darne una versione univoca, fortemente condizionata dall'ideologia di fondo.

Secondo la versione biblica, invece, è accaduto un movimento migratorio in senso opposto, e cioè dalla Mesopotamia all'Africa, per mezzo dei Camiti; e le tracce di quella migrazione sono ancora visibili: i loro discendenti. Sarebbe molto più improbabile pensare a una prima migrazione fuori dall'Africa dovuta a clima sfavorevole, seguita da una seconda migrazione in Africa senza alcun motivo logico (il clima non è migliorato)!

Ulteriori prove nei miti sumerici e accadici

Dulcis in fundo, il mito. Sì, perché persino la mitologia antica ha da dire qualcosa che comprova le Scritture. Nell'epopea sumerica di Gilgamesh, il protagonista è il re di Uruk; si parla di un serpente seduttore, di un'antica condizione di immortalità che viene agognata e addirittura di un diluvio che distrugge la Terra. Un caso? O quelle popolazioni hanno trasferito nella sovrastruttura mitica i ricordi dei loro antenati?

Conclusione

La verità parla sempre forte e chiaro, e la Bibbia ne è lo specchio. Essa non solo è verità rivelata per chi crede, ma anche verità storica: in questo caso, non è necessario essere credenti per ammettere che le Scritture sono fededegne. Ci auguriamo che possa essere presto avviata una controtendenza, secondo cui le Scritture assurgano finalmente al rango che spetta loro.

Dio ci benedica!


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